Sarà la sua quarta finale Slam consecutiva, la prima a Wimbledon. Berrettini nel 2021, Jasmine l’anno scorso e domenica lui: Sinner a 23 anni entra come una Supernova nel cielo stellato dello sport tricolore. Djokovic ha provato a contrastarlo, ancorato allo straordinario talento e all’orgoglio smisurato che lo sostiene. Ma il tempo passa anche per il più vincente della storia. La realtà è che Nole è oggi un meraviglioso numero tre, dietro i due ragazzi irresistibili. Non può chiedere di più al Dio Chronos. L’atto finale a Church Road sarà dunque il faccia a faccia dei sogni tra Jannik e Carlitos, l’ennesima puntata di una sfida infinita che tutti gli appassionati aspettavano. Sinner ha trionfato 6-3, 6-3, 6-4 in un’ora e 55 minuti; Alcaraz ha speso due ore e 50 minuti faticando molto di più: ha rischiato di giocarsi il match con l’americano Taylor Fritz (bravissimo) al quinto set, ma ha chiuso 6-4, 5-7, 6-3, 7-6. Il presente è tutto loro, e sarà così il futuro.
Wonder Boy è stato impeccabile. Ha messo immediatamente in chiaro le cose, imponendo un ritmo insostenibile per il Djoker: pim pum pam, l’ha sballottato a destra e sinistra ottenendo il break del 2-1 che s’è portato dietro lungo tutto il set, bissandolo nel game finale. Elementare, Watson. Ma il modo in cui l’ha fatto stupisce eccome. Perché il serbo ha un palmares eccezionale che incute rispetto. Sette volte campione dei Championships, sei volte finalista nelle ultime sei edizioni, 24 Slam e 100 tornei Atp in bacheca. Dall’altra parte Sinner, con numeri fantastici ma non ancora all’altezza di una tale magnificenza: 19 titoli nel circuito maggiore e 3 Slam, tutti sul cemento. La differenza è che il fuoriclasse azzurro ha tutta la vita davanti, mentre Nole ha un grande avvenire dietro le spalle: dall’alto dei suoi 38 anni sta imbastendo gli ultimi scampoli di un abito glitter sempre più corto.
Aveva una sola possibilità, Novak. Abbassare la velocità, variare gli schemi con il rovescio in back e le sortite a rete, avvolgere l’avversario nella ragnatela vischiosa da fondo campo che è il suo marchio di fabbrica. Il piano tattico non è riuscito, non poteva riuscire perché Sinner ha imposto un ritmo superiore. E Djokovic, semplicemente, non è riuscito a stargli dietro. Erano di fronte due campionissimi che giocano allo specchio. Nole è il miglior ribattitore del circuito, Jannìk risponde alla stessa maniera. Nole conosce l’arte della guerra come e più di Von Clausewitz, Jannik è invincibile nei war games in sala giochi. Entrambi sono l’espressione massima del Dottor Sottile applicato al tennis: fisicamente longilinei e dotati di sottilissimo ingegno. In fondo è tutto straordinariamente chiaro. Questi due sembrano guardarsi allo specchio perché si somigliano nel gioco e nella volontà, ma Pel di Carota è la versione 2.0 dell’uomo caucciù.
Non è un caso se l’altoatesino s’è presentato in campo con un emblematico 5-4 a favore nei confronti diretti. Significativo soprattutto per il vantaggio psicologico di aver vinto le ultime quattro partite. Certo gli unici due match sull’erba se l’era presi con autorità proprio il serbo: nel 2022 e 2023, un’era geologica fa per il tennis supersonico di oggi. S’è visto il cambiamento nella mezz’ora abbondante della prima frazione: un 6-3 perentorio, lasciando a Djokovic le briciole. Due minuscoli punti perduti nei turni di servizio, il tempo sistematicamente rubato al rivale. L’aggressività costante di Sinner, il pressing in costruzione e le discese a rete hanno scavato il solco.
Identico copione nella seconda frazione. L’altoatesino è saltato alla gola dell’altro, è salito 2-0 e in un amen è volato via. Il serbo non s’è rassegnato. Ha provato a venire avanti, infilato dai passanti dell’azzurro: un dritto in particolare ha demolito la tana di una talpa, sotto il Centre Court. L’immortale di mille battaglie è rimasto a ruota, arrancando e sbuffando, sostenuto dal coro del pubblico: Nole-Nole. Ma non s’è mai acceso, l’aggancio è rimasto un’ipotesi irrealizzabile. Ha comunque fatto appello all’immenso coraggio, la strenua resistenza, la disperazione di chi non molla mai. Un game lunghissimo l’ha tenuto a galla, rinviando il finale scontato: 6-3 senza troppe discussioni. Principio della fine? Macché, il Diavolo ha sette vite: spalle al muro ha tirato fuori il meglio di sé.
Massaggiato alla coscia sinistra dal fisioterapista, Nole azzoppato è improvvisamente risorto. Ha messo il naso avanti 1-0, approfittando subito dopo di un imprevisto passaggio a vuoto dell’antagonista. Sinner ha fatto qualche errore nello scambio, ha perso per strada la prima di servizio, ha abbassato leggermente la velocità dei colpi. Il serbo s’è infilato nel pertugio con una striscia di sei punti consecutivi, scappando 3-0 e agguantando la palla del doppio break. Tutto poteva cambiare. Senonché la Volpe Rossa è rientrata dai cinque minuti di pausa ricucendo lo strappo. Non solo. Sul 3-3 ha piazzato il sorpasso, volando 5-3 con due match point a disposizione. Annullati da Djokovic nell’ultimo sussulto di un fuoriclasse infinito: l’anticamera della resa, mentre sul 6-4 scorrevano i titoli di coda.
E adesso c’è ancora domenica. I bookmaker dividono il pronostico a metà, i protagonisti concordano con la previsione. Jannik ha raccontato nel dopo match il suo percorso partito da lontano: “Guardavo il torneo di Wimbledon in tivù, non avrei immaginato da bambino che avrei raggiunto una finale qui all’Old England Club davanti a mio padre e a mio fratello. So però quanto lavoro ci mettiamo io e la mia squadra: cinque anni fa faticavo sull’erba, adesso la conosco meglio. Il lavoro continua, c’è ancora tanto da fare”. C’è da fare una finale, per esempio. Il ragazzo meraviglia sorride, allude al Roland Garros e piazza il colpo: “Non so come andrà stavolta”. Francamente non lo sa nessuno.