È accaduto nel quarto set, Fognini aveva appena consolidato il break di vantaggio con uno smash in acrobazia. L’ennesima prodezza, il lampo di luce calato dallo spazio profondo. Confuso in una scheggia di frustrazione, Alcaraz ha guardato il suo angolo lamentandosi ad alta voce: “Ma ha cinquant’anni, come fa a giocare così”.
Naturalmente non è vero. Fabio il genio, il ragazzaccio dal cuore grande, l’eroe di cento battaglie in Davis, di anni ne ha 38: li ha compiuti il 24 maggio. Non stupisce quindi che nel pomeriggio afoso di Wimbledon si sia trovato a proprio agio dentro la trincea del Piave, con fucile e baionetta davanti al detentore del titolo. Alla fine ha perso, certo: è finita 7-5, 6-7, 7-5, 2-6, 6-1 per il fenomeno di Murcia. Ma non è questo che contava oggi. Nessuno s’aspettava una così strenua resistenza, forse neppure lui. La famiglia sì, invece. La moglie Flavia Pennetta, il primogenito Federico (grande tifoso di Carlitos, ha avuto in regalo la sua maglietta), le bambine Farah e Flaminia gli chiedevano un’uscita gloriosa. L’hanno ottenuta come in un sogno. Si sono goduti dal box, con orgoglio, baci e sorrisi, l’ultimo spettacolo sull’erba di Church Road di quel marito-padre dall’enorme talento.
Lo spezzino ha ammainato il tricolore solo dopo cinque set fantastici, tenendo la scena da protagonista per oltre quattro ore d’incanto. Dal canto suo Carlitos ha portato a casa un match durissimo, accettando l’idea che fosse l’altro a condurre il gioco. Se il sipario doveva calare, non poteva esserci teatro più maestoso del Centre Court londinese: lo stadio degli immortali. Proprio lì Fognini ha dimostrato ancora una volta d’essere un campione. Il primo della classe che in carriera ha raccolto molto meno di quel che vale, perché ha dissipato nel tempo tesori di sapienza tennistica. Non stavolta però. Stavolta in campo c’era solo il Dottor Fabio, Mister Fogna è rimasto negli spogliatoi aspettando il ritorno dell’alter ego con cui litiga ogni volta che scende in campo. Ecco spiegato il perché di un match che sarà difficile dimenticare, immerso nelle magie di colpi che solo il magnifico perdente sa fare. Da una parte il numero due del mondo, una striscia di 18 vittorie consecutive; dall’altra il 138 del ranking. La differenza non s’è vista, anzi. C’è stato un momento in cui pareva che nell’arena stesse per materializzarsi una sorpresissima.
Fognini è partito forte, issandosi quasi subito a tre palle break non trasformate. Un semplice contrattempo, superato grazie alla strategia perfetta basata sull’anticipo. Anziché aspettare dietro la riga di fondo il servizio del rivale, ha deciso di giocare al rischiatutto con una posizione molto anticipata: scelta pericolosa che pochissimi possono permettersi. La mano sensibile di Fabio, unita al tempismo dei gesti bianchi, ha destabilizzato Alcaraz assediato dalle risposte di dritto e rovescio. Rubare il tempo è stata la parola d’ordine, nessuno aveva mai osato tanto. La difficoltà palese di Carletto si è tradotta in una montagna di doppi falli: sarebbero stati dieci a fine corsa. Ciò malgrado il primo set è finito in mani spagnole 7-5. Fognini non si è scomposto. Ha continuato a colpire con naturalezza, rendendo facili le cose più difficili. Ha rimontato un break che sembrava letale, ha risalito la corrente, ha trascinato la seconda frazione al tiebreak dove ha piazzato la botta decisiva. Uno pari, palla al centro.
La sfida è proseguita in fotocopia: i tocchi d’artista dei due virtuosi hanno esaltato il pubblico, sempre più consapevole di vivere un’avventura imprevista. Il culmine sul tre pari, quando l’azzurro ha acciuffato con il retino per le farfalle una palla che moriva sul prato, trasformandola in un winner: ovazione e tutti in piedi. Di nuovo sotto nel punteggio nonostante la prodezza, Fabio ha ricucito lo strappo per poi perdersi come in un déjà vu sotto lo striscione del traguardo: altro 7-5 per Alcaraz. “Adesso mollerà”, ha pensato Carlitos allentando lo stress. Pessima idea. Fognini ha macinato invenzioni e giochi di prestigio, prendendosi due break e la quarta frazione 6-2. Tutto era in bilico, affidato a un quinto set impronosticabile alla vigilia.
Ma il sogno è evaporato sulla scia di alcuni episodi sfortunati che hanno lanciato lo spagnolo: un nastro traditore, due palle uscite di un nulla, un 40-0 dilapidato per disattenzione. L’epilogo è stato un 6-1 bugiardo, che però non ammette rimpianti malgrado le statistiche crudeli: 21 palle break (solo 5 trasformate) e 52 vincenti messi a segno. “Non capisco perché sia il suo ultimo Wimbledon, può giocare tranquillamente per altri tre anni”, ha commentato il vincitore al microfono chiamando l’applauso per l’avversario.
Il giusto onore delle armi a una star diversa da tutte le altre: che spettacolo, ragazzi.