Dalla diagnosi alla cura in meno di sette mesi. È il tempo record impiegato da un gruppo di medici e scienziati americani per realizzare una terapia genetica su misura destinata a un solo paziente: un neonato colpito da una rara e letale patologia metabolica. Il caso, pubblicato sul New England Journal of Medicine, rappresenta la prima applicazione documentata di editing genetico costruito ad hoc per un singolo individuo.
Il piccolo Kyle “KJ” Muldoon Jr., nato nell’agosto scorso, presentava un’anomalia genetica particolarmente rara, una singola mutazione nel gene CPS1 che compromette la produzione di un enzima fondamentale. Il difetto, identificato nelle prime settimane di vita, impediva al fegato di smaltire l’ammoniaca, con un rapido accumulo tossico nel sangue e rischi altissimi di danni neurologici o decesso precoce, a meno di un trapianto epatico.
A guidare lo sforzo terapeutico è stata la dottoressa Rebecca Ahrens-Nicklas, specialista in malattie metaboliche presso il Children’s Hospital di Philadelphia. “Probabilmente questo farmaco non verrà mai più utilizzato”, ha spiegato, sottolineando l’eccezionalità di un trattamento ideato per un solo paziente. La complessa operazione ha coinvolto oltre 45 tra medici, ricercatori e tecnici, con il contributo gratuito di diverse aziende biotech.
A realizzare il principio attivo è stato il team del professor Kiran Musunuru, genetista dell’Università della Pennsylvania. Il gruppo ha sfruttato una tecnologia di ultima generazione, il base editing, capace di sostituire una singola lettera del DNA nel punto esatto dove si trova l’errore. Un salto qualitativo rispetto alla CRISPR tradizionale, finora impiegata prevalentemente per disattivare geni, non per correggerli.
“Non credo di esagerare se dico che questo è il futuro della medicina”, ha dichiarato Musunuru. “Il mio auspicio è che, un giorno, nessun paziente debba più morire per un errore ortografico nel proprio genoma: potremo correggerli tutti”.
Dopo aver ottenuto il consenso dei genitori del bambino, Nicole e Kyle Muldoon, i ricercatori si sono lanciati in una corsa contro il tempo: progettare il farmaco, testarlo in laboratorio, ottenere l’autorizzazione in via eccezionale dalla FDA (Food and Drug Administration) e infine somministrarlo. KJ ha ricevuto tre dosi della terapia genica, a intensità progressiva. Nessuna complicazione è stata rilevata finora, ma per valutare l’efficacia del trattamento servirebbe una biopsia epatica, troppo rischiosa da eseguire al momento.
Ahrens-Nicklas, tuttavia, ha osservato segnali incoraggianti: “Sta crescendo, sta bene. Crediamo che il trattamento abbia attenuato la gravità della malattia, anche se è troppo presto per trarre conclusioni definitive”. Il bambino mostra segni di miglioramento e, secondo i medici, potrebbe trovarsi ora in una forma più lieve del disturbo originario.
Sebbene la tecnologia permetta ormai interventi di straordinaria precisione, resta l’ostacolo dei costi: sviluppare una terapia su misura richiede risorse paragonabili a quelle di un trapianto di fegato, che negli Stati Uniti può superare gli 800.000 dollari, esclusi i trattamenti successivi.
Per ora, le aziende biotecnologiche si concentrano sulle malattie genetiche più comuni, come l’anemia falciforme, perché i numeri garantiscono un possibile ritorno economico. Patologie ultra-rare come quella di KJ restano escluse dai piani industriali. “In realtà, questo farmaco è stato creato sapendo che non ci sarà un mercato”, ha detto Musunuru, che sta lavorando con alcuni centri universitari americani ed europei per standardizzare il processo e ridurre tempi e costi.
Intanto, il successo iniziale ottenuto con KJ spinge molti esperti a chiedere un ripensamento dei modelli di sviluppo clinico. L’idea di un futuro in cui un bambino malato possa entrare in una clinica, farsi sequenziare il DNA e ricevere un trattamento personalizzato nel giro di poche settimane non sembra più un’utopia.
“È un passo importante, ma dobbiamo ancora capire come renderlo accessibile a più persone”, ha aggiunto Musunuru. Per ora resta un’impresa irripetibile. Ma da quella singola lettera corretta nel genoma di un neonato potrebbe iniziare una nuova pagina della medicina.