Coppi o Bartali, senza discussioni. Macché, il migliore resta Meazza, tutt’al più Silvio Piola. E dove li metti Nuvolari, Giacomo Agostini e Valentino Rossi? Lascia stare, il primo posto spetta a una donna: la scelta è tra Sara Simeoni e la Pellegrini. Ti sbagli, c’è Valentina Vezzali sul gradino più alto, forse forse con Edoardo Mangiarotti per stare nella scherma. Sì, ma Tomba te lo sei scordato? Ah no cari miei, per me il migliore è Mennea e nessun altro.
Era il gioco che si faceva da ragazzi in spiaggia: chi è stato il campionissimo di ogni tempo nello sport italiano? Di tutti gli sport, mescolati insieme nel frullatore. La risposta è facile: non c’è risposta. È impossibile darla. Però esiste un atleta leggendario che spicca su tutti, molto molto diverso da quegli altri grandi. Si chiama Varenne, detto Il Capitano: il più grande trottatore di sempre.
Ma come, un cavallo? Non proprio. Se il fondista cecoslovacco Emil Zatopek, quattro ori e un argento ai Giochi fra Londra e Helsinki, era l’uomo chiamato cavallo, se il cubano Alberto Juantorena, che vinse 400 e 800 metri nell’Olimpiade di Montreal, è stato definito El Caballo de la revolucion, ebbene Varenne è il cavallo che s’è fatto uomo. Basta guardare gli occhi per capirlo: scuri, intelligenti, scintillanti, profondi. Un tipo che non si dà arie da divo, pur essendolo: lo fissi e ti segue con lo sguardo, gli parli e ti ascolta attento. Difficile capire quanti sentimenti racchiuda. È docile, ubbidiente e languido se sussurri le parole giuste, nervoso le poche volte che qualcosa o qualcuno lo infastidisce. Ma è veramente difficile che gli girino, perché è una creatura buona con un carattere magnifico. Conscia e rispettosa di quel che gli sta intorno: sa perfettamente chi è e che cosa rappresenta per tutti quelli — e sono decine di migliaia — che vogliono vederlo da vicino, fotografarlo, magari sfiorarlo con una carezza. Anche adesso che non corre più.

Il suo destino è una suggestione intrecciata alla Storia, con la esse maiuscola. Figlio dello stallone americano Waikiki Beach, ha nelle vene il sangue italianissimo della madre — la fattrice Ialmaz — ma a battezzarlo è il primo proprietario: l’allevatore francese Jean Pierre Dubois, mito dell’ippica, che lo chiama come la via dove si trova la nostra ambasciata a Parigi: la rue de Varenne. Nome fatidico, perché la nuit de Varennes è stata l’inizio del mondo nuovo segnato dalla Rivoluzione. Un salto all’indietro lungo più di due secoli porta alla notte tra il 21 e il 22 giugno 1791, quando il droghiere Jean-Baptiste Sauce — sindaco del paesino — fa arrestare Luigi XVI e Maria Antonietta, in fuga dalla capitale: è il preludio alla ghigliottina per la famiglia reale, la fine di un’era. Cambiamo capitolo ed eccoci alla nuit de Varenne, stavolta senza la esse finale. Una notte buia e tempestosa, sottolineata dal rombo del tuono e dai lampi, il 19 maggio 1995 nel Ferrarese. Lì, nell’allevamento di Zenzalino, nasce Varenne, e anche con lui inizia il mondo nuovo.
Perché uno come Varenne non s’era mai visto e mai più si vedrà. Parlano i numeri. Nella sua carriera di fuoriclasse ha totalizzato vincite per oltre sei milioni di euro, diventando il trottatore più ricco all time. Il solo ad aver conquistato il titolo di “Cavallo dell’anno” in tre differenti Stati: l’Italia nel 2000, 2001 e 2002; la Francia nel 2001 e 2002; gli Usa nel 2001. Non solo. È l’unico ad aver fatto il Grande Slam trionfando nel 2001 al Gran Prix d’Amerique a Parigi, il Lotteria ad Agnano, l’Elitloppet a Stoccolma e la Breeders Crown all’ippodromo delle Meadowlands nel New Jersey. Figura nell’albo d’oro del Derby 1998 a Roma e del Gran Premio delle Nazioni 1999 a Milano. È stato primatista mondiale sul miglio.
Ma un evento in particolare è rimasto nella memoria collettiva: il trionfo sulla pista dell’Amerique nel 2001, bissato nell’edizione successiva, fra un tripudio di bandiere tricolori e l’ammirazione dei francesi. Un fulmine in pista, un tumulto, un’emozione, una poesia d’amore, l’orgoglio per un successo atteso da cinquant’anni. “Quando vinceva lui, era l’Italia intera a vincere”, ricorda il driver romano Giampaolo Minnucci, il pilota sul sulky con cui ha diviso battaglie e trionfi. “Gli americani avevano messo sul piatto un assegno con tanti zeri per portarselo via, ma non si può vendere la gloria di una nazione. Varenne è un dono del Signore”, aggiunge. Era stato lui, il futuro compagno d’avventura, a compralo per 180 milioni di lire a nome dell’agente di cambio napoletano Enzo Giordano, che ne è tuttora il proprietario. “Altri l’avevano scartato per un soprosso a una zampa posteriore, anomalia che ne faceva il brutto anatroccolo. Noi invece non avevamo dubbi”.

Proprio domani, domenica, si torna a correre l’Amerique, la corsa più importante del mondo dove Varenne ha lasciato l’impronta sulla carbonella. Gli ippodromi non sono più la sua vita. Già dal 2022 abita a Villanterio, in provincia di Pavia, nella tenuta Il Cigno. Lo accudisce la lad Daniela Zilli, che è una specie di tata. Il veterinario Federico Funghi lo visita ogni giorno e lo conduce in determinati periodi alla monta meccanica: da vent’anni Varenne è uno stallone da riproduzione, padre di tremila figli. È innamorato di Minnie, pony Shetland tanto più piccola di lui che ha un portamento maestoso: i due si cercano e si annusano separati dal recinto dove il cavallo delle meraviglie fa la passeggiata quotidiana.
È probabile che durante la sgambata senta l’eco lontano delle tribune, le grida e gli applausi, forse un po’ di nostalgia. A novembre è stato l’ospite d’onore alla Fiera di Verona, paziente e disponibile, fotografato in mezzo al ministro e al governatore del Veneto. Acclamato dalla folla come un’icona irripetibile. A fine maggio davanti a una torta di mele e carote festeggerà 29 anni, età che corrisponde più o meno ai nostri 85 ma portati splendidamente. E gli metteranno su il disco con la canzone di Enzo Jannacci: Non sentivamo più battere il cuore / Non credevamo arrivasse qualcuno dal vento, dall’ira del mare / Ma ecco che un giorno compare un campione / Come legato a un turbine azzurro / E tutti a gridare un nome solo, forte / Varenne, Varenne, Varenne, très bien. Dedicata al campionissimo, il cavallo che volle farsi uomo.