Jeff Bezos sognava un matrimonio da favola. Venezia doveva esserne il palcoscenico ideale: isole romantiche, palazzi rinascimentali, gondole, vetri di Murano. Invece, si è ritrovato dentro un cortocircuito logistico e simbolico, fatto di proteste, striscioni e cambi di programma imposti da una città che rifiuta di diventare il parco giochi degli ultraricchi. Da Clooney a Elton John, fino a Bezos, Venezia continua a essere lo specchio dorato attraverso cui l’élite ama riflettersi. Ma questa volta qualcosa si è incrinato.
La cerimonia tra il fondatore di Amazon e la giornalista Lauren Sánchez si terrà comunque. Ma lo spostamento del gran ballo finale – dalla Scuola Grande della Misericordia all’Arsenale, zona militare più facile da isolare – è già un segnale: anche un uomo da 200 miliardi può trovarsi di fronte a un muro. Un fronte composito, ma determinato, che con lo slogan “No space for Bezos” ha scelto di non arretrare.
In città è arrivato di tutto: yacht lunghi quanto isolati, come il Kismet, jet privati da ogni angolo del mondo, taxi d’acqua prenotati in blocco. Il programma prevede una cerimonia sull’isola di San Giorgio, un ricevimento al Lido e una festa finale ispirata a Il Grande Gatsby. Il costo complessivo, secondo alcune stime, supererebbe i 15 milioni di euro. Ivanka Trump è già a Venezia con la famiglia; sarebbero attesi anche Oprah, Leonardo DiCaprio, Lady Gaga e Bill Gates.
“Venezia non è un set”, si legge su uno striscione calato da una gru accanto all’hotel Danieli. “Se puoi permetterti di affittare una città per sposarti, puoi anche pagare più tasse”, recitava un altro messaggio, apparso in Piazza San Marco, firmato Greenpeace. E poi ancora: barche, gommoni, biciclette, megafoni. La mobilitazione è cominciata settimane fa, ma ha preso slancio nelle ultime ore, quando si è diffusa la notizia del cambio di location.
“È una vittoria simbolica”, ha dichiarato Tommaso Cacciari, portavoce del comitato. “Se quattro attivisti sono riusciti a costringere uno degli uomini più potenti al mondo a riscrivere il programma del suo matrimonio, vuol dire che lo spazio per resistere esiste ancora”. Il 28 giugno è prevista una nuova manifestazione. “Vogliono spingerci ai margini, ma noi restiamo nel cuore della città. Perché ci appartiene”.
Da un lato, l’evento inietta milioni nell’economia locale, attiva fornitori veneziani, coinvolge artigiani, catering, albergatori. Dall’altro, crea una distorsione urbana che costringe residenti e turisti a subire limitazioni, sorveglianza e un impatto ambientale pesante. Il lusso, quando diventa spettacolo, mette radici nel suolo pubblico – ed è lì che nasce il conflitto. A dispetto delle rassicurazioni del Comune – che parla di impatto minimo e collaborazione con operatori locali – l’evento ha riacceso tutte le contraddizioni di Venezia: la pressione turistica, l’esodo dei residenti, l’aumento dei prezzi, la privatizzazione degli spazi pubblici. In pochi giorni, la città è diventata il simbolo perfetto del divario tra chi ha tutto e chi resta a guardare.
Bezos non ha risposto alle critiche. Ma la sua assenza pubblica dice molto. Il messaggio che passa è che per certe persone il mondo può essere comprato, incluso un pezzo di patrimonio UNESCO. Ma non senza resistenze.