Mentre le limitazioni che ci hanno impegnato nell’ultimo biennio si avviano ad essere dimenticate, la società si interroga sul futuro, scomponendo la trama dei suoi progetti, cercandoli, per recuperarli dove li aveva lasciati. È un esercizio oltre che necessario, anche urgente, prima che la ripresa delle attività ci colga impreparati. Niente di nuovo sotto il sole: abbiamo già vissuto queste situazioni.
Ma oggi è diverso. Il futuro verso cui ci avviamo non è incidentale, collaterale, strumentale, al servizio delle nostre esigenze, ma sviluppa necessità accresciute ed autonome, gestendole come, se non meglio, di quanto faremmo noi, ed avviandole a prospettive inattese.
Lo sviluppo digitale che abbiamo seminato negli ultimi vent’anni, si è lentamente evoluto in un giardino incantato dove ci siamo rifugiati durante il confinamento, oggi difficile da abbandonare, ma che dobbiamo evitare diventi un’inquietante selva oscura, un labirinto inestricabile in cui regredire da protagonisti a spettatori di quanto ci circonda. È quanto ricorda lo studio “Il decalogo delle innovazioni che secondo McKinsey influenzeranno lo sviluppo tecnico del nostro decennio” preparato da McKinsey & Co., la più nota fra le multinazionali americane attive nella consulenza strategica, e segnalato dal World Economic Forum, uno dei principali centri di ricerca socio-economica internazionali.

Il decennio in corso porterà un progresso tecnologico superiore a quello che abbiamo sviluppato nell’intero ultimo secolo. È un’evoluzione guidata da innovazioni soprattutto tecnico-informatiche, una decina secondo gli esperti, che superano pregiudiziali e abitudini cui siamo talmente assuefatti da scordarcene.
McKinsey ricorda che nei soli ultimi tre mesi del 2019 l’e-commerce, la compravendita online, ha silenziosamente raggiunto volumi che in condizioni normali avrebbe impiegato un decennio a consolidare. Questo non è che un semplice esempio di quanto sia urgente individuare i filoni di sviluppo più redditizi ed innovativi che stanno per rivoluzionare il nostro sistema economico, sociale, e di riflesso anche industriale.
Il decalogo di queste innovazioni comincia dalla automazione, la virtualizzazione dei cicli produttivi che entro il 2030 si avvia a trasformare il 50% delle attuali procedure. “Già entro il 2025”, avvertono i ricercatori, “oltre 50 miliardi di dispositivi digitali seguiranno i protocolli dell’Industrial Internet of Things-IIoT”.
Ovvero: la filiera produttiva sta per acquisire competenze decisionali autonome. L’insieme di innovazioni come robotizzazione, automazione e produzione tridimensionale 3-D, la creazione tridimensionale di oggetti, aumenteranno la fattura annuale delle memorie digitali utili a gestirle sino a 79.4 zettabytes, ottanta miliardi di terabytes. Queste evoluzioni sollecitano anche un pari sviluppo delle connessioni digitali, utile non solo a padroneggiare la alleanza di tecnologia 5G ed Internet delle Cose-IoT, le macchine che pensano da sole, ma utile anche per il loro controllo a distanza lungo tutta la value chain, la valorizzazione del prodotto.

“I progetti collegati alla mobilità, alla medicina, al commercio ed alla produzione”, prevedono gli esperti di McKinsey, “entro il 2030 porteranno la capacità e soprattutto la redditività produttiva, il prodotto interno lordo mondiale, a raddoppiare dagli attuali 1.2 a 2 milioni di miliardi di dollari”.
Questo consentirà uno sviluppo digitale della produzione sia orizzontale, territoriale, sia anche verticale, strategico. “Entro il 2022”, prosegue il report, “il 70% delle aziende gestirà le sue risorse informatiche tramite archivi digitali, clouds”, le nuvole di memoria sospese in un universo digitale libero da confini e tasse,“con un incremento per ogni azienda di flessibilità, innovazione, procedure interne, costi e sicurezza digitale”.
Conseguenza logica di queste applicazioni è un pari incremento di capacità decisionali, che si svilupperanno in modalità artificiale: “la nuova generazione di computers”, avverte McKinsey, “risolve i problemi che assillano scienziati e società civile, ma parimenti sviluppa la economia. Questo coinvolgerà non solo settori come finanza, viaggi e turismo, movimentazione di merci, logistica, tecnologie avanzate, interscambio di materie prime ed energia, ma anche tutte quelle ulteriori attività gestite da dati sensibili che saranno da proteggere quando la intelligenza artificiale inizierà ad usarli in modo autonomo”.
Facciamo una sosta, ricordiamolo: la intelligenza artificiale-AI, da noi creata ad immagine e somiglianza delle nostre competenze, si appresta a migliorarle in modo autonomo, indipendente.

Semplificando, la intelligenza artificiale si appresta a crearne di nuova, altrettanto artificiale. Niente di male, almeno in teoria. Non fosse che, in pratica, la dotazione di memoria usata dalla AI è infinitamente superiore a quella umana, e raggiunge risultati che noi possiamo solo ipotizzare.
Quindi, osserva il report di McKinsey, “prepariamoci ad applicazioni digitali oltre che più performanti, organizzate anche meglio di quanto noi potremmo fare” e forse controllare.
Non è che l’inizio di una evoluzione anche di necessità: perché delle competenze immateriali, oltre che servircene, dobbiamo anche fidarci, e dovremo governarle tramite una trust architecture, regole in cui crediamo.
“Nel 2019”, avvertono gli esperti, “sono stati violati oltre 85 miliardi di dati, e gli attacchi informatici sono in continua evoluzione”. Ad offrire le migliori garanzie per ora è la tecnologia blockchain, con i suoi registri digitali costantemente visibili e controllabili dagli internauti.
“Oltre a ridurre le attività degli hackers”, prosegue McKinsey,” la trust architecture consente un controllo dei costi della sicurezza digitale, e parimenti incrementa capacità e volumi degli scambi economici. “ Anche in questo caso, le innovazioni digitali hanno risvolti tecnici e pratici sui nostri stili di vita, sui nostri consumi, e sul rapporto di tutto questo con l’eco-sistema ambientale in cui viviamo e da cui dipendiamo: in modo circolare, attivando una serie di bio-innovazioni.
In particolare, la analisi digitale del DNA, delle predisposizioni caratteriali e genetiche degli individui, consente di allestire terapie sanitarie e strategie alimentari in modo mirato, ma solleva altrettante perplessità in linea di principio: “le amministrazioni pubbliche e private devono iniziare a regolamentare l’accesso al patrimonio biologico delle persone, al loro quoziente biologico-bQ, ed eventualmente allineare queste attività ai protocolli in uso presso i laboratori di ricerca o le start-up”.

Tutti sappiamo, o possiamo presumere per esperienza condivisa tramite le recenti cronache, cosa accadere quando le attività di ricerca sfuggono ai controlli imposti agli scienziati impegnati in attività di laboratorio.
L’esperienza insegna che questi errori vanno evitati in anticipo ricorrendo anche a materiali di nuova generazione: conduttivi di energia, resistenti ma flessibili, e disponibili in nano-dimensioni, come il molibdeno, ed il grafene, già noti dai tempi dei transistors, ed ora aggiornati.
L’uso di questi materiali, osserva McKinsey, “apre le porte non solo a nuove procedure industriali”, ma ne migliora anche il loro utilizzo sostenibile negli ambiti più svariati: nelle energie rinnovabili, nell’abbattimento degli inquinanti della mobilità veicolare, nella efficienza energetica degli edifici, nell’uso responsabile delle risorse idriche.
Questi i pilastri, ricorda McKinsey, di innovazioni tecniche pronte ad evolversi in modo circolare, in linea con le nostre necessità, aspettative, benessere, possibilità di controllo anche in una prospettiva ambientale. In tal modo, conclude il report, avremo a disposizione più energia sostenibile, più green energy.
Tuttavia questo esercizio sarà utile non solo alle nostre società, ma anche alle esigenze avanzate dalle nuove tecnologie digitali con cui dovremo convivere e che, ricordiamolo, ormai chiedono una attenzione pari a quella degli individui.