È rottura totale tra il presidente della Spal, Joe Tacopina, e la tifoseria biancoblù.
Dopo la retrocessione della squadra in serie C, dopo anni di cadetteria ed alcune entusiasmanti stagioni in serie A, la Curva Ovest ha infatti deciso di voltare definitivamente le spalle all’avvocato di New York, proprietario del club dal 2021.
Una decisione facilmente prevedibile: negli ultimi tempi, i rapporti tra il patron ed i propri sostenitori erano ormai arrivati ai minimi storici. Molto probabilmente, la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato quel dito medio che Tacopina mostrò alla curva durante la gara con il Parma, che sancì la retrocessione aritmetica del club di Ferrara. Ad oltre un mese di distanza da quella partita, in settimana gli ultras estensi hanno quindi spiegato: «I rapporti tra la società che gestisce la Spal e la Curva Ovest Ferrara sono cessati.
Le ragioni di questa decisione crediamo siano chiare a tutti: la totale e sfacciata mancanza di rispetto, avuta in questi mesi verso tutta la tifoseria, ha determinato che non ci fossero le condizioni minime per avere un qualsiasi tipo di rapporto con la proprietà. Detto questo, continueremo, come sempre, a sostenere la squadra con la massima energia. Non vogliamo essere tirati per la giacchetta da nessun dipendente della società con richieste di incontri o qualsiasi genere di contatto. Nella stagione appena terminata con un disastro sportivo che avrà ripercussioni pesantissime, noi abbiamo dimostrato tutto il nostro valore, con i fatti, non con le chiacchiere. Adesso la società dimostri qual è il suo».
Non è la prima volta che l’avvocato newyorkese si ritrova a dover fare i conti con il malcontento della propria tifoseria. Nella sua ormai decennale carriera nel calcio italiano, infatti, il patron statunitense è stato spesso contestato delle diverse Curve dello stivale, come dimostrano anche le esperienze a Bologna, Venezia e Catania.
Negli anni, Tacopina non è stato certo l’unico proprietario americano a ritrovarsi in situazioni di questo tipo. Spesso, infatti, i rapporti tra i presidenti statunitensi e le tifoserie italiane sono stati tutt’altro che idilliaci. Basti pensare all’esperienza, economicamente disastrosa, di James Pallotta alla Roma, culminata con gli addii dei due totem giallorossi, Francesco Totti e Daniele De Rossi, o al momento attuale del Milan, gestito dal gruppo RedBird, capitanato da Jerry Cardinale. Nelle ultime settimane, dopo aver allontanato la leggenda del club Paolo Maldini e venduto Sandro Tonali al New Castle, la nuova società rossonera è stata bersagliata dalle feroci critiche dei propri sostenitori, che hanno inondato i social con l’hashtag «#Cardinaleout».
La sensazione è che spesso le proprietà statunitensi facciano enorme fatica ad integrarsi con i tifosi italiani, soprattutto perché sembrano non conoscere o comprendere realmente la storia dei Club che gestiscono. Naturalmente, vi sono anche delle eccezioni. A Roma, dopo l’addio di Pallotta, Dan e Ryan Friedkin, con l’aiuto di un gigante della comunicazione come José Mourinho in panchina e con una serie di decisioni intelligenti nel settore marketing, sono riusciti a ricostruire un ambiente da brividi allo Stadio Olimpico, perennemente sold out da due stagioni consecutive.