Cobolli va avanti, Sonego è arrivato a fine corsa. E’ in chiaroscuro il pomeriggio made in Italy di Wimbledon, aspettando Sinner. Flavio il romano prosegue il suo percorso fantastico buttando fuori dal torneo Marin Cilic: vola nei quarti dove trova nientemeno che il sette volte campione Nole Djokovic. Lorenzo il torinese deve invece arrendersi ancora all’americano Shelton, in quello che è diventato il loro personalissimo Slam: in questa stagione s’erano già incontrati agli Australian Open e al Roland Garros, per una bizzarria del sorteggio. Anche stavolta è stata una battaglia, che ha premiato il ragazzone di Atlanta senza deprimere il guerriero azzurro.
Lacrime di felicità del clan Cobolli stremato nel box. Piange il padre allenatore, piange il fratello, si commuove Edoardo Bove: l’amico del cuore dai tempi in cui militavano nelle giovanili della Roma calcio. Si abbracciano tutti e a ragione. “Ho sempre sognato di essere qui a giocare queste partite. E adesso mi godrò il Centre court”, dice al microfono il protagonista di giornata. Ci sono cento motivi per festeggiare: il ragazzino che faceva da scudiero a Berrettini è diventato grande, ha battuto il risorto Marin Cilic 6-4, 6-4, 6-7, 7-6 ed atterrato nei quarti di finale a Wimbledon. E’ stata una mezza maratona estenuante, durata tre e mezza, che s’è messa bene all’inizio ed è via via diventata un percorso pieno di botole. Merito di Flavio aver retto fisicamente e mentalmente, rintuzzando la rimonta dell’avversario fino a piazzare il colpo di reni sul traguardo.
Flash back per spiegare chi è Cilic, croato, 36 anni, un omone di quasi due metri. Trionfatore degli US Open nel 2014. Finalista a Londra nel 2017, battuto da una dolorosa vescica al piede più che da Federer. Finalista nel 2018 all’Australian Open e sconfitto ancora da King Roger, al quinto set. Vincitore della Coppa Davis. Il non addetto ai lavori si chiede: perché uno così, best ranking da 3 del mondo, è oggi il numero 84 in classifica? La risposta è facile. Due operazioni al ginocchio l’hanno piegato in due, non spezzato. Al secondo intervento, lo scorso anno, è seguita una lenta riabilitazione che l’ha addirittura scaraventato al numero 1095. Arrendersi? Mai. Ha ricominciato da capo, frequentando i circuiti minori per recuperare punti. La risalita è stata difficile, ha mangiato polvere contro gente che vale infinitamente meno di lui. Poi lo squillo sull’erba due settimane fa, ovvero il titolo al torneo di Nottingham dove ha centrato il bersaglio come avrebbe fatto Robin Hood. Quasi un miracolo, considerato che a inizio stagione camminava con le stampelle: evento non del tutto inatteso visto che è nato a Medugorje.
Quest’anno il croato aveva già incrociato la strada di Cobolli al Roland Garros, una sconfitta netta. “E’ migliorato tanto, è aggressivo e si muove benissimo. Non è più solo un terraiolo”, l’aveva battezzato alla vigilia. Ciò malgrado era convinto di farcela. Anche perché Cilic a Church Road ha annusato l’aria di casa, eliminando due brutti pesci come lo spagnolo Munar e soprattutto la grande speranza inglese Jack Draper, testa di serie numero quattro. Così non s’è demoralizzato malgrado i primi due set, smarriti senza dare l’impressione di poter neutralizzare lo strapotere fisico del rivale. E anziché calare come ci si sarebbe aspettato – quattordici gli anni di differenza – ha alzato i giri del motore. Se gioca da fermo, con i piedi piantati dentro il campo, Cilic tira martellate con il dritto e il rovescio: stargli a ruota diventa molto complicato. Cobolli ha cercato di contenerlo nella terza frazione, annullando tre set point prima di portare il match al tiebreak. Lì un doppio fallo letale ha rimesso l’esito della sfida in discussione.
Il quarto set è stato un’altalena di emozioni, vissuta a rimorchio dei turni alla battuta – alla fine entrambi in doppia cifra negli ace: 19 a 11 lo score in favore di Cilic. Il croato è stato il primo a strappare, salendo 4-3 con break di vantaggio. Flavio è stato bravissimo ad agguantarlo subito, impedendogli di scappar via. Inevitabilmente la partita s’è avviata verso un altro tiebreak, affrontato con coraggio dal romano: sul 3-3 ha sprintato, infilando una striscia di quattro punti. Gioco, partita, incontro.

Non ce l’ha fatta Sonego, sconfitto 3-6, 6-1, 7-6, 6-5 da Shelton malgrado l’inizio a tutto gas che gli ha fruttato la prima frazione. Ordinato, autorevole, attento, Lollo ha avuto però un inatteso calo di concentrazione in principio di secondo set. Quel deficit sull’1-1 è stato la prima porta girevole del match: da due palle break non trasformate, l’azzurro s’è trovato in un attimo sotto 3-1 complice un doppio fallo letale. Botte da fondo campo, servizio a velocità siderali, tagli e angoli: il ragazzone di Atlanta ha preso il largo salutando l’avversario dall’altro di un impietoso 6-1. Sonny non s’è lasciato andare. Neppure quando sul 3-3 del terzo set ha concesso un altro break: cambiato campo, se l’è subito ripreso con un flash di tennis e orgoglio. La sfida è filata veloce verso un giusto tiebreak, dominato dall’americano. Capace di tirar fuori dal mazzo tre jolly uno dopo l’altro: una miracolosa volée in estensione da esame balistico, un lob millimetrico, una risposta fulmine sulla linea.
Serviva un combattente per arroventare il quarto set e tenerlo vivo. Sonego lo è. Anziché arrendersi, è rimasto agganciato all’avversario tamponandone l’esplosività come poteva per poi proporsi in avanzamento. Equilibrio fino alla seconda porta girevole sul 2-2, quando Ben ha concesso una palla break che poteva riaprire i giochi. L’ha cancellata a modo suo, con una mezza volata da standing ovation sul passante in mezzo alle scarpe: un colpo morbidissimo, coefficiente di difficoltà inestimabile. Quel cazzotto avrebbe atterrato un toro, non un torinista. Lorenzo è rimasto attaccato alla sfida, cedendo solo all’ultimo metro 7-5 quando l’ennesimo tiebreak pareva inevitabile. Da applausi comunque, il cuore di Sonny batte sempre forte.