Con il roboante quanto eloquente 5-0 del Paris Saint-Germain sull’Inter nella finale di Champions League si è chiusa la stagione del calcio italiano ed europeo per quanto riguarda i club. Presto partirà la prima edizione del Mondiale per club, ma sinceramente fatico a considerarla: ci sono tantissimi soldi in palio preziosi per le società, certo, ma non so che livello di calcio si vedrà con squadre fisicamente sbriciolate dalla stagione. Proprio come non si vide un gran livello all’Europeo dello scorso anno. Si gioca troppo e piazzare una competizione di un mese a giugno non è certo il viatico per vedere una buona qualità di calcio. Oltretutto per l’Italia ci saranno Inter e Juventus: la prima uscita a pezzi dal finale di stagione, la seconda nel caos di una rivoluzione tecnica dopo un’annata quasi da dimenticare. Allegria.
Fine stagione però è tempo di bilanci e allora vediamo chi sono i club che sono usciti come vincitori e quelli che hanno fatto flop. E partiamo dai primi, con inchino doveroso per chi ha vinto lo scudetto: il Napoli di Antonio Conte. Ha ereditato una squadra arrivata decima, ha convinto De Laurentiis a investire e a essere un po’ meno presente in spogliatoio (l’arrivo di Lele Oriali, in questo, è stato fondamentale) e ha centrato il quarto tricolore. Storico. Miracoloso? Forse il termine è eccessivo, considerando il “vantaggio competitivo” che nel calcio moderno rappresenta non avere le coppe: solo la Serie A a cui pensare, dandosi anche un po’ di pressione aggiuntiva con quell’uscita prematura dalla Coppa Italia. Però, se si vuole evitare il termine miracolo, va detto che Conte l’impresa l’ha fatta eccome. Perché solo così si può chiamare la cavalcata di un gruppo a cui a gennaio è stato tolto il miglior talento (Kvaratskhelia, poi dominante a Parigi), pur in rotta da qualche tempo con il club. Dal mercato invernale in poi, Conte si è ritrovato una squadra impoverita e ha dovuto anche cambiare assetto dopo gli infortuni di Neres, contando anche quelli del miglior difensore Buongiorno: alla fine ha centrato l’obiettivo – pur con la complicità interista, ci arriveremo -, quindi applausi scroscianti per un tecnico vincente. Che, a quanto pare, ha convinto De Laurentiis a salire al livello successivo nella prossima stagione.

Tra i vincitori va annoverato con evidenza il Bologna di Joey Saputo: dopo 6-7 anni grigi, l’arrivo di Giovanni Sartori in dirigenza è stata la svolta chiave (unita alla maggior presenza dell’imprenditore in città) e la crescita è stata esponenziale. Dopo la Champions League è arrivata la vittoria della Coppa Italia, riportata a Bologna dopo 51 anni: erano i tempi di Bulgarelli, Pecci e Savoldi e del “Petisso” Pesaola in panchina. Ora i nuovi eroi sono Beukema, Freuler, Orsolini e Ndoye, match-winner della finale di Roma contro il Milan. Un trionfo meritato grazie al colpo ai quarti sul campo dell’Atalanta e a una finale il cui i rossoblu hanno rischiato poco o nulla contro dei pessimi rossoneri, colpendo al momento giusto e scacciando quella infelice etichetta di perdente in finale appiccicata a Vincenzo Italiano: un tecnico che in estate ha preso la panchina più scomoda della Serie A (post Motta) e che ha costruito un collettivo splendido, efficace, divertente. Se uno guarda gli almanacchi, l’allenatore siciliano non ha mai sbagliato una stagione: questa rappresenta una consacrazione e il rinnovo firmato con il Bologna è un segnale chiaro a tutto il calcio italiano di una società che finalmente nell’ultimo triennio ha capito che si può stare al piano di sopra con investimenti e competenza.
Alcuni club possono sorridere, ma forse avere anche rimpianti. È il caso dell’Atalanta, che ha chiuso terza in quello che si è rivelato l’ultimo anno dell’era Gasperini: con le precoci eliminazioni dalle coppe, la chance per un clamoroso scudetto poteva esserci eccome. Ma in Primavera, 3-4 gare fallite hanno portato gli orobici troppo lontani dalle contendenti e da una lotta per il tricolore che sarebbe potuta essere a tre. Ed è anche il caso della Roma: devastante nel girone di ritorno con l’opera di un grande allenatore come Claudio Ranieri. Qui il rimpianto è precedente: non essersi affidati subito a lui dopo l’esonero di De Rossi o, ancora, non aver capito prima che Juric andava mandato via subito. Era l’uomo sbagliato nel posto sbagliato. Ranieri invece era l’uomo giusto al posto giusto ed è arrivato a un solo punto da una clamorosa qualificazione Champions. E ora ha scelto proprio Gasperini come suo erede, in un’estate in cui il valzer delle panchine è più movimentato che mai in Serie A. Chiudono con rimpianti anche Lazio e Fiorentina: i primi soprattutto per l’Europa League e l’eliminazione contro il Bodo oltre che per aver mancato una qualificazione europea che avrebbero meritato (e così salta Baroni, che per me ha fatto invece un buon lavoro con una rosa poco profonda, e tornerà Sarri), i viola per non aver battuto il Betis ed essersi regalati almeno un’altra finale di Conference League per quanto il Chelsea sia parso poi fuori categoria. Ci riproveranno in quella coppa ma non con Palladino: dimissioni nemmeno troppo a sorpresa, perché il rapporto con Pradè – nel mirino della piazza insieme al tecnico – era saltato da tempo.

Poi c’è chi si lecca le ferite. Su tutte l’Inter: in corsa su tutto, ma ha perso tutto. Supercoppa e Coppa Italia nelle sfide stracittadine contro un Milan tutt’altro che irresistibile, lo scudetto contro il Napoli buttando via punti in modo incredibile (Parma, Bologna, Lazio, tra le altre) e infine la Champions, sbattendo su un Psg ingiocabile ma giocando una partita aberrante per quanto sia stata un blackout generale. Sul banco degli imputati ci sale Simone Inzaghi, perché alla fine un solo scudetto in quattro anni partendo sempre con la squadra più forte – per lo meno in Italia – è un bottino deludente. Di certo, a parte la pleonastica Supercoppa araba, non ride nemmeno il Milan: fuori dall’Europa, costretto a rigiocare dopo anni i primi turni di Coppa Italia e la finale persa contro il Bologna con una prestazione opaca. Sono cambiati gli allenatori, la realtà è che bisogna cambiare la dirigenza: un totale caos dalla cacciata di Maldini e Massara. Chi fa cosa? Non è chiaro. Basterà l’arrivo di un ds come Tare e di un tecnico esperto come Allegri per tornare ad alto livello? Infine, la Juventus: la rivoluzione estiva è naufragata malamente. Cacciato Thiago Motta, Tudor almeno ha salvato la qualificazione Champions (a dirla tutta, sfruttando un calendario generosissimo nel finale), ma alla fine è saltato anche il vero responsabile di questo sfacelo: Cristiano Giuntoli, che ha speso milioni su profili rivelatisi spesso veri e propri flop. Anche nella Torino bianconera è ora di rivoluzione, l’ennesima. Alle porte di un Mondiale per club che, a sensazione, rischia di rappresentare una partenza ad handicap sul piano tecnico per Inter e Juventus nella stagione che verrà.