Il suo nome impazza in rete nelle ultime ore, tutti a cercare di capire la portata e le implicazioni delle sue scoperte scientifiche, quelle per cui l’Italia “una volta tanto” è sulla bocca di tutti per il genio e l’inventiva, ancora cifre distintive del Belpaese nel mondo, nonostante tutto: Alessio Figalli è tra i quattro vincitori della Medaglia Fields 2018, considerata il Nobel per la Matematica, il più importante riconoscimento conferito annualmente ai matematici under 40 del globo.
L’annuncio è arrivato oggi, in apertura del 28esimo International Congress of Mathematicians a Rio De Janeiro, dove il 34enne romano, professore ordinario al Politecnico di Zurigo, è stato insignito del premio “per i suoi contributi al trasporto ottimale, alla teoria delle equazioni derivate parziali e alla probabilità”: dopo 44 anni dal trionfo di Enrico Bramieri, Figalli riporta in Italia la medaglia per la seconda volta.
“Questo premio mi dà tantissima gioia, è qualcosa di così grande che mi risulta difficile credere di averlo ricevuto – ha spiegato il matematico a Repubblica – è un grande stimolo per il futuro, che mi motiverà a continuare a lavorare nei miei settori di ricerca per cercare di produrre studi di altissimo livello”.
Al quotidiano del gruppo GEDI ha poi precisato: “Non sono andato via perché l’Italia non mi ha voluto. Mi sono ritrovato ad essere cittadino del mondo più per caso che per altro, quando gli altri Paesi mi hanno dato occasioni ben prima di quando ci si potesse immaginare. Certo, l’Italia deve riuscire a dare a chi va all’estero le occasioni per poter ritornare con posizioni adeguate, cosa che al momento non succede“.

Nato nella Capitale il 2 aprile 1984, Figalli si forma in Italia: dopo gli studi classici al liceo “Francesco Vivona” nel quartiere Eur, si laurea alla Normale di Pisa, in anticipo di un anno sul piano di studi. Consegue quindi un dottorato di ricerca (PhD), perfezionando gli studi a Lione, presso l’École normale supérieure. La Francia diventa il suo Paese d’adozione: vince il concorso da ricercatore al Centre nationale de la recherche scientifique (il Cnr francese) e diventa professore all’École polytechnique di Parigi. Poi il volo oltreoceano, fino a Austin, dove viene assunto come professore associato all’Università del Texas, che nel 2013 lo nomina titolare della cattedra Robert Lee Moore: è negli Usa che si dedica alle equazioni derivate parziali, prima di approdare in Svizzera, dove è docente dal 2016.
Al suo attivo, al momento, ben 140 pubblicazioni. Le sue equazioni e i suoi teoremi mirano a risolvere i problemi più svariati, con applicazioni ingegneristiche e fisiche che spaziano dall’urbanistica all’economia, permettendo anche una maggiore comprensione dei fenomeni naturali. Grazie al suo lavoro, ad esempio, è possibile fare previsioni metereologiche più accurate: lo si deve alle ricerche nell’ambito del trasporto ottimale, che studia la maniera più efficiente di trasportare gli oggetti da una parte all’altra. Oggetti che possono essere anche particelle, come quelle di cui sono composte le nuvole. Figalli ha inoltre studiato la deformazione dei cristalli al variare della temperatura.
“Ho lavoro per i prossimi 30 o 40 anni – è stato il commento a caldo di Alessio Figalli dopo aver ricevuto la Fields – Ma c’è un problema che spero davvero di risolvere presto, vivere insieme a mia moglie, nella stessa città”.
Le congratulazioni per lui sono fioccate da più parti, dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte alla sindaca di Roma, Virginia Raggi.
Persino il ministro della Ricerca e dell’Innovazione francese, Frédérique Vidal, ha voluto complimentarsi con il matematico italiano per il prestigioso riconoscimento:
“Alessio Figalli ha dato prova, nelle varie tappe della sua carriera scientifica, di una precocità eccezionale – si legge nel comunicato stampa diramato da Vidal – I suoi lavori aprono prospettive d’applicazione importanti nell’ambito dell’economia, della chemiotassi, della meccanica dei fluidi, dei materiali porosi e della fisica quantistica […] Un grande riconoscimento che testimonia la grande influenza delle scienze matematiche francesi e italiane”.
Per Luigi Ambrosio, che ne ha seguito la formazione, il vincitore della medaglia Fields “è un problem solver di eccezionale talento”, con “velocità e profondità nell’assimilazione dei lavori dei matematici che ci hanno preceduto, inventiva”. Un profilo professionale che, aggiunge, è completato da una “personalità al tempo stesso carismatica e di grande equilibrio, che lo rende un collega benvoluto e stimato da tutto il nostro ambiente e un ambito collaboratore nelle ricerche”.
Fra i meriti riconosciuti a Figalli, anche le migliorie alle teorie sulle frontiere libere. E mentre dalle colonne de Il Foglio arriva il simpatico invito a fermare per tempo “il leghista, prima che possa intimargli di ‘Prenderseli lui a casa i migranti’, o di “mandarli a Capalbio”, c’è chi in rete si chiede soprattutto se in Italia il suo lavoro, alla sua giovane età, avrebbe avuto i medesimi riconoscimenti che ha meritatamente ottenuto altrove. O se non sarebbe finito nel calderone dei “choosy” o dei “bamboccioni” in cui il ministro di turno, con la faciloneria che contraddistinge da un bel pezzo la classe politica italiana, ha puntualmente infilato i giovani della sua generazione. Gli stessi che con l’assegno da mille euro, sempre che il dottorato preveda la borsa, non ci pagano manco l’affitto. Altro che ricerca da Premio Nobel et similia.