Con 27 sconfitte consecutive, i Detroit Pistons entrano di diritto nel libro nero della storia della NBA: in 77 anni, nessuna franchigia era riuscita a collezionare così tanti KO di fila.

L’ennesimo “record” terrificante della gestione Gores, il patron che nel 2010 acquistò i Pistons alla “modica” cifra di 325 milioni di dollari. Paradossalmente, dopo tredici anni di nulla, il valore della squadra, ad oggi, si aggira intorno ai 3.2 miliardi. Se da un lato, dunque, c’è una società che nel tempo ha visto salire vertiginosamente le proprie quotazioni, dall’altro c’è una squadra che non riesce più a trovare il bandolo della matassa, nonostante al comando della rosa vi sia il secondo allenatore più pagato della lega, Monty Williams.

Dopo le ottime stagioni sulla panchina dei Suns, che ha riportato in finale dopo quasi 30 anni dall’ultima volta, il coach classe 1971 stavolta si è ritrovato alla guida di una squadra semplicemente non all’altezza della lega in cui gioca. L’attuale roster dei Pistons è figlio di anni ed anni di gestioni scellerate, scelte al draft senza alcun senso logico e trade altrettanto incomprensibili. Ad oggi, l’unico giocatore che ha dimostrato di poter competere in questo campionato è sicuramente Cade Cunningham, che sta viaggiando ad una media di oltre 23 punti a partita. Nelle ultime 5 gare, il numero 2 ha messo a referto 24, 43, 28, 22 e 41 punti, che in ogni caso non hanno evitato la sconfitta ai suoi. Con 2 vittorie e 28 KO, di cui 27 consecutivi, i Pistons, nemmeno a dirlo, hanno il peggior record dell’intera NBA.
Nelle tredici stagioni sotto il comando del patron Tom Gores, Detroi ha collezionato complessivamente 666 sconfitte e 388 vittorie, qualificandosi soltanto due volte ai i playoff, salvo poi essere eliminata sempre al primo turno per 4-0. Numeri drammatici, sportivamente parlando, che sicuramente non rendono onore al blasone dei Pistons, alla loro storia e, soprattutto, agli oltre diciassettemila tifosi che, nonostante tutto, ogni sera popolano gli spalti della Little Caesars Arena, l’impianto che nel 2017 sostituì il leggendario Palace di Auburn Hills. Eppure, c’è stato un tempo, neanche troppo lontano, in cui i Pistons facevano parte dell’élite della lega.

La franchigia del Michigan, nella sua storia, ha vissuto due momenti d’oro: il primo è quello che va dalla metà degli anni ’80 all’inizio degli anni ’90 e che può essere riassunto in due parole: Bad Boys. Quella squadra, guidata dal diabolico ma fenomenale Isiah Thomas in campo e da Chuck Daly in panchina, arrivò alle Finals in tre occasioni, tra il 1988 ed il 1990, vincendo ben due titoli consecutivi. Quei Pistons, odiati dall’intera NBA per il loro gioco fisico, giusto per usare un eufemismo, divennero l’orgoglio della città e della sua classe operaia, che si riconosceva in giocatori come Bill Laimbeer, Joe Dumars e tanti altri. I Bad Boys deposero definitivamente “le armi” nel 1991, arrendendosi solo dinanzi al più grande di tutti i tempi, quel semidio con la canotta numero 23 dei Chicago Bulls.

La seconda grande epopea della storia dei Pistons, invece, è datata inizio anni 2000, quando il sergente di ferro Larry Brown costruì una squadra che in pratica ruotava sui soli 5 titolari, Chauncey Billups, Rip Hamilton, Tayshaun Prince, Rasheed e Ben Wallace. Nel 2004, questo quintetto demolì ciò che restava dei Los Angeles Lakers di Kobe e Shaq, sconfitti alle Finals per 4-1. L’anno successivo, la stessa formazione si arrese solo in gara 7 agli Spurs di Duncan, Parker e Ginobili, sfiorando un clamoroso back-to-back. Una volta finita la dinastia di Billups e soci, Detroit ha iniziato lentamente la sua discesa verso l’anonimato, diventando in pochi anni una delle squadre meno attraenti della lega.
Il fondo, a quanto sembra, la franchigia lo ha toccato definitivamente quest’anno, inanellando 27 sconfitte consecutive: ironia della sorte, stasera i Pistons affronteranno in trasferta i Boston Celtics, la squadra con il miglior record dell’intera NBA. Buona fortuna.