Chissà come faranno quelli che montano i filmati con gli highlights delle partite. Da dove cominciare? In sei pagine di appunti brillano sottolineate in rosso cataste di prodezze: Musetti e Rune hanno messo in piedi un grande show sul Philippe Chatrier, ciascuno a suo modo, incollando il pubblico ai sedili ben oltre la mezzanotte di Parigi. E se alla fine ha vinto l’italiano 7-5, 4-6, 6-3, 6-2 è perché s’è dimostrato più attento, più paziente, più costante dell’avversario. Un giocatore finalmente maturo, che oggi mescola un sano realismo con lo sterminato talento impresso nel Dna. Al suo confronto Holger, capace di accelerazioni folgoranti, resta per alcuni aspetti uno junior: straordinariamente dotato, certo, però troppo spesso condizionato dall’istintività. E invece il tennis non si fa così: è una scacchiera in movimento, bisogna colpire in quel preciso momento pensando al successivo. Lorenzo ha imparato, il danese ancora no.
“Rune gioca sempre d’anticipo, ha una una notevole aggressività. Dobbiamo evitare che metta i piedi in campo e diventi dominante”, aveva spiegato alla vigilia il coach Simone Tartarini. Strategia impeccabile, che da sola non basta senza l’artefice a metterla in pratica. Del resto si affrontavano due interpreti che si conoscono da quando erano bambini, abituati ad allenarsi insieme. Campioni con due stili molto diversi. Al Muso piace partire da dietro sfruttando la straordinaria abilità difensiva, ed è un maestro nel variare i colpi: prima t’addormenta, poi ti ferisce a morte. L’altro invece si basa sull’aggressività e l’anticipo, possedendo un’eccellente velocità d’esecuzione. Ecco quindi che il mix si traduce in divertimento: bellezza allo stato puro.
All’avvio Lorenzo è stato il più rapido a uscire dai blocchi, senza peraltro riuscire a trasformare la palla del doppio break. Acceso il motore, Rune l’ha agganciato e sorpassato 3-2, finché il toscano ha messo di nuovo il naso avanti sul 5-4 per l’allungo che pareva definitivo. Niente di più sbagliato. Holger ha pareggiato i conti, salvo perdere ancora il servizio subito dopo. Un doppio fallo letale ha consegnato il set a Musetti: 7-5 a capo di un’ora e venti minuti di lotta e colpi di scena, in bilico sul filo di una qualità impressionante. Quel mattoncino iniziale si sarebbe rivelato determinante nello sviluppo del match.
Il danese ha risposto con una reazione violenta nella seconda frazione. Ha attaccato alla baionetta, caricando la risposta sulla seconda troppo tenera dell’azzurro. Il forcing ha obbligato il nostro all’arrocco oltre misura, tra siluri rimandati al mittente e tocchi d’alta classe sulle barricate. Finché Rune ha arpionato un meritato break scappando 5-2, per chiudere agevolmente 6-3. Sullo slancio, c’era il rischio che il match prendesse la strada per la Danimarca: spronato dall’angolo, Muso ha fortunatamente capito che doveva cambiare per sopravvivere. Ha riordinato le idee, avanzando di un metro la posizione negli scambi. E soprattutto ha sistemato la prima di servizio: il grimaldello indispensabile per tornare a comandare il gioco.
Il trucco è riuscito all’avvio del terzo set. Lorenzo ha tirato fuori dalla scatola magica tre o quattro giochi di prestigio che gli hanno consentito di tornare in testa: i pallonetti moon-ball, un passante tirato da Massa Carrara, una risposta flash al magnesio, il rovescio in contropiede uguale al gol del 4-3 di Rivera alla Germania. Fatto il break, s’è tenuto stretto il vantaggio timbrando un eloquente 6-3, anticamera del successo. Holger ha accusato il cazzotto, perdendo nuovamente il servizio all’inizio della quarta frazione. Distacco che s’è via via allargato, con Musetti salito in cattedra senza correre pericoli. Il destino della sfida s’è compiuto allo scoccare della terza ora di battaglia, quando Lorenzo il Magnifico ha messo a referto l’ace della vittoria: 6-1 e spettatori a casa a dormire. “È un sogno giocare così contro uno che non si arrende mai”, ha commentato al microfono. E poi: “Sono fiero di me, ho capito che in campo devo pensare di più e lamentarmi meno”. Martedì affronterà nei quarti l’americano Tiafoe. Da favorito sulla terra rossa, perché ormai dietro Sinner e Alcaraz il primo in sala d’attesa è proprio lui.