C’è ancora domani. Secondo ostacolo passato al Foro pur con qualche inciampo di troppo: Sinner ha battuto 6-4, 6-2 l’olandese Jesper De Jong, prosegue il percorso di riadattamento al ritmo partita, ma è già focalizzato sugli ottavi di finale. Tra più o meno ventiquattr’ore si troverà davanti Francisco Cerundolo, numero 18 del ranking, semifinalista dieci giorni fa nel Master 1000 di Madrid. Avversario complicato anche quando Jannik è al cento per cento, figuriamoci adesso. È lui il primo a saperlo: “Ho avuto un grosso calo di concentrazione, però sono riuscito a rientrare subito nel match. È stata una buona lezione: l’atteggiamento è giusto. Certo nel prossimo turno dovrò alzare il livello”. Vedremo. I confronti diretti sono in parità: due a due. E nel 2023, proprio sul Centrale, l’argentino ha eliminato a sorpresa Wonder Boy.
De Jong era un rivale troppo leggero per impensierire seriamente il numero uno del mondo, però va a suo merito averci provato. Sotto 4-1 non si è lasciato andare, anzi: è riuscito a risalire quattro a quattro con una tattica spregiudicata ma proficua. Anche perché Jan è stato risucchiato nel buco nero dell’antimateria. Improvvisamente ha perso equilibrio e misura, in particolare con il dritto affossato spesso e malvolentieri in rete. Oppure spedito in corridoio. Inspiegabile se non con una risposta facile facile: l’inattività si paga, è normale che sia così. Tra l’imperfetto e il piuccheperfetto c’è il tempo presente di oggi fatto di piccole incertezze, inusuali sbavature, proiezioni in avanti e passi falsi. È un work in progress che l’interessato ha messo in conto con lucidità e pazienza, e altrettanto devono fare i tifosi color carota. Senza aspettarsi l’infallibilità che appartiene unicamente all’inquilino del Vaticano, peraltro appassionato di tennis e praticante.
Il match ha avuto un andamento strano. Sinner pareva avviato a chiudere il primo set con estrema facilità, forte di un doppio break arrivato quasi in automatico. Invece s’è infilato nel tunnel degli errori gratuiti, cosa che non potrà permettersi nella sfida con Cerundolo: lo score ne ha registrati 16. Annusato il pericolo, il Ragazzo Rosso ha dato una accelerata sufficiente a sprintare fino al 6-4. La seconda frazione fa poco testo: un capitombolo sul polso destro ha menomato De Jong, che s’è arreso al dolore concludendo la partita per onor di firma: 6-2 e tutti a casa. Tutti meno il fuoriclasse azzurro, che è subito corso su un campo vuoto per provare e riprovare movimenti e gesti tecnici. Assistito dall’intera squadra: i coach Vagnozzi e Cahill, i preparatori atletici Panichi e Badio. Tutti insieme come in una riunione condominiale. L’esigenza è pulire i colpi, risciacquare i panni nel Tevere. Ben sapendo che Roma è una stazione di passaggio, per quanto prestigiosa: il capolinea è Parigi. Ai primi di giugno il puzzle andrà a posto.

Nel frattempo l’unica italiana superstite nel singolare femminile è già nei quarti. Paolini è sopravvissuta senza danni al bombardamento di Jelena Ostapenko, mai battuta prima e superata stavolta 7-5, 6-2. “È stata una partita durissima, di resistenza. Arrivavano bordate da ogni parte: ho lottato, cercando di variare i colpi e giocare lungo. Ha funzionato”, ha commentato Jasmine nel dopopartita. L’analisi è perfetta. La lettone è imprevedibile quanto talentuosa – non per caso è stata campionessa Slam al Roland Garros. Quando te la trovi di fronte è un rebus, la domanda sempre la stessa: si sarà svegliata con la luna di traverso o no? Jelena ha un tennis rischiatutto, si piazza sulla piazzola del poligono di tiro e comincia la sua esercitazione balistica. Costruzione inesistente, l’alternativa è dentro o fuori senza vie di mezzo. Paolini è stata lì buona buona, da formichina quale sa essere, portando progressivamente l’altra al punto di rottura. Un lavoro di fino, girato attorno al primo set vinto brillantemente in rimonta. E concluso con meno difficoltà nel secondo.
Prossima avversaria è la russa Shnaider, numero 13 del ranking, giocatrice in grande ascesa che basa i suoi schemi sulla potenza. Ci vorrà l’elmetto anche stavolta, ma Jas c’è abituata. Non è una che si spaventa e vanta un sorriso disarmante: anche quello serve.