Dopo quattro ori olimpici, la ginnasta statunitense Simone Biles fu costretta a ritirarsi. Erano i giochi di Tokyo del 2020 e la motivazione fu attribuita al twistie, un disturbo psicologico che comporta perdita di equilibrio e controllo del proprio corpo, oltre a una sensazione di smarrimento psico-fisico che fa perdere l’orientamento in aria.
A due anni dallo stop, Biles sembra avere superato il crollo psicologico ed è pronta a tornare in pedana allo US Classic il 5 agosto: una gara di preparazione per i campionati americani di ginnastica in programma a fine agosto a San Jose, in California.
Ancora non è chiaro in quale disciplina Simone deciderà di fare il suo nuovo esordio. Negli Stati Uniti c’è chi ritiene possa provare nel volteggio (che richiede meno tempo di allenamento rispetto ad altre competizioni), mentre altri credono sia più saggio ripartire da trave e parallele asimmetriche.
Per Biles, questa è l’ultima di una serie di sfide iniziate sin dai primi giorni di vita. Quando è nata, la madre tossicodipendente non ha potuto prendersene cura, così come il padre. Simone aveva solo tre anni quando è stata affidata dai servizi sociali a una coppia che non ha mai incoraggiato il suo talento di ginnasta. Dopo un tentativo fallito di riunificazione con la madre, lei e i suoi fratelli sono stati adottati nel 2003 dai nonni materni Ron e Nellie.
È da quel momento che Simone inizia ad allenarsi in importanti palestre americane con impegno ed entusiasmo, fino a quando, il 18 gennaio 2018, diffonde una dolorosa dichiarazione su Twitter in cui conferma di essere stata tra le vittime di abusi sessuali da parte dell’ex medico della Nazionale Larry Nassar, accusando la federazione non solo di non aver fatto abbastanza per proteggerla, ma anche di aver avuto un ruolo nell’averlo tenuto nascosto.
Dopo il matrimonio con il giocatore di football americano Jonathan Owens, la campionessa ha annunciato il suo ritorno alle competizioni e probabilmente parteciperà alle Olimpiadi di Parigi.