Da “Ricomincio da tre” a “È stata la mano di Dia”.
La Salernitana rovina la festa del Napoli strappando un 1-1, che rimanda di pochi giorni il terzo scudetto nella storia partenopea – il primo di questo secolo e soprattutto il primo senza il ’10’ azzurro per antonomasia: Diego Armando Maradona.
A chiamarsi ‘Maradona’ oggi è però lo stadio in cui 52.000 tifosi hanno dato vita a un (quasi) tripudio azzurro – in un simbolico passaggio di consegne tra il Napoli stellare del presidente Ferlaino e del ‘Pibe De Oro’, e quello altrettanto fenomenale del patron De Laurentiis e del duo Kvaratskhelia-Osimhen.
I ragazzi di Luciano Spalletti hanno atteso pazientemente la rete che ha sbloccato la gara, arrivata su un calcio d’angolo al 62° minuto dopo l’ennesimo affondo dei partenopei nella metà campo granata. Gli azzurri si sono infatti scontrati contro il solido muro difensivo della Salernitana di Paulo Sousa – che per larga parte dell’incontro si è trincerata in difesa praticando il classico schema del ‘chiudersi dietro e ripartire’.
Quando il colpo di testa di Mathías Olivera si è insaccato alle spalle del portiere granata Ochoa, tutto il Maradona è scoppiato in un unico grande grido di gioia. Prima però che i granata, divenuti più spavaldi, pareggiassero clamorosamente i conti all’84° grazie al sinistro del bomber senegalese Boulaye Dia, inchiodando il risultato sull’1-1 finale.


È stato soffocato sul nascere quell’urlo rimasto in gola esattamente per 30 anni e 1 giorno – da quel 29 aprile 1990 in cui il Napoli, battendo la Lazio al San Paolo, conquistò il suo secondo scudetto. Ma che avrà possibilità di riuscire già giovedì prossimo, battendo in trasferta l’Udinese. O addirittura prima, in caso di pareggio o sconfitta della Lazio contro il Sassuolo mercoledì.
Ora come 30 anni fa, nella festa partenopea ci sarebbe potuto infatti essere lo zampino dei biancocelesti (attualmente secondi) – la cui sconfitta per 1-3 a San Siro nel match di mezzogiorno contro l’Inter avrebbe permesso al Napoli di avere la certezza matematica di uno scudetto che non è mai stato peraltro seriamente in discussione.
Tutto il capoluogo campano, addobbato a festa da settimane (in barba alla proverbiale scaramanzia locale), era pronto a partecipare alla festa – dai Quartieri Spagnoli a Piazza del Plebiscito, dalla centralissima Mergellina alla periferica Secondigliano. Anche prima del triplice fischio dell’arbitro Marcenaro, centinaia di migliaia di napoletani erano già scesi in strada con tricolori giganteschi e caroselli.
La doccia fredda dei cugini salernitani ha rovinato i piani. Ma il tripudio è probabilmente stato rimandato solo di pochi giorni.