Bentornati. “Grazie per l’energia positiva che trasmettete, qualunque sia il mio risultato”, le parole alla vigilia di Sinner. A partita finita: “Che bello”, e accanto un cuore disegnato. “Mi siete mancati”, la frase di Berrettini scritta a pennarello sull’obiettivo della telecamera. Tre mesi senza tennis per Jannik, tre anni senza Roma per Matteo. Storie diverse, una stessa certezza: il giocatore vero vive del pubblico e di momenti irripetibili. Come il centravanti per il gol o il primattore sulla scena. Hanno vinto entrambi, i due azzurri. Con tanto talento, orgoglio, sapienza e cuore. Quasi a dire: siamo qui e non ce ne andremo più.
Mezzo mondo aspettava la ripartenza di Sinner. Per capire se 104 giorni dopo l’ultimo match avesse smarrito qualcosa per strada, se la formidabile macchina del fuoriclasse si fosse per caso inceppata. Non è così. Jan ha regolato il terraiolo Mariano Navone 6-3, 6-4 con grande autorevolezza, senza risentire troppo della sosta forzata. La statistica parla di 21 vincenti ma anche di 24 errori non forzati, tanti per uno abituato all’infallibilità. E il 60 per cento di prime in campo è un dato soltanto accettabile. Ma è normale, per fortuna Wonder Boy è normale. Aveva molto da chiedere al match e gli sono bastati un’ora e 38 minuti per riprendersi ciò che gli era stato tolto: il caso Clostebol è archiviato, senza quel peso opprimente si viaggia con leggerezza. E si può sorridere di non essere stato perfetto. “Avrei potuto fare meglio – ha ammesso con un po’ di emozione -. Certo il dritto qualche volta mi è scappato, non ho servito benissimo, però nessuno oggi è più felice di me”.
Va detto che la partita non è mai stata in discussione. Sinner ha iniziato alla battuta, ha annullato una palla break nel terzo game, ha poi strappato il servizio all’argentino salendo 3-1. Da lì in avanti nessun rischio, solo la presa di confidenza con i ritmi della gara. Con il rovescio lungolinea ha scardinato la difesa di Navone, sottoposto a un pressing insostenibile. Il 6-3 è stato il sigillo a una verità: il tennis per Jannik è come la bicicletta, una volta che impari come si fa non lo dimentichi. Più laborioso il secondo set, sia per la reazione del sudamericano sia per il dritto non impeccabile dell’altoatesino, talvolta incerto negli appoggi. Pareva comunque che il fatidico settimo game fosse come spesso accade decisivo: alla quarta palla break Sinner è salito 4-3, ormai a una passo dallo striscione. Ha invece subito il ritorno dell’argentino con relativo controbreak: tutto da rifare, l’inerzia dalla parte dell’avversario.
In quel momento è uscita la classe del ragazzo meraviglia, che s’è rimboccato le maniche riprendendosi immediatamente il maltolto e andando a servire per il match. Il 6-4 finale è stato accolto da un boato, in cui c’era affetto e riconoscenza per Jan e il suo essere quel che è: un giovanotto di 23 anni, che gioca bene a tennis e ha la testa sulle spalle. Ripreso il discorso e collezionata la ventiduesima vittoria consecutiva, Sinner aspetta ora il prossimo avversario. E’ l’olandese De Jong, un lucky loser che ha buttato fuori a sorpresa la testa di serie spagnola Davidovich Fokina. Sarà un passo ulteriore, il ritorno progressivo al futuro.

Come Jannik, anche Berrettini aveva un credito con la sorte. Tornare al Foro dopo la lunga astinenza legata agli infortuni che l’hanno perseguitato era già un successo. Ma lui voleva di più, voleva vincere: ha rifilato un convincente 6-4, 7-6 a Jacob Fearnley e tanti saluti alla sfortuna. Lo scozzese, che aveva battuto Fognini al primo turno, gli ha reso però la vita dura. Non tanto nel primo set, che s’è risolto in volata con Matteo tutto sommato in controllo, quanto nella seconda frazione. Approfittando di un errore marchiano del romano, lo scozzese è infatti scappato via 5-2, e poi 5-3 con due palle disposizione per giocarsi tutto nel terzo set. Qui è venuta fuori la rabbia di Berrettini, la sua capacità di non arrendersi mai.
Il gladiatore nell’arena ha tirato tre cazzotti da ko, agganciando Fearnley e trascinandolo al tiebreak. L’ultimo atto è stato in discesa, il rivale lasciato a zero. E adesso Matteo aspetta Casper Ruud, che ha appena vinto il Master 1000 di Madrid rientrando nella Top Ten di sua competenza. Il norvegese ha eliminato in tre set il cosacco Bublik, incassando i colpi del rivale e dimostrando per l’ennesima volta d’essere un professore sul mattone tritato. Malgrado tutto però il Martello non parte battuto, sa finalmente di star bene e i confronti diretti (4-3 per l’avversario) raccontano l’estremo equilibrio fra i due. Mai dire mai.
Bene anche l’unica italiana rimasta in gara nel singolare. Paolini ha liquidato 6-4, 6-3 la tunisina Ons Jabeur, talento smisurato tartassato dagli infortuni muscolari. “Sono contenta però ci sono alti e bassi da limare, la prossima partita sarà molto dura”, ha anticipato Jasmine ai microfoni. Il tabellone le propone negli ottavi la lettone Jelena Ostapenko, che otto anni fa vinse al Roland Garros, persa e ritrovata, mina vagante capace di tutto nel bene e nel male. Due mesi fa a Doha ha fatto la voce grossa con la toscana, ma molto dipende da come si sveglierà la mattina di lunedì. Jas si allena giocando il doppio in coppia con Sara Errani, insieme difendono il titolo conquistato lo scorso anno. Con buone possibilità di concedere il bis.