La fiera dei sogni. Musetti indossa lo smoking e tira fuori dal cilindro uno, due, tre, quaranta conigli uno più bello dell’altro. Nessuno possiede il suo prestigio: il talento smisurato l’ha sempre avuto nel Dna, ora finalmente è scattato l’interruttore mentale della consapevolezza. Il modo in cui ha eliminato dagli Internazionali il campione uscente Zverev, numero due della classifica, è un film da vedere e rivedere cento volte: 7-6, 6-4 vuol dire percorso netto e volo planato in semifinale. Ma non è ancora finita, anzi. Lorenzo il Magnifico non vede l’ora di sfidare il numero tre del tabellone, ovvero Carlos Alcaraz: l’appuntamento è fissato a venerdì, sarà la rivincita di Montecarlo quando il carrarino incantò lo stadio per un’ora, cedendo allo spagnolo solo a causa di un infortunio all’adduttore.
L’azzurro ha creato gioco nella serata romana, plasmando come fosse cera la terra rossa del Centrale. Sasha si è progressivamente sgretolato, l’illusione di avere il match in mano è durata un’ora e poco più. Poi è stato costretto ad arrancare dietro un rivale che galleggiava altissimo sul campo. Eppure il tedesco aveva iniziato con autorevolezza, prendendosi subito un break di vantaggio fino al piccolo passaggio a vuoto che ha riportato il punteggio in parità: 4-4, e poi addirittura il sorpasso di Lollo. Zverev però ha premuto ancora più a fondo sull’acceleratore, filando 6-5 e quaranta a zero con il servizio a disposizione. Pareva fatta, senonché proprio in quell’attimo è iniziato il supershow del Muso. Tre set point annullati con altrettante prodezza, un quarto cancellato grazie all’ennesimo capolavoro, quindi il break del 6-6 a capo di nove minuti d’immersione nella grande bellezza. Che spettacolo.
Tramortito dal contraccolpo, Sasha si è liquefatto durante un tiebreak da fantascienza. Mai una palla uguale all’altra, difesa estrema e attacchi ragionati, parabole e accelerazioni, tagli, cross stretti, lob, schiaffi al volo e soprattutto una serie ininterrotta di palle corte da emicrania: l’italiano ha messo in tavola tutta l’argenteria. Attirato in una zona del campo non sua e incapace di replicare alle smorzate tagliagambe (– servite con il dritto o il rovescio a seconda dell’estro del momento – Zverev è affondato sotto un parziale di dodici punti a due. Dal canto suo Musetti, messo in cassaforte quel 7-6 quasi miracoloso, ha continuato a disegnare la medesima linea strategica nella seconda frazione: guerra di corsa a oltranza, unita ai drop shot che hanno infierito pesantemente sulla psiche del tedesco. Problema: come si neutralizza un infallibile colpitore da fondo campo? Tra un game e l’altro, il carrarino ha scritto il manuale del perfetto incantatore, da imporre come libro di testo in tutte le scuole tennis planetarie. Compito a casa per i ragazzi: imparare a memoria la tecnica della smorzata e ripeterla all’infinito.
L’epilogo è così arrivato quasi per consunzione sul quattro pari, tra una prodezza e l’altra. Una rasoiata di rovescio lungolinea colpita da distanza siderale, un turbo-rovescio in contropiede e abracadabra: Lorenzo the Magician ha centrato il break decisivo. Delizioso anche l’ultimo game, impreziosito da due tocchi di squisita dolcezza, una pennellata morbida a rete e una combinazione servizio-volée che ha spalancato le porte dell’arena. “Gli italiani vorrebbero una finale tra me e Jannik”, aveva detto Musetti due giorni fa. Tocca ora a Sinner darsi da fare, con la benedizione del Papa incontrato in Vaticano durante un divertente siparietto. Prima però c’è da battere il norvegese Ruud, professore del mattone tritato: anche al 60-70 per cento Wonder Boy dovrebbe riuscire a sbrigare la pratica. E poi vediamo, sognare non costa nulla.