Nata nell’ottobre 2016, Bio NÆT è una start-up innovativa che si avvale di una particolare tecnologia estrattiva in grado di ottenere prodotti ad alto contenuto di antiossidanti a partire da matrici solide. La società, con sede nel Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università Federico II di Napoli, è stata fondata da un gruppo di ricercatori in seguito a diverse esperienze accumulate nel settore, coronate dall’assegnazione di due premi al concorso EcoTrophelia 2015. Da allora, il team costituito da Pierpaolo Scarano (CEO), Ilaria Sorrentino (R&D e Quality Analyst), Davide Luglio (R&D), Mario Raiola (Project Manager) e dalla dottoressa Simona Giacobbe (R&D e Relazioni Pubbliche e Istituzionali), ha sviluppato il progetto e definito gli obiettivi principali grazie alla supervisione del professor Daniele Naviglio (docente di chimica analitica).
Bio NÆT intende recuperare molecole di interesse biologico a partire da materie prime seconde, valutando, in aggiunta, un possibile impiego primario delle matrici solide ormai esauste nel settore tessile e agricolo, nell’industria cartiera e della mangimistica animale. Tale procedimento consente di adottare un’economia di tipo circolare, favorendo il reintegro nella biosfera dei materiali biologici e la valorizzazione dei materiali tecnici.
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Fondamentale in questo processo è una macchina brevettata che prende il nome dal suo inventore, ovvero il Naviglio Estrattore: utilizzato per produrre bevande grazie a un’estrazione solido-liquido tramite pressione, segue lo stesso procedimento usato per realizzare il limoncello, ma con tempi nettamente più vantaggiosi. Infatti, le bucce di limone richiedono generalmente dai 25 ai 40 giorni per raggiungere il punto ideale di macerazione, mentre con il suddetto strumento, il prodotto è pronto in massimo tre ore. Il sistema è lo stesso: bucce e alcol etilico vengono messi sotto pressione di circa dieci atmosfere per quattro minuti, permettendo al liquido di penetrare nelle scorze con azioni di statica e di dinamica, in maniera molto più efficace rispetto al processo tradizionale. La pressione, abbassata rapidamente, provoca quindi un effetto di risucchio delle sostanze libere che si trovano all’interno delle bucce, estraendole più velocemente. L’operazione viene ripetuta più volte e in tre ore il limoncello è pronto.

Il team Bio NÆT è inoltre detentore di cinque trofei vinti nel maggio 2017 nell’ambito della seconda edizione di We Start Challenge, contest nato con l’intento di premiare le start-up nel “Social Impact”. Successivamente l’azienda ha partecipato al 34° NAStartUpDay ed è stata ospite di diversi eventi, come il Napoli StartUp Weekend, il TechnologyBIZ e il PMI4StartUp.
In visita presso i laboratori di Monte Sant’Angelo, dove BioNÆT conduce le sue attività di ricerca, ho avuto modo di conoscere e di fare due chiacchiere con alcuni dei protagonisti di questa storia. Simona, Pierpaolo e Mario, co-fondatori della società, hanno risposto ad alcune mie domande.

Com’è nata l’idea di fondare una start-up e in che modo avete scelto i componenti del gruppo?
Simona: “BioNÆT è nata sull’onda dell’entusiasmo. Nel 2015, dopo aver vinto la competizione EcoTrophelia Italia su cibi innovativi ed esserci classificati secondi alla rispettiva edizione europea, abbiamo deciso di dare un seguito a quello che fino ad allora era stato solo un gioco tra i banchi di laboratorio. Abbiamo partecipato all’evento in quattro, ma l’intero gruppo di ricerca e amici ha dato un enorme supporto. L’azienda oggi è rappresentata da quelli che hanno deciso di restare perché per loro era giunto il momento di fare sul serio. Ovviamente ci siamo scelti a vicenda, avendo competenze simili ma al tempo stesso così diverse da poterci aiutare e diversificare le attività della società”.
Mario: “L’idea è nata dopo il successo di EcoTrophelia per provare a trasformare un’idea premiata da professionisti del settore in un’impresa che potesse confrontarsi con il mercato. Io, che fino a quel momento ero consulente esterno del gruppo, sono stato invitato a entrare nella squadra a pieno titolo”.
La vostra azienda ha pochi anni di vita e vanta già molti riconoscimenti. Qual è per voi quello più significativo?
Simona: “Personalmente ritengo che il grande riscontro ottenuto durante la seconda edizione di We Start Challenge sia stato quello più gratificante. Abbiamo vinto l’edizione e ottenuto diversi premi perché la nostra idea è piaciuta molto al pubblico di esperti. È stata senza dubbio una delle vittorie più faticose e desiderate a cui potessimo aspirare all’inizio della nostra avventura”.
Pierpaolo: “Concordo pienamente. È stato senza dubbio il concorso We Start Challenge II Ed. a dare il là al nostro confronto con una vera e propria realtà di business”.
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Il mondo delle start-up ha dimostrato il grande entusiasmo e la voglia di fare che risiede in tanti giovani di talento. Qual è secondo voi il segreto di un’idea vincente?
Simona: “Sicuramente saper rispondere a un’esigenza reale. Credo però che come ingredienti vincenti siano indispensabili il desiderio di migliorare e la volontà di farcela”.
Pierpaolo: “Il segreto di un’idea vincente risiede sia nella novità dell’idea, sia nella necessità di risolvere un problema. Trovare una soluzione a livello industriale, per esempio, significa il più delle volte risparmiare e, quando si parla di soldi, i clienti sono sempre disposti ad ascoltarti”.
Mario: “Lavorare su ciò che si conosce davvero, senza inseguire la moda del momento e avere anche il coraggio di rischiare di sbagliare”.

Pro e contro dell’essere una start-up?
Simona: “Ci sono diversi pro, come un’organizzazione delle attività più pratica e veloce rispetto alle normali società, e il poter contare su un team fatto di persone giovani e qualificate. I contro sono legati ad orari pressoché inesistenti, il ché richiede molta flessibilità. Inoltre, si è meno tutelati perché tutto è in divenire e il futuro è molto incerto. Per noi scienziati forse il maggiore svantaggio consiste nel dover fare business a tutti i costi, rapportandoci con il mondo esterno e non con il più confortevole mondo universitario a cui siamo abituati”.
Mario: “Abbandonando l’ambiente protetto della ricerca, ci si trova a fare i conti con il mercato reale che, senza molti scrupoli, evidenzia ogni punto debole di un’idea apparentemente bella, ma in parte irrealizzabile. Questo è un vantaggio perché consente di sviluppare il proprio progetto, ma è anche un limite, in quanto non sempre è facile rinunciare, in toto o in parte, a un’idea che sulla carta sembrava meravigliosa”.


Ritenete che l’Italia si trovi un passo indietro rispetto ad altri Paesi del mondo?
Simona: “Sì, dalle storie di altre start-up che abbiamo avuto modo di ascoltare in questi anni, il nostro Paese è ancora molto indietro. Tuttavia, l’Italia sta facendo dei passi avanti e il numero delle start-up sta crescendo notevolmente. Siamo più di ottomila”.
Pierpaolo: “Attualmente in Italia, Paese in cui si parla spesso di fuga di cervelli, si sta diffondendo un fenomeno capace di mettere in luce le vere potenzialità dei giovani che hanno idee e che, con i mezzi giusti, portano alla ribalta grandi innovazioni. Le start-up sono sicuramente alle prime armi e chi ne fa parte non conosce tutte le sfaccettature di questo nuovo business, ma sono sicuro che pian piano assisteremo a dei grandi progressi”.
Avete programmi e obiettivi ambiziosi per il futuro?
Pierpaolo: “Al momento i progetti che stiamo seguendo sono tanti e ognuno ha il suo grado di innovazione. Quello che però ci preme veramente è vedere sul mercato la bevanda ecosostenibile con la quale tutto è iniziato e che non si è fermata al tempo del concorso EcoTrophelia, ma si è rinnovata e ampliata fino a diventare una linea del nostro catalogo prodotti”.
Mario: “Abbiamo capito di essere bravi a livello di ricerca e sviluppo, ma di non avere la forza economica per entrare da soli nel mercato delle bevande di larga distribuzione; per questo motivo, l’obiettivo principale è trovare un partner industriale con il quale stabilire un’alleanza finalizzata all’ingresso sul mercato dei nostri prodotti innovativi”.