Si può vincere anche così. Giocando una partita ruvida con poche scintille, pure se ti chiami Musetti e la gente viene a vederti allo stadio perché sei un prestigiatore. Il talento è una risorsa sempre utile, che l’aria sia dolce oppure il vento sposti la pallina con una folata maligna com’è successo oggi. Di regola i vortici favoriscono l’incontrista che basa il suo tennis sull’anticipo e la potenza, ovvero Francis Tiafoe. Però il magnifico Lorenzo non è tale per caso: fugge avanti subito all’avvio, paga un piccolo passaggio a vuoto che gli costa la seconda frazione, ma tiene duro e mette il naso avanti proprio sul traguardo del terzo set. Poi dilaga nel quarto finalmente libero nella testa, spalancando la scatola del mago piena di conigli bianchi e mazzi di rose. Finisce 6-2, 4-6, 7-5, 6-2 in due ore e trequarti di lotta e colpi di genio: il Muso è in semifinale al Roland Garros, alla quinta partecipazione nel campionato del mondo su terra battuta. Migliora il settimo posto nel ranking e aspetta iI prossimo avversario che sarà uno tra Carlos Alcaraz e Tommy Paul. Vedrà la sfida alla tivù, tormentato da un dubbio tattico: popcorn o patatine fritte, stravaccato sul divano?
E’ stata dura, altroché. Però in questo momento è oggettivamente un’impresa fare punti contro uno che corre e difende come il carrarino. Scattista e mezzofondista, rapido e resistente. Il pubblico resta abbagliato dai suoi lampi: la voleé, il back, la palla corta accarezzata, il dritto che è piuma e ferro, il passante e lo sventaglio, il servizio muscolare o in kick – nove ace messi a segno oggi. E naturalmente quel rovescio a una mano che è specialità della casa, marchio di fabbrica, prova d’autore. Non a caso all’intervistatrice Alizé Cornet che ne sottolineava l’eleganza, ha risposto sorridendo: “Siamo italiani, no?”. Sì certo, siamo italiani, e anche i francesi sul Philippe Chatrier annuiscono convinti. Accade lo stesso al Louvre davanti alla Gioconda.
E dunque, l’azzurro è partito con un break immediato salendo 4-1. Poi ha difeso il vantaggio con una rasoiata lungolinea nella sola occasione lasciata al rivale. Infine ha chiuso il set 6-4 seguendo la strategia esemplare preparata con il coach Tartarini, mentre il ragazzone del Maryland perdeva la testa confuso nel maestrale. Tutto facile, troppo facile. Il tennis è fatto di porte girevoli che si aprono e chiudono all’improvviso: un’impercettibile distrazione del Muso ha consentito a Tiafoe di infilarsi cogliendo l’attimo. Così il break del 3-1 è diventato strada facendo una salita ardua come il Mont Ventoux caro a Petrarca – sedicesima tappa del Tour, il 22 luglio prossimo: da non perdere. Inutili i tentativi di appaiare l’avversario, sempre più solido e attento: il 6-4 è stato la tappa crudele di un match che aveva cambiato forma.
Va detto che un anno fa questa partita Musetti l’avrebbe persa. Invece in pochi mesi ha affrontato un processo di crescita strutturale, in campo e prima ancora nel fuori campo. “La paternità mi ha reso più responsabile e un professionista migliore”, ha spiegato lui stesso. Aggiungendo un pensiero felice, di quelli che ti fanno volare: “Ho sempre la mia famiglia nel cuore, anche quando sono lontano”. Soffrendo e sbuffando s’è preso di forza il terzo set privo di buchi, condotto spalla a spalla con il rivale: sul 6-5 da rimontare, Tiafoe ha ceduto. A tradirlo è stata la tensione che ha intaccato il servizio fin lì impeccabile, in un game compromesso dalla troppa fretta: prima palla protagonista di Chi l’ha visto? e 7-5 condito dall’urlo liberatorio di Lorenzo. L’anticamera del trionfo. Sullo slancio il Muso ha finalmente preso il largo, fra un passante in corsa nell’angolo opposto a quello di tiro e un cucchiaino impossibile sulla smorzata dell’americano. Fino ai tre match point per il 6-2 finale, resa incondizionata. E chissà, forse il meglio deve ancora arrivare.