Frasi toccanti che rivelano la profondità dell’uomo, anche nell’ora dello strappo tra Alessandro Michele e Gucci. Sono quelle che il creativo che ha rivoluzionato la moda rendendola libera e inclusiva come nessuno, lo stilista che ha riletto e valorizzato il Dna del marchio fondato a Firenze nel 1921 da Guccio Gucci e diventato alfiere di ogni fantasia e azzardo nel fashion, ha rivolto a collaboratori e maestranze ma certo anche ai suoi fans nelle frasi d’addio riportate nel comunicato ufficiale del Gruppo Kering che raccontano della fine di questa collaborazione stratosferica.
Tutto accade mercoledì 23 novembre dopo che il WWD a firma Luisa Zargani pubblica l’indiscrezione principe che darebbe Michele in procinto di lasciare la direzione creativa di Gucci che teneva dal gennaio 2015. Una giornata frenetica fino a quella pagina che riletta a freddo pare sempre più triste. La notizia che in tanti nel mondo della moda internazionale non avrebbero voluto leggere è arrivata ufficialmente alle 20 e 45 con un comunicato ufficiale del Gruppo Kering che annunciava che “Alessandro Michele lascia il ruolo di Direttore Creativo di Gucci”.
Sono le parole di Alessandro Michele che toccano il cuore e ne rimarcano la grandezza d’animo: ” Ci sono momenti in cui le strade si separano in ragione delle differenti prospettive che ciascuno di noi può avere. Oggi per me finisce uno straordinario viaggio, durato più di venti anni, dentro un’azienda a cui ho dedicato instancabilmente tutto il mio amore e la mia passione creativa. In questo lungo periodo Gucci è stata la mia casa, la mia famiglia di adozione _ dice Michele _ A questa famiglia allargata, a tutte le singole persone che l’hanno accudita e sostenuta, va il mio ringraziamento più sentito, il mio abbraccio più grande e commosso. Insieme a loro ho desiderato, sognato, immaginato. Senza di loro niente di tutto quello che ho costruito sarebbe stato possibile. A loro quindi il mio augurio più sincero: che possiate continuare a nutrirvi dei vostri sogni, materia sottile e impalpabile che rende una vita degna di essere vissuta. Che possiate continuare a nutrirvi di immaginari poetici ed inclusivi, rimanendo fedeli ai vostri valori. Che possiate sempre vivere delle vostre passioni, sospinti dal vento della libertà”.

Una bomba vera per il fashion che ha ammirato e osannato lo stilista romano che ha 49 anni per la potenza creativa delle sue idee di stile, la bravura, l’essere interprete del senso modernissimo della moda. Alessandro Michele è stato alla guida del team creativo della Maison dal 21 gennaio 2015, quando ha debuttato in passerella con l’uomo a Milano presentandosi all’applauso lui allora ancora sconosciuto a i più con un pulloverone di lana irlandese bianco, i capelli lunghi e scuri e un’immagine di maschio dolce e struggente capace di sfoggiare, senza essere ridicolo, una camicia di sera rossa con un fiocco ben fatto. Questa è stata la prima rivoluzione di Alessandro che noi critici non esitiamo oggi a definire “Ale, il Grande di Gucci”, per i successi galattici e per aver impresso nella mentalità collettiva una idee di libertà assoluta, di essere e di vestire. “Oggi per me finisce uno straordinario viaggio …Gucci è stata la mia famiglia di adozione”, ha detto con sentimento lo stilista dei cuori, delle api, degli anelli a testa di leone, dei foulard Flora coi serpenti rosa tra i fiori, fino all’incredibile intuizione del Gucci Garden a Firenze.
Che si fosse arrivati a un punto critico tra stilista e proprietà lo si mormorava a bordo passerella da qualche tempo, certo dopo la meravigliosa sfilata di settembre a Milano coi settanta gemelli in passerella a rappresentare l’altro che è in ognuno di noi, non sembrava possibile tanto Michele era stato ancora una volta geniale. E invece no, ogni certezza è saltata, il fashion registra uno stop creativo con pochi uguali, i fans saranno in lutto, la critica rimpiangerà un autore di sogni con pochi uguali. Ora il borsino dello stile lo darebbe candidato alla guida di Chanel: sarà vero? Sarà una boutade? Chissà, certo Mademoiselle Coco e il Kaiser Karl Lagerfeld ne gioirebbero.
Alla notizia che ha tenuto tutti col fiato sospeso si è arrivati dopo l’elaborazione di una comunicazione un po’ sofferta, segno che Alessandro Michele ha strappato per primo, e subito sono arrivati saluti, complimenti e ringraziamenti non formali da parte dei vertici Kering. Nel comunicato il primo ad esprimersi è Marco Bizzarri, Presidente e CEO di Gucci, che ha dichiarato: “Ho avuto la fortuna di incontrare Alessandro alla fine del 2014. Da allora abbiamo avuto il piacere di lavorare fianco a fianco, mentre Gucci tracciava il suo percorso di successo, nel corso di questi ultimi otto anni. Voglio ringraziare Alessandro per il suo impegno ventennale in Gucci e, per la sua visione, dedizione e amore incondizionato per questa Maison unica, negli anni da Direttore Creativo”, conclude Bizzarri che lo scelse all’improvviso nel dicembre 2014 e gli dette quindici giorni per fare la prima collezione per Gucci. .Subito dopo parla François-Henri Pinault, Chairman e CEO di Kering: “La strada che Gucci e Alessandro hanno percorso insieme negli ultimi anni è unica e rimarrà un momento eccezionale nella storia di questa Maison. Sono grato ad Alessandro per aver portato così tanto di sé in questa avventura. La sua passione, la sua immaginazione, il suo ingegno e la sua cultura hanno messo Gucci al centro della scena, al posto che merita. Gli auguro tutto il meglio per il prossimo capitolo del suo viaggio creativo”.

ANSA / MATTEO BAZZI
Nelle parole dello stilista che ha riletto in mille modi la Bamboo e la Jackie, le due borse iconiche di Gucci, c’è un addio struggente, che segnala gratitudine e passione ma anche una vena di tristezza. Pare che all’origine di questa decisione ci sia stata una certa insistenza negli ultimi tempi per far virare lo stile di Alessandro Michele verso lidi più prudenti, una sterzata al classico forse richiesta dagli investitori che hanno però l’occhio più al portafoglio che alla creatività. Un modo di lavorare certo lontano da quello dell’ormai ex Direttore Creativo di Gucci che fieramente non ha voluto cambiare anima alla sua moda. Del resto nel terzo trimestre di quest’anno le vendite hanno toccato i 2 miliardi di 600 milioni con un +9% nonostante pandemie, guerre, chiusura della Cina e sospensione del mercato russo tanto fortunato fino a un anno fa. Un 9% in più di vendite che evidentemente deve essere parso troppo poco ai vertici di Kering, in giusto e continuo confronto coi risultati sempre stellari del concorrente gruppo del lusso LVMH di Bernard Arnault.
Nel comunicato ufficiale si dice anche che “il team creativo di Gucci porterà avanti la direzione creativa della Maison fino all’annuncio di una nuova organizzazione”. E certo non sarò facile sostituire Ale. A noi mancheranno le sue mani ingioiellate di anelli antichi, le sue collane di cammei, i suoi cappelli, le sue mises colorate e scherzose, il suo sorriso timido, la sua spavalda e sicura visione della Moda, basata solo sulla libertà. Grazie a lui si è parlato tanto di inclusione, di lotta alle disuguaglianze, di amore per la natura, di genderfluid e di coraggio di mostrarsi davanti al mondo per quello che si è veramente. E scusate se è poco.