La ceca Vera Caslavska conquistò l’oro alle parallele, al volteggio, al corpo libero e nel concorso individuale, oltre all’argento alla trave e nella gara a squadre, durante le Olimpiadi di Città del Messico del 1968. Si era preparata da sola nelle foreste della Moravia, utilizzando sacchi di patate come pesi e assi di legno come attrezzi: era fuggita da Praga, invasa dai carri armati russi. Nadia Comaneci, la romena dei record, ottenne tre ori ai Giochi di Montreal del 1976, con un punteggio alle parallele asimmetriche mai assegnato prima da una giuria: dieci, la perfezione. Aveva già lasciato la pedana quando fuggì negli Stati Uniti, rivelando un diario di atrocità: a quindici anni era stata costretta a diventare l’amante di uno dei figli del dittatore Ceausescu, che la sottoponeva regolarmente ad abusi fisici e sessuali.
È destino delle fuoriclasse della ginnastica passare attraverso l’inferno, tra drammi personali e tragedie storiche. Non fa eccezione Simone Biles, considerata dai tecnici la più grande di tutti i tempi. Americana di Columbus, Ohio, 27 anni, è tornata a incantare il mondo e gli ottomila spettatori all’Arena Porte de la Chapelle, non lontano dalla Senna. Tutti erano presenti per vederla in azione nella prima giornata di gare, per capire se fosse ancora lei. Bastano due lettere per la risposta: sì. Certe vite partono storte, è una fatica immensa raddrizzarle e non sempre è possibile. Simone lotta da quando era bambina: terza di quattro figli, era stata data in affidamento con i fratelli perché la madre non riusciva a mantenerli. Finché il resto della famiglia, ovvero il nonno e la zia, adottarono i quattro piccoli regalando loro una prospettiva. Nessuno poteva immaginare però che quella ragazzina minuta — con una statura ufficiale di 143 centimetri — avesse un talento smisurato. Dalla palestra ai palasport il salto è altissimo e velocissimo, una rivelazione precoce. Selezionata nella Nazionale Usa per i Mondiali di Anversa del 2013, lascia la platea stupefatta qualificandosi per tutte le finali di specialità grazie alla sua dote migliore: la versatilità, unita a una capacità acrobatica senza pari.

Da allora è iniziata una cavalcata che sembrava inarrestabile. Il palmares attuale lascia senza fiato: 4 ori alle Olimpiadi di Rio nel 2016; 30 medaglie (23 d’oro) ai Mondiali; prima e unica ginnasta a vincere 6 titoli iridati all-around; l’unica ad aver presentato in gara il Biles I e il Biles II al volteggio, il Biles alla trave e il Biles II al corpo libero. L’ultimo primato va spiegato ai non addetti ai lavori. Quando un atleta, uomo o donna che sia, inserisce nell’esercizio una figura particolarmente complicata e mai eseguita in precedenza, questa entra nel repertorio internazionale. Un esempio made in Italy è il movimento Cassina alla sbarra, che prende il nome dal campione olimpico Igor Cassina: un doppio salto teso con avvitamento, che fu il suo capolavoro ad Atene 2004. Talmente suggestivo da venire replicato in cielo dalle Frecce Tricolori. Simone ha fatto di più, creando gli esercizi Biles, Biles I e Biles II: un prodigio moltiplicato per tre.
Ma dopo l’olimpiade brasiliana è arrivato il buio. Nella forma di un malessere improvviso, che l’ha costretta a ritirarsi dalla competizione individuale, tre anni fa a Tokyo. Il nome sembra quello di un ballo, ma non c’è niente da divertirsi: Twisties. È un disorientamento, la dissoluzione del senso dello spazio, una perdita di consapevolezza della propria presenza. Che si traduce nell’impossibilità di controllare il corpo durante le manovre aeree. “Devo fermarmi”, spiegò ai giornalisti increduli. “Devo pensare alla mia testa, che ho trascurato occupandomi solo del corpo. Ho sempre sentito troppa pressione, sopportando il peso del mondo sulle spalle. Voglio star bene perché c’è una vita oltre la ginnastica, anche se la ginnastica è la mia vita e la cosa che amo di più”. Che cosa si prova a scivolare nella paura di perdersi in volo e pensare in un istante: dove mi trovo?

Dentro la ferita della psiche c’era una verità terribile, emersa nel 2018. “Combatto contro i demoni”, aveva rivelato in un’intervista al New York Times. Poi un semplice tweet per dire a tutti: “Me too, è successo anche a me”. Fra il 2015 e il 2017, centocinquanta atlete della squadra Usa avevano denunciato che Larry Nassar, il medico sportivo della nazionale, aveva abusato sessualmente di loro. Simone ha accusato lui, la federazione di averlo coperto e l’FBI di aver insabbiato l’inchiesta. Nassar è stato condannato a 175 anni di carcere. Piccolo risarcimento per la ragazza delle meraviglie, che ha tentato di ricucire il trauma con la psicoterapia e gli ansiolitici. Un uomo l’ha aiutata a rialzarsi: Jonathan Owens, giocatore di football per i Chicago Bears. Amore e ginnastica, si sono sposati un anno fa ed è stato il primo passo del lieto fine: un salto alla volta, Biles è tornata a volare come sa, guadagnandosi ai Trials Usa di giugno il biglietto per Parigi.

Il resto è cronaca. Per capire fino in fondo cosa rappresenti Simone nella società americana sono sufficienti le immagini dei personaggi stipati ieri in tribuna: Tom Cruise, Lady Gaga, Greta Gerwig (la regista di *Barbie*), Ariana Grande, il rapper Snoop Dogg, Anne Wintour (la “diavolessa” di *Il diavolo veste Prada*). Tutti rapiti dal prodigio avvolto in una tutina viola e argento, fatta di seta e strass, che guida la classifica provvisoria. Però l’esercizio che ha aperto la rotazione, pur ottenendo un punteggio altissimo, la pone al secondo posto dietro la cinese Yaqin Zhou. Domani ci sarà da soffrire e combattere, del resto lei lo sa da sempre. Ed è bello pensare che si tratta solo di una gara, in pedana, senza ospiti inopportuni a turbarla.