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Scienza e Salute
January 4, 2022
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Omicron, un’opportunità per avvicinare la fine della pandemia

L'ultima variante Covid-19, associata all’avanzare della campagna vaccinale, potrebbe creare immunità naturale. Ma che succederà con i ceppi futuri?

Antonio GiordanobyAntonio Giordano
Omicron, un’opportunità per avvicinare la fine della pandemia

Omicron, la variante del coronavirus individuata in Sudafrica

Time: 2 mins read

Come osservato nelle ultime settimane, la variante Omicron ha sparigliato ogni aspettativa, crescendo vertiginosamente e soppiantando la variante Delta. Scoprire che Omicron non induce malattia grave nella stragrande maggioranza dei casi, ha lasciato spazio all’intuizione che possa realmente porre la parola fine alla Pandemia come fenomeno sociale, con relative restrizioni e collasso economico di molti settori, aprendo la strada ad una convivenza col virus, che depotenziandosi, pur di sopravvivere ed adattandosi all’uomo, non uccide, ma diventa endemico, e quindi meno pericoloso.

L’esposizione ad Omicron, così massiccia, porterà nelle prossime settimane a numeri di contagi elevatissimi, e pur consapevoli che solo adottando le vecchie regole sulle quarantene abbiamo evitato il blocco totale di servizi essenziali, siamo certi che ciò rappresenti la “vera buona notizia” da inizio pandemia: la variante Omicron potrebbe creare immunità naturale che, associata all’avanzare della campagna vaccinale, ci traghetterà verso una “nuova normalità”, più consapevole, in cui potremmo riprenderci gli spazi e il quotidiano che ci sono stati negati in questi ultimi due anni. Una immunità così ampia potrebbe consentirci anche, con buona probabilità, una potente protezione contro i “ceppi futuri”, poiché l’evoluzione del virus lo ha declassato ad una” forma influenzale che non colpisce i polmoni”, come nelle precedenti varianti alfa, inglese e delta, che ha tempi di incubazione e di guarigione relativamente brevi e con minor carico delle strutture sanitarie e delle terapie intensive.

Una manifestazione noVax a Union Square, New York – Foto di Terry W. Sanders

Ciò non vuol significare “un liberi tutti”, perchè quello che abbiamo vissuto personalmente o in famiglia o che abbiamo anche solo visto in televisione o intorno a noi in questo difficile periodo, lo dobbiamo custodire profondamente e da esso imparare a ricominciare e a porre le basi per una convivenza civile migliore, sentirla come una dolorosa pagina, ma come una grande opportunità. Continueremo infatti, ad utilizzare dispositivi di sicurezze e cautela, per un dato tempo, e tutti comunque porteremo il segno della libertà negata, degli abbracci mancati, degli addii solitari fuori dagli ospedali, dei funerali in forma ridotta, delle feste a cui non abbiamo potuto partecipare, dei giorni di scuola e dei giochi che i nostri figli hanno perso.

Questa pandemia ci ha profondamente cambiati, ci ha insegnato la precarietà, la restrizione, ci ha lasciati in preda alla paura, ma ci ha dato un coraggio che non sapevamo di avere e un maggiore attaccamento alla vita e in alcuni casi, ci ha aiutati a stabilire e rinnovare le nostre personali priorità. Siamo diventati una comunità, ci siamo sentiti una Nazione, abbiamo sperimentato la solidarietà e questi sono semi che dobbiamo aiutare a crescere e a fiorire, in questo che sarà una “nuova era di convivenza” con virus sempre nuovi che arriveranno, a cui però saremo pronti, poiché in questi anni abbiamo imparato a gestire l’Emergenza. La creazione di farmaci antivirali mirati ed efficaci in arrivo, infine, ci lascia ben sperare che la scienza e l’esperienza acquisita ci proteggeranno per un più sereno futuro prossimo.

 

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Antonio Giordano

Antonio Giordano

Sono nato nel '62 a Napoli dove mi sono laureato in Medicina e Chirurgia. Sono direttore dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine della Temple University di Philadelphia dove vivo con la mia famiglia. Dal 2004 sono professore per “chiara fama” all’Università di Siena. Di me dicono che abbia una certa esperienza nella genetica del cancro e nella regolazione del ciclo cellulare. Di sicuro c'è che i miei studi hanno contribuito alla comprensione di alcuni dei meccanismi alla base dello sviluppo del cancro e al disegno di una nuova generazione di farmaci. Ho all'attivo oltre 600 pubblicazioni e più di 30 premi. Sono appassionato della squadra di calcio del Napoli. www.drantoniogiordano.com www.shro.org Antonio Giordano is Professor of r Biology at Temple University in Philadelphia where he is also Director of the Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine. He is also ‘Chiara Fama’ Professor of Pathology at the University of Siena, Italy. His research interest includes both molecular and translational mainly focused on cell cycle deregulation in cancer. Dr Giordano identified a tumor suppressor gene, Rb2/p130, that has been found to be active in lung, endometrial, brain, breast, liver and ovarian cancers and also discovered Cyclin A/p60, Cdk9, and Cdk10. Cdk9 is known to play critical roles in HIV transcriptions, inception of tumors, and cell differentiation,[3] They also play a part in muscle differentiation and have been linked to various genetic muscular disorders. He has published over 600 articles and received over 40 awards for his contributions to medical research.  www.drantoniogiordano.com www.shro.org

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