Difficile e facile. Spiegare certe partite diventa a volte un esercizio di logica, altre una questione di cuore. La sconfitta di Paolini contro Elina Svitolina per 6-4, 6-7, 1-6 è tutte e due le cose assieme. È complicato capire come una sfida che stringi saldamente in pugno possa scappar via dietro tre match point sciupati. Semplice perché il senso sta nell’eterna regola non scritta: così è il tennis, il gioco del diavolo. Sul centrale del Roland Garros, Jas ha condotto fino alla penultima palla del secondo set, dopo aver vinto il primo con pieno merito. Partita a razzo e salita 3-0 in dieci minuti, è stata rimontata dall’ucraina sul 3-3, ha rimesso il naso avanti con un immediato controbreak, quindi è stata di nuovo agganciata dall’avversaria sul 4-4. In quella s’è appellata alla forza mentale e alla volontà che la caratterizzano. Positiva, determinata, esplosiva, è riuscita a resettare la doppia occasione persa. E ha ritrovato il servizio nel momento più delicato, issandosi a tre set point sulla battuta di Elina: l’ultimo le ha consentito finalmente di infilare nel borsone il 6-4.
I numeri della prima frazione le davano ragione su tutta la linea: percentuali nei turni di battuta, colpi vincenti sia di dritto sia di rovescio, palle break a segno, numero di errori e di punti messi a referto. Uno score perfetto, conseguenza delle idee chiare mostrate fin dall’avvio. Aggressività ragionata da fondo, sempre in spinta, per aprirsi il campo e tirare un winner: la strategia utile a tenere dietro una lottatrice come Svitolina, pur esemplare in fase difensiva. Così le due se le sono date di santa ragione, ingaggiando un braccio di ferro ad alta intensità. Qualitativamente pregevole. Paolini è riuscita a rubare il tempo all’ucraina, chiudendo lo scambio a rete con l’autorità di chi sa destreggiarsi fra volée e mezze volate. Secondo i piani della vigilia. Ma se il piatto della bilancia dalla parte dell’azzurra, c’era un fresco precedente a non lasciare tranquilli.

Ci sono dei ko che si ficcano nella testa: fai di tutto per scrollarteli di dosso, eppure restano lì. Jasmine ha un ospite inopportuno che la infastidisce. Nell’Australian Open dello scorso gennaio, aveva incrociato la stessa avversaria di oggi finendo scoraggiata: primo set vinto in scioltezza, secondo smarrito proprio sul traguardo, il terzo concluso con una resa senza condizioni. Paolini ci ha ripensato di sicuro preparando con il nuovo coach il match di oggi sul Philippe Chatrier, anche stavolta un ottavo di finale Slam. Si sarà ripetuta d’aver imparato la lezione, presentandosi in campo con la consapevolezza di aver fatto per bene i compiti a casa. Non è bastato a neutralizzare i fantasmi.
Merito di Svitolina, 31 anni a settembre, quattordicesima in classifica ma best ranking da numero tre, 18 titoli in carriera, semifinalista a Wimbledon e New York, vincitrice alle Finals del 2018 e per due volte al Foro Italico. Una campionessa in tutto e per tutto. Moglie del francese Gael Monfils, Elina ha superato due inciampi. Il primo, dolcissimo, è una bambina che si chiama Skai e l’ha tenuta lontana dal tennis un anno e mezzo; il secondo è un infortunio al piede destro, l’operazione e la rieducazione. Poi è tornata, tenendo alta la bandiera del suo martoriato paese. “In campo mi sento un soldato”, è stata la parola d’ordine di fronte all’invasione russa. Nata a Odessa e cresciuta a Kharkiv, ha studiato a scuola la storia della corazzata Potemkin e dei fucili zaristi puntati sulla sua gente. I fatti del passato, uniti alle bombe del presente, non si dimenticano. Così è diventata una guerrigliera che ostentatamente rifiuta la stretta di mano alle avversarie russe e bielorusse.
Pur costretta sempre a inseguire l’azzurra, l’ucraina è rimasta coraggiosamente a ruota. Non ha mollato neppure quando la garfagnina è andata a servire sul 5-3, quindi ha annullato due palle partita sul 5-4 trascinando l’incontro al tiebreak. Anche lì è stata audace nel terzo match point, scendendo a rete per prendersi quel punto che pesava una tonnellata. L’italiana ha visto liquefarsi le sue certezze e ha ceduto il secondo set 7-6, con un parziale di otto punti a sei. La terza frazione non ha avuto storia. Svitolina è fuggita senza che Paolini potesse ad arginala, annegando nella delusione e ormai vuota di energia. Ha avuto un unico sussulto, utile solo a segnare il gol della bandiera: 6-1, fine del sogno. “Faccio fatica a credere che il match sia girato dalla mia parte”, ha commentato con fair play Elina. “Mi dispiace perché stavo giocando un gran tennis – s’è rammaricata Jasmine -. Forse potevo far meglio in alcuni momenti, però lei quando era sotto è stata molto aggressiva. È dura ma devo accettarlo”. La fotocopia di Melbourne, appena sei mesi fa. Questi fantasmi.