Un’ora e venti di grande tennis, un quarto d’ora in altalena, gli ultimi cinque minuti con il thrilling. E proprio in dirittura d’arrivo tre punti magistrali che da soli valevano il prezzo del biglietto. Facendo la media ponderale, sul centre court s’è visto un Sinner perlomeno sontuoso. Ha liquidato 6-1, 6-1, 6-3 Aleksandar Vukic mostrando chiari passi avanti sul verde di Wimbledon. Tutto il repertorio è stato all’altezza della situazione: servizio de luxe, risposta da manuale, rovescio lungolinea in uscita a fare la differenza. E nel mezzo mai una palla senza idea, che fosse nello scambio o in accelerazione: l’attenzione e la capacità di leggere il gioco di questo ragazzo è uno spettacolo nello spettacolo. Per non parlare delle scivolate in controllo, che gli consentono di recuperare immediatamente l’equilibrio per tirare fortissimo: quel bum bum che è il suo fantastico distintivo.
Voto in pagella quindi tra l’otto e il nove, ma solo perché l’australiano è un po’ il suo specchio in sedicesimo: ordinato, pulito, propositivo, costruttore di schemi. Ma con un motore nettamente inferiore, s’è capito subito che avrebbe potuto solo tirarla per le lunghe. E in fin dei conti c’è riuscito proprio nell’ultimo game, quando ha annullato cinque match point procurandosi perfino una palla break. Lì è venuto fuori il campionissimo: un passante incrociato da rompere il polso, oltraggio alle leggi della fisica, quindi due ace consecutivi, rispettivamente l’undicesimo e il dodicesimo di un match al limite della perfezione.
“Sono molto soddisfatto”, ha detto a caldo (e che caldo fa a Londra) Wonder Boy. Aggiungendo immediatamente: “L’ultimo game così incerto? Mi sono divertito perché l’ho vinto. Sono riuscito a tenere in campo quel passante forse con un po’ di fortuna, ma è stato bello. Le partite possono girare in qualsiasi momento: è importante aver chiuso in tre set”. Prossimo appuntamento sabato, lo aspetta lo spagnolo Pedro Martinez che ha fatto fuori l’argentino Navone: è un terraiolo di base, che però ben si adatta alle superfici veloci. “Penso di poter migliorare molte cose”, ha annunciato Jan urbi et orbi guardando lontano. Il messaggio subliminale è per il detentore del titolo: possibile che riguardando in tivù la partita del rivale numero uno, Carlitos non dorma tranquillo. Sarebbe già tanto.
A proposito. In prospettiva va sottolineato che la moria di teste di serie, finora esclusiva della parte bassa del tabellone (quella di Alcaraz), ha contagiato il quadrante dell’azzurro: l’uscita dell’inglese Draper per mano del redivivo Cilic e l’eliminazione di Tommy Paul battuto da Ofner spianano la strada a una semifinale tra Jannik e l’eterno Djokovic. Chi vivrà, vedrà.
Tornando alla sfida odierna, non c’è stata discussione. La Volpe Rossa ha dominato da fondo campo ed è stato sicurissimo nelle discese a rete, centrando un doppio break nel primo e nel secondo set malgrado la tenace resistenza di Vukic. L’australiano d’origine serba è portatore sano di una bella storia personale: i genitori sono fuggiti negli anni Novanta dagli orrori della guerra dei Balcani, riparando a Sydney dove hanno ricominciato da zero. Aleksandar, bravo nel tennis, ha lasciato il calcio quando un talent scout americano se l’è portato in Illinois: grazie a lui, premiato come atleta dell’anno negli Usa, la sua università ha vinto il campionato a squadre. E’ stata l’anticamera del professionismo, affrontato con discreti risultati: best ranking 48 (ma in questo momento è sceso a 93 nel ranking) e l’esordio in Coppa Davis. Non a caso nel suo box spiccava il capitano Lleyton Hewitt, pupillo di Darren Cahill diventato nel frattempo coach di Sinner. Incroci del destino.
La terza frazione è stata più movimentata. Vukic ha rifiutato la resa senza condizioni, cedendo il servizio una sola volta sul 3-4. Però ha rifiutato l’idea della sconfitta, restando aggrappato al match con i denti: ha cancellato cinque palle partita a Sinner, per cedere solo alla sesta. Tutto sommato un buon test, pensando al terzo turno prossimo venturo. La prossima settimana si comincerà a fare sul serio.