Quasi quattro gol a partita. È impressionante la potenza di fuoco che il Napoli ha espresso in questo avvio di stagione. La squadra di Maurizio Sarri condivide la testa della classifica, a punteggio pieno, insieme alla Juventus e all’Inter, ma, rispetto alle avversarie, ha dato l’impressione di faticare meno a macinare punti, arrivando con estrema fluidità e facilità al gol.
IL NAPOLI PUNTA I 100 GOL – Con sei reti, il Napoli ha polverizzato il Benevento in un impari derby campano per 6-0, con quattro gol messi a segno in poco più di mezz’ora. In questo campionato la formazione di Maurizio Sarri, oltre a poter puntare allo scudetto, avrà la possibilità di sforare il muro dei 100 gol a stagione. Già lo scorso anno si avvicinò alle tre cifre con 94 reti, impresa mai riuscita in precedenza nella storia della serie A, ben 17 gol in più della Juventus campione d’Italia. Con l’arrivo di Sarri la squadra napoletana ha incrementato la sua prolificità in maniera stravolgente, riuscendo addirittura a migliorare la pericolosità sotto porta, dopo la partenza di Gonzalo Higuain, il giocatore che nel primo anno di Sarri rappresentava quasi un gol su due della squadra (36 le reti del Pipita sulle 80 totali). Nei due campionati con Rafa Benitez in panchina, il Napoli non arrivava agli 80 gol e nelle quattro stagioni ancora precedenti, con Walter Mazzarri, le reti variarono dai 50 ai 73, nonostante la presenza di Cavani e Lavezzi.
MAESTRO SARRI – La cosa paradossale è che il trio di piccoletti, Insigne-Mertens-Callejon, si è trovato insieme quasi per caso, lo scorso anno dopo l’infortunio di inizio stagione di Milik. La rinuncia al centravanti polacco, che avrebbe dovuto sostituire Higuain come terminale offensivo, ha indotto Sarri a spostare Mertens dalla fascia – dove si alternava a Insigne – ad un inedito ruolo di prima punta. Un falso nueve alla Messi che ha trovato la rete in 28 occasioni, una sola in meno del capocannoniere Edin Dzeko. Non sono pochi a vedere una somiglianza proprio con il vecchio tridente del Barcellona, Messi-Neymar-Suarez. E non sono pochi gli attestati di stima che Sarri raccoglie in giro per il mondo. A gennaio scorso Cesare Prandelli disse: “In Spagna il Napoli fa paura. Le dico solo che, quando nello spogliatoio abbiamo visto le partite di Champions, i giocatori mi hanno detto: ‘Questa è la squadra più forte d’Europa!’”. Il giornale francese L’Equipe ha descritto “il maestro atipico di Napoli”, per gli inglesi di FourFourTwo Sarri è il 14° miglior allenatore al mondo e in Argentina il giornale Olé ha dedicato un articolo al “Fenomeno Sarri”. Anche il sito di informazione calcistica, Squawka, su Instagram ha interrogato i suoi followers su quale sia il tridente più pericoloso in Europa, proponendo cinque possibili risposte: Barcellona (Messi-Suarez-Dembele), Real Madrid (Ronaldo-Bale-Benzema), Liverpool (Mané-Salah-Firmino), Paris Saint-Germain (Cavani-Neymar-Mbappé) e appunto il Napoli.
DILEMMA HAMSIK – Sarri però dovrà rivitalizzare il suo capitano Marek Hamsik, il giocatore innamorato di Napoli e che punta a diventare quest’anno il miglior goleador della storia del club. Sono solo due i gol che lo separano da Maradona: 113 contro 115. “Maradona è Dio, ma voglio il suo record e lo scudetto” ha dichiarato una settimana fa alla rivista tedesca Kicker. Per la prima volta in stagione, ieri, lo slovacco ha giocato tutti i 90 minuti della sfida con il Benevento. Nelle altre sei partite – tra campionato e Champions – Sarri lo aveva sempre sostituito dopo una settantina di minuti, per lo scarso stato di forma. E a chi chiedeva di lasciare spazio a Zielinski il tecnico ha risposto lapidario: “Per me Marek è un giocatore insostituibile, anche quando non è al massimo”.
UN SALUTO A BERSELLINI – L’allegria della giornata di campionato è stata condizionata dalla notizia della morte di Eugenio Bersellini, allenatore di Inter, Torino, Fiorentina e altre squadre. Particolarmente commovente il ricordo di Evaristo Beccalossi (“Lo so che ti ho fatto disperare Eugenio, hai fatto di tutto per me, ritiri, multe, diete, cazziatoni, allenamenti differenziati, ore nello spogliatoio io e te. Tutto questo per farmi capire come mi dovevo comportare per arrivare in alto, mi arrabbiavo, ma poco o tanto che ho fatto lo devo a te, tutto questo con grande amore nei miei confronti …grazie di tutto mister”), che con il “sergente di ferro” in panchina vinse uno scudetto all’Inter.