Il vecchio zio non muore mai. Con una partita straordinaria per coraggio e lucidità, Djokovic batte Alcaraz 4-6, 6-4, 6-3. 6-4 e approda alla semifinale dell’Australian Open per la dodicesima volta. L’ennesimo record nel torneo che è casa sua: l’ha conquistato dieci volte ed è quello su cui ha puntato forte quest’anno per far suo il venticinquesimo titolo Slam di una carriera inarrivabile.
La supersfida tra il numero uno del mondo più longevo e quello più precoce – 38 anni il 22 maggio l’uno, 22 il prossimo 5 maggio l’altro – è stata una mezza maratona, durata quasi quattro ore e finita all’una di notte. Diventata ancor più dura verso la fine del primo set: per inseguire una smorzata di Carlitos, il serbo ha accusato una contrattura all’inguine sottolineata dalla smorfia di dolore sul volto. Guaio serio, che l’ha limitato nei movimenti rendendo precari gli appoggi sulla gamba sinistra. Era peraltro un momento non banale del match: proprio in quel frangente Alcaraz, in vantaggio 5-4, ha piazzato il break che ha deciso la prima frazione. Al cambio di campo è scattato l’injury time, da copione è accorso il fisioterapista e la vicenda s’è trasferita negli spogliatoi. C’era la possibilità fondata del ritiro, e comunque pochi avrebbero scommesso un soldo su di lui. Ma il diavolo che veste Lacoste ha poteri soprannaturali.
Rientrato in campo dopo il trattamento, Nole ha ripreso a macinare gioco come nulla fosse: replicando in fotocopia l’avvio della prima frazione, ha strappato il servizio al rivale filando con prepotenza sul 3-0. La reazione dello spagnolo è stata veemente. Sono bastate un paio di impennate delle sue, unite a tre errori di dritto del Djoker penalizzato dall’infortunio all’adduttore, per riportare il punteggio in parità. Era lecito pensare che si fosse consumato così l’ultimo fuoco del serbo. Niente di più sbagliato, l’highlander ha cominciato a tessere a velocità di crociera la ragnatela da fondo campo. Togliere il pallino dalle mani del baby fenomeno: era questo il piano studiato assieme a Murray, il coach nuovo di zecca che lo incitava dal box. Spuntata parzialmente l’arma migliore dell’avversario, il serbo è riuscito a rubargli il tempo procurandosi due palle break non trasformate. Era però il segno che la partita stava girando senza che il ragazzo di Murcia trovasse la contromossa. Finché sul 5-4 a suo favore, Djokovic ha piazzato due risposte fulminanti intascando il game a zero e il conseguente 6-4 della ritrovata efficienza fisica.
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Il motivo della trasformazione è duplice. Se gli antinfiammatori hanno avuto un ruolo importante nella rinascita, l’altro fattore decisivo è il peccato di gioventù di Alcaraz: senza dubbio un fenomeno, che però va confusione perdendosi nei dubbi se non è lui a dettare il gioco. Così il professore serbo è salito in cattedra a spiegare che cos’è la tattica, quando bisogna rallentare lo scambio e qual è l’attimo giusto per l’accelerazione. Per di più l’incidente, paradossalmente, gli ha imposto un copione di successo: prendere alla svelta l’iniziativa, per abbreviare i tempi e mettere la museruola allo strapotere atletico dell’avversario. Attaccandosi alla smorzata, Carlos ha tenuto il passo per un po’, quindi ha perso inevitabilmente il servizio sul 3-2. È iniziato allora un appassionante tamburello di break e controbreak, finché Djokovic è andato a battere per chiudere il set. Messo in ghiaccio con un passante di rovescio incrociato, che ha reso vano il tuffo acrobatico di Carletto. A seguire, fra il tripudio del pubblico, i baci in tribuna indirizzati alla moglie Jelena che festeggiava il 6-3 con i figlioletti Stefan e Tara.
Nel quarto set la trama non è mutata. Con il cappellone da chef stellato, Il Djoker ha continuato la cottura a bagnomaria del malcapitato rivale, costretto immediatamente a inseguire un break letale. Non che lo spagnolo si sia arreso facilmente: ha provato in tutti i modi a riaprire il match, scontrandosi però con i propri errori e l’invalicabile muro serbo. La grande occasione è arrivata all’ottavo game sul 3-4 con due palle per strappare il servizio a Nole, sceso di velocità proprio nel colpo di inizio gioco. Ma in quel momento s’è vista, ancora una volta, l’abilità del Dottor Sottile – che tale è per il sottilissimo ingegno, non certo per il fisico scolpito. Uno scambio condotto all’ultimo respiro e il serve and volley l’hanno rimesso in carreggiata, proiettandolo di lì a poco al match point. Anticamera del definitivo 6-4, che gli consentirà venerdì di giocare la sua cinquantesima semifinale Slam: se la vedrà con il tedesco Zverev, testa di serie numero due che ha eliminato l’americano Paul. “Ho giocato con una gamba e mezzo”, ha scherzato al termine il campione di tutto. Aggiungendo: “Fortunatamente il farmaco ha via via fatto effetto e non ho sentito più dolore. Vedremo domani al risveglio”. Alzi la mano chi crede che possa abbandonare Melbourne sul più bello, ora che vede il traguardo così vicino.