È tutto molto veloce. E, per molti professionisti della sanità, forse un po’ troppo.
Negli ambulatori di mezzo mondo si fa strada l’intelligenza artificiale generativa. Medici e infermieri la utilizzano sempre più spesso per supportare le diagnosi e stabilire i trattamenti. Ma mentre la tecnologia avanza, cresce anche la distanza tra operatori sanitari e pazienti: i primi segnalano mancanza di tempo e strumenti, i secondi si affidano sempre più a chatbot e motori diagnostici per tentare di capire da soli cosa li affligge. Con effetti collaterali tutt’altro che trascurabili.
Lo rivela la nuova edizione dell’indagine internazionale Clinician of the Future 2025, condotta da Elsevier Health su un campione di oltre duemila professionisti sanitari (1.781 medici e 425 infermieri). Il quadro che emerge è quello di un sistema sotto pressione: il 69% dei medici intervistati dichiara di assistere oggi un numero di pazienti maggiore rispetto a due anni fa, e quasi uno su due (47%) ammette che la stanchezza ha avuto ricadute negative sulla qualità delle cure. Il 28% afferma esplicitamente di non riuscire a dedicare abbastanza tempo a ogni singolo paziente.
In questo vuoto si è inserita con forza l’intelligenza artificiale. Secondo il 51% degli operatori, nel giro di due o tre anni la maggior parte dei pazienti preferirà autodiagnosticarsi online utilizzando ChatGPT e affini piuttosto che rivolgersi a un medico in carne e ossa.
Il problema però è che la tecnologia, per quanto sofisticata, non è infallibile. Il 74% dei medici statunitensi coinvolti nell’indagine denuncia che la disinformazione sanitaria, amplificata proprio dai sistemi AI accessibili al pubblico, ostacola l’aderenza dei pazienti ai trattamenti prescritti. Più della metà (53%) riferisce di dover impiegare parte del tempo delle visite per correggere convinzioni errate maturate da chi arriva già con una “diagnosi” letta online.
Eppure, paradossalmente, è lo stesso mondo sanitario a non essere pronto per un’adozione diffusa dell’AI. Se il 95% dei professionisti riconosce che l’intelligenza artificiale può migliorare concretamente le attività cliniche, solo il 16% dichiara di utilizzarla oggi per prendere una decisione. Un altro 48% si dice interessato a integrarla nel proprio lavoro, ma lamenta l’assenza di formazione adeguata. Solo il 30% ha ricevuto un vero addestramento, e appena un terzo ritiene di avere accesso sufficiente agli strumenti necessari.
Il mercato, intanto, si muove. Nel 2024 il comparto globale dell’AI applicata alla sanità è stato stimato in oltre 26 miliardi di dollari, con una proiezione che supera i 187 miliardi entro il 2030.