Quante facce in una partita sola. E che strada tortuosa per arrivare alla meta. Sinner ha battuto l’americano Tommy Paul 1-6, 6-0, 6-3 ed è in finale agli Internazionali: domenica sfiderà Carlos Alcaraz per la coppa romana che manca all’Italia dal 1976. Allora fu Adriano Panatta a trionfare superando l’argentino Vilas. Sarebbe magnifico rivivere un’emozione identica.
È stata una partita tanto complicata quanto inattesa. Passata attraverso una partenza choc di Sinner, con Paul che s’è preso d’impeto il primo set: 6-1 in 28 minuti mettendo a referto 26 punti a 14, quasi il doppio del rivale. Una situazione sconcertante. Da mai così bene (giovedì contro Ruud) a mai così male (stasera di fronte all’americano), il fuoriclasse altoatesino s’è trasformato in un enigma bifronte. Poi d’improvviso c’è stata una reazione esplosiva che ha ribaltato la scena. Iniziata la seconda frazione, è stato infatti Jannik a comandare. Costruendo gioco ha acciuffato due break di vantaggio, sigillando la seconda frazione con un perentorio 6-0. Uno a uno e palla al centro. Il pubblico ammutolito del Foro è uscito dalla ghiacciaia, i cori per il numero uno del mondo hanno spezzato il silenzio della sera sul lungotevere. Ma come dare un senso all’accaduto?
In un certo modo l’azzurro aveva messo tutti sull’avviso. “Ho giocato contro Tommy agli US Open l’anno scorso: è stato un incontro molto difficile. Vedremo che cosa succederà stavolta”, erano state le frasi premonitrici della vigilia. Il tennis è così, bastano un soffio di vento o un alito di freddo a spazzare via le certezze e cambiare la proiezione del presente. Paul è stato semplicemente perfetto, Jan la sua brutta copia uguale e contraria. L’americano aveva un piano tattico chiarissimo in testa e l’ha applicato come meglio non poteva: pressare fin dalla risposta, incidere con il servizio, rubare il tempo all’avversario. Non basta però uno schizzo sul foglio, bisogna trasformarlo in realtà. L’americano c’è riuscito variando gli schemi: una parabola, il rovescio tagliato, una accelerazione imperiosa. Tutti cazzotti al fegato per Sinner che barcollava stretto alle corde, addirittura polemizzando apertamente con il proprio angolo.
Troppo, troppo brutto per durare. Appoggiandosi a talento e orgoglio, Wonder Boy s’è ricordato d’essere tale entrando finalmente nel match alla vecchia maniera. E cioè imponendo lo scambio da fondo campo con un forcing assillante e progressivo, sempre più veloce, nel preciso intento di sfondare la difesa di Paul. Missione compiuta tra molti affanni, comprese due palle break annullate con altrettanti ace. Roba da campioni, l’arma da tirar fuori nei momenti critici. Del resto il giovanotto del New Jersey, 27 anni, numero 12 del ranking, ha sempre creato problemi al nostro eroe: l’aveva battuto una volta sola su quattro, è vero, però interpretando ogni confronto come una battaglia ordinata e consapevole. Le difficoltà impreviste di Sinner hanno fatto il resto, completando un quadro difficile da interpretare.
Il terzo set pareva comunque filare in discesa, sull’abbrivio del precedente. Jan è partito a tutta con il servizio, s’è messo subito in tasca un break ed è salito 3-0. Partita in archivio? Macché, c’era ancora da soffrire. Perché il numero uno s’è toccato un paio di volte il retro della coscia destra, sentendo tirare il flessore. Così ha rallentato il ritmo, consentendo a Paul di tornare sotto e strappargli il servizio: 3-2, allarme rosso e pessime sensazioni nell’aria. Senonché. Senonché il ragazzo meraviglia ha messo in campo l’orgoglio di chi non ammette l’idea della sconfitta. Ha cambiato sguardo, si è ripreso il break, l’ha consolidato, è volato 5-2 con due match point a disposizione per chiudere la pratica. Ce n’è però voluto un terzo, nel game successivo, prima di metter fine alla sfida con il 6-3 dopo un’ora e 48 minuti di lotta.
“Da qualche giorno – ha poi spiegato Jannik – mi porto dietro una vescica al piede. Questo si riflette negativamente sulla postura e sull’equilibrio”. Aggiungendo: “Non ho paura, so che devo alzare il livello per competere alla pari con Alcaraz. Ho visto un po’ della partita fra lui e Musetti: Carlos è migliorato nel servizio e nella potenza dei colpi. Sarà un ottimo test per capire a che punto sono e quanto potrò crescere in funzione di Parigi”. Lo capiremo anche noi. Intanto ci godremo Jasmine Paolini in finale contro Coco Gauff: in tribuna d’onore a tifare per lei ci sarà il presidente Mattarella. E domenica Jas tornerà di nuovo sul Centrale con Sara Errani nella finale del doppio, avversarie la russa Kudermetova e la belga Mertens. Due azzurre e un azzurro nell’ultimo atto del torneo: comunque vada, sarà una festa.