
Nel 2005 Alexander Mcqueen, celebre designer, aveva già predetto l’ascesa degli scacchi nei fashion show rendendoli intriganti e misteriosi; ora questo gioco da tavola è diventato un fenomeno pop grazie a Netflix e all’attrice Anya Taylor Joy. “La Regina degli scacchi”, ispirata all’omonimo romanzo di Walter Tevis, narra la storia di una fanciulla con un’infanzia travagliata che da ospite di un orfanotrofio arriva ad essere campionessa mondiale delle 64 magiche caselle. L’ambientazione è a cavallo tra i ’50 e ’60 periodo squisito e raffinato dettato da armonia, prosperità economica e regole predefinite ma Beth Harmon con la sua personalità riesce a trasmettere una prima forma d’indipendenza e femminismo non proprio conforme all’epoca. Anche il suo guardaroba cambia con il corso degli eventi rispecchiando la psiche, la maturazione e i gusti della protagonista; questo è stato possibile grazie all’intuito e al lavoro della costumista Gabriele Bunder. Gli abiti della Regina hanno un’evoluzione nella serie con un fil rouge strettamente connesso al mondo degli scacchi sia da bambina con vestitini a quadretti e sia da adulta con l’utilizzo chic del bianco e nero. All’inizio della sua adolescenza in Kentucky, Beth veste sempre un abito check con sotto una camicia bianca rispecchiando un’identità nel “non essere” perché in contrasto con la moda paesana del periodo caratterizzata da colori pastello, indumenti sfarzosi, gonne a palloncino e cerchietti con perline. La Harmon ha una visione ancora fanciullesca delle cose ma è determinata nel suo obiettivo (il gioco), molto lontano e diverso dai pensieri delle coetanee incentrati sulla musica, ragazzi, famiglia e futuro preconfezionato.

Tuttavia qualcosa cambia quando la ragazza inizia a vincere tornei rilevanti spostandosi in varie città e arrivando poi a Las Vegas e New York. È più sicura di sé, un po’ spavalda, ingenua, ma calcolatrice indossa occasionalmente un vestito nero con collo bianco alla Peter Pan molto simile al modello di Givenchy nel film del 67 “Belle du Jour”. In più venera cappottini bon ton di un colore blu acceso, maglioni oro con maniche ampie che suggeriscono lo stile biba della Swinging London oppure t-shirt monocromo abbinate a jeans – the real american estate. Fatti sconcertanti segnano però la sua vita come la morte prematura della madre adottiva o del suo amico custode dell’orfanotrofio gettando la Regina in un tunnel della depressione contornato da alcol e pillole oppiacee. Qui si rifugia in uno stile disadattato con lingerie e maxi cardigan abbinati a ciabatte di pelo con tacco e trucco pesante. L’aiuto dei pochi amici e l’autocoscienza portano la fanciulla a ritrovare se stessa dopo anche la sconfitta del torneo di Parigi. La protagonista, infatti, appare redenta seppur in total black con un’allure da intellettuale o anche una signorina a tutti gli effetti con quegli abiti a trapezio sul menta o nocciola che omaggiano Pierre Cardin.

La vera svolta è in Russia quando Beth diventa campionessa mondiale di scacchi, ha raggiunto il suo traguardo: è fiera, maturata e composta. Questo comportamento è segnato anche dai suoi look molto spesso monocromo e quello che conquista notevolmente lo spettatore è nella scena finale in total white contradistinto da un basco, un capospalla e dei pantaloni a sigaretta. La figura appare beata e in pace con se stessa, il sogno è stato realizzato senza rimorsi e con giudizio. Di conseguenza questa serie tv Netflix insegna quanto la maggior parte delle volte un abito esprime identità, stati d’animo e periodi di vita.