Che fatica, ma il tennis sulla terra battuta è anche questo: una rissa da saloon brutta, sporca e cattiva. Musetti parte male, finisce in una buca profonda, riesce a venirne fuori, si mette di nuovo nei guai, pareggia, sorpassa, poi finalmente stacca Mariano Navone e taglia il traguardo in discesa a braccia alzate: 4-6, 6-4, 6-3, 6-2 lo score. È stato un saliscendi durato quasi tre ore e mezzo sul Suzanne Lenglen, nel sole di Parigi che creava un fastidioso effetto luce-ombra, spaccando in due il campo. L’argentino è un giocatore da battaglia, pedalatore instancabile e specialista del mattone tritato. Il classico cagnaccio che azzanna i polpacci e non li molla. Come da copione è scattato a tutto gas, mentre Lorenzo faticava a mettere in moto il diesel: avvio contratto, difficoltà nel sentire la palla, sette errori gratuiti nei primi due game. Il break di svantaggio s’è così materializzato in un amen, costringendolo a rincorrere. Non proprio un buongiorno, davanti a un tipo che per contratto concede pochissimo.
Il carrarino ha faticato dannatamente a trovare il ritmo, ricadendo nel vecchio vizio di arroccarsi ben oltre la linea di fondo. La mossa harakiri ha regalato spazio e tempo a Navone, che comandava gli scambi con traiettorie alte e profonde unite a improvvise accelerazioni. Per contro il Muso non sembrava lo stesso giocatore dei turni precedenti. Abulico, poco reattivo, scarico di energie, ha comunque riequilibrato il punteggio sul 3-3 con il servizio a disposizione. Fosse passato in vantaggio, la trama del match sarebbe stata diversa. Ma sul trenta pari una decisione opinabile dell’arbitro l’ha penalizzato. Ecco com’è andata. Un candelotto argentino è atterrato nel pressi della riga, giudicato fuori dal giudice di linea: l’azzurro ha scucchiaiato la palla, fidandosi della chiamata. La successiva correzione ha però assegnato il quindici all’argentino, mentre Musetti chiedeva la ripetizione del punto. Morale: controbreak immediato di Navone che è filato dritto sul 6-4, tutto sommato con merito.

Passivo, spento, incapace di usare le variazioni che sono la luce del suo repertorio, il virtuoso inceppato ha cominciato a handicap anche la seconda frazione. Lasciando l’iniziativa al rivale, che non è un campione però gestisce gli scambi con il pilota automatico, da combattente infinito qual è. Il suo distintivo è la garra fusa a un soprannome curioso – ogni argentino ne ha uno. C’è il loco, il flaco, il gordo. E c’è lui: La Navoneta. “Il selezionatore della Nazionale albiceleste si chiama Lionel Scaloni ma per tutti è La Scaloneta. Io sono molto meno famoso, ma la gente applica a me la stessa desinenza”, spiega sorridendo.
Mariano è un hombre del pueblo. Nato a Nueve de Julio nella provincia di Buenos Aires, viene da una famiglia di tennisti. Già da piccolo maneggiava la racchettina al Club Atletico: “Ero sempre lì, per cinque o sei ore nel fine settimana”, racconta. Quando ha un match importante nel circolo montano uno schermo gigante perché è uno di loro che ce l’ha fatta, pur tra alti e bassi. Al Roland Garros del 2024, caso più unico che raro, s’era presentato come testa di serie nel suo primo tabellone Slam. Ora è sceso in classifica e arranca per rientrare nelle Top 50, sempre lottando. Musetti se n’è accorto a sue spese, pagando un prezzo alto finché ha tirato fuori la qualità che lo riempie. Messa da parte la flagellazione – “che dritto di merda, non ci si crede” – ha ricucito con pazienza gli strappi dell’ordito. Non serviva altro che aprire la scatola dei trucchi, per ribaltare il tavolo con qualche gioco di prestigio: l’ha fatto e finalmente è cominciata un’altra partita.
Pareggiato con un fondamentale 6-4 il conto dei set, Lorenzo s’è complicato la vita concedendo l’ennesimo break all’inizio della terza frazione. Per sua fortuna il ciapanò è finito lì. Messo ordine degli schemi, ha intascato il 6-3 della svolta definitiva scendendo dalle montagne russe. Dal canto suo Navone, esausto, ha continuato a perdere pezzi: spia del serbatoio vuoto è stata la catena ininterrotta di smash, spediti con la posta aerea in Sudamerica. Musetti è così volato via 6-2 per i titoli di coda. Alla fine ha mostrato il bicipite verso il pubblico, alludendo alla forza di volontà che gli ha permesso di girare la partita dalla sua parte: “Ero molto nervoso, pian piano mi sono tranquillizzato ed è andata bene”, ha commentato con il pensiero già a domenica. Prossimo avversario il danese Rune che l’ha sempre battuto. Ci vorrà il vero Musetti per continuare a sognare.