L’ambasciata d’Italia a Washington, in collaborazione con Confindustria, Confindustria Moda e con il supporto dell’agenzia ICE, ha tenuto ieri un evento virtuale sulle prospettive di mercato USA nel settore della moda e degli accessori, a seguito della crisi Covid.

La discussione è stata moderata da Giulia Crivelli, giornalista de il Sole 24 ore e sono intervenuti in apertura Armando Varricchio, ambasciatore d’Italia negli Stati Uniti, Barbara Beltrame Giacomello, Vice Presidente per l’Internazionalizzazione di Confindustria, Cirillo Marcolin, Presidente di Confindustria Moda e Antonino Laspina, Direttore dell’ICE in Nord America.

È rilevante sapere che in Italia la moda rappresenta il 9% del fatturato e per l’export gli Stati Uniti sono al terzo posto dei rapporti commerciali, delineando un mercato dinamico e prosperoso. La moda non è solo abbigliamento, ma anche accessori come calzature, pelletteria/conceria, occhialeria e gioielleria, in cui lavorano 64.000 imprese con 600.000 occupati.

Questo settore è stato duramente colpito dalla pandemia, di conseguenza bisogna attuare proposte concrete come la defiscalizzazione, la digitalizzazione, la formazione e l’internazionalizzazione. All’evento hanno partecipato anche Siro Badon, Presidente Assocalazaturifici, Giovanni Vitaloni, Presidente Mido (Associazione Fabbricanti Articoli Ottici), Roberto Tadini, Presidente Associazione italiana Pellicceria, Franco Gabrielli, Presidente Assopellettieri, Ilaria Ciabatti, Cofounder Italpreziosi e Marino Vago, Presidente Sistema Moda Italia.

Prima della crisi Covid, l’esportazione italiana negli USA del fashion valeva circa 9 miliardi di dollari. Ora, con il Patto per l’export, la Farnesina ha messo a disposizione fondi per la promozione integrata e idee progettuali per una grande azione di sostegno al Made in Italy. Nel corso della discussione è stato presentato un approfondito studio analitico sulle tendenze, commissionato dall’Ambasciata d’Italia a Washington, se presentato da Nivindya Sharma Consultant Director WGSN. Si tratta di uno strumento concreto a disposizione delle aziende per pianificare la ripresa in cui i fondamentali “consumer drivers” sono: la sostenibilità, la digitalizzazione e il value for money.

Per la prima è necessario rivedere le priorità con certificazioni pro benessere della natura, minimizzando lo spreco e usando un dispositivo di misurabilità e tracciabilità. Per la seconda è imprescindibile l’online, per avvicinarsi a possibili diversi consumatori e con la capacità di adattarsi velocemente alle esigenze del mercato. Per la terza si ha la necessità di essere parsimoniosi, ossia investimenti mirati e volere prodotti funzionali, fatti a mano e che durino nel tempo. Nell’ultimo anno però è emerso un’impennata delle vendite per l’athleisure, lo spleepwear, le scarpe da tennis, accessori tech e i gioielli; un dato abbastanza evidente causa impossibilità di spostamento. Per il futuro si prospettano acquisti di capi unici, presumibilmente vintage e figli di un’economia circolare.