Aprile 1947, domenica di Pasqua. La cassiera della pasticceria Galli, a due passi dal Duomo di Milano, ha 16 anni e si chiama Lucia Bosè. Uno degli avventori entrato a bere un cappuccino la guarda folgorato: è Luchino Visconti, maestro del neorealismo. Il regista si ferma a parlare con quella bellezza così diversa dalle altre, pronosticandole un grande avvenire nel cinema. Di lì a qualche mese la ragazza vince il titolo di Miss Italia a Stresa, in un’edizione del concorso mai così ricca di candidate eccellenti: Gianna Maria Canale e Gina Lollobrigida si classificano seconda e terza, quarta è Eleonora Rossi Drago – poi esclusa perché sposata e madre – mentre Silvana Mangano arriva quinta. La vita è una porta girevole. Quale sarebbe stato il futuro di Lucia se non fosse stata quel giorno dietro la cassa?
Veniamo a oggi. Per gli americani non è più una novità, per gli italiani invece sì. Annunciato, rinviato, riveduto e corretto, da un mese è realtà il primo supermercato senza casse. O meglio: senza cassiere. Un modo inedito di fare la spesa per i consumatori del Belpaese, che possono acquistare i prodotti con un sistema interamente digitale. Accade a Verona, dove in centro ha aperto le porte – chiudendo le casse – il Prendi&Vai! di Conad Tuday: punto vendita di 200 metri quadrati con una enorme differenza rispetto al metodo di spesa classico. Funziona così. Il cliente prende un pacco di biscotti, un cartone di latte o un detersivo dallo scaffale e il gioco è fatto. Niente codice a barre, un sensore identifica l’articolo scelto e lo aggiunge a un carrello virtuale – quelli veri sono stati eliminati. Se l’acquirente ci ripensa e lo posa, l’oggetto viene cancellato dal conto finale. Raggiunta la zona pagamenti, un totem elettronico evidenzia la spesa: a quel punto basta scansionare il QR code sul monitor e infilare l’uscita, dopo aver pagato con bancomat o carta di credito perché i contanti non sono accettati. Un clic e lo scontrino compare sul cellulare, mentre l’acquirente sistema la roba nella borsa portata senza passare dal nastro scorrevole, inutile anticaglia.
Facile vero? Non per tutti, la clientela diversamente giovane si sente a disagio anche se l’obiettivo è sveltire la spesa evitando file, stress e taccheggi. Il come è presto spiegato. Lo store è dotato di telecamere di sorveglianza a tecnologia computer vision, meccanismo che monitora le persone e registra la merce attraverso l’intelligenza artificiale: gli scaffali sono smart, rilevano cioè le variazioni di peso e riconoscono il prelievo di ogni singolo prodotto. Uniche a resistere sono le bilance per pesare frutta e verdura sfuse, e se c’è bisogno di un aiuto umano ecco un paio di addetti superstiti. Sì ma la privacy? “Il consumatore resta anonimo”, garantisce il management Conad che fa dell’esperimento di Verona un apripista. Aprirà analogo supermercato smart a Trento per gennaio e altri seguiranno. Intanto a Parma è nato Gobag24, market senza casse a cui si accede scaricando una app: “È uno shopping rivoluzionario, disponibile tutti i giorni per tutto il giorno”, spiega il marchio.
È presto per dire che l’innovazione piacerà. Se i punti a favore sono evidenti, i dubbi vanno valutati in modo imparziale perché la partita si gioca su larga scala e riguarda moltissimi rami d’impresa. Il primo grande interrogativo riguarda l’occupazione: che fine faranno i dipendenti sfrattati dalla cassa? Mentre la Confcommercio pesa vantaggi e svantaggi, secondo gli esperti della grande distribuzione si tratta di un falso problema: l’automazione non toglie posti di lavoro, sposta semplicemente i dipendenti verso altre mansioni come preparare nel retro i cibi pronti, rifornire i banconi, assistere i clienti. Tesi rifiutata dai sindacati. Vale per tutti l’obiezione drastica della Cgil parmigiana di settore: “È un film distopico. Un’esperienza asettica, individuale, algoritmica dove le scelte degli acquirenti finiscono nella centrifuga delle informazioni tracciate, gestite, raccolte, sminuzzate per definirne l’identità digitale”. E poi c’è l’altra questione cruciale: ottimizzare l’esperienza di acquisto presuppone per forza l’assenza dei lavoratori?
Il domani che è già qui non si può ignorare, meglio quindi capire quel che succede all’estero. Supermercati senza casse a marchio Tesco e Aldi sono attivi in Gran Bretagna. In Israele l’analoga tecnologia Trigo è presente nella catena Shufersal. Carrefour ci prova in Francia. Ma il punto di riferimento sono gli Usa. E’ lì, sulla settima Avenue di Seattle, che nel 2018 ha esordito trionfalmente Amazon Go: il primo supermarket al mondo ad aver detto addio a casse, cassieri e cassiere. Il modello a cui tutti si sono ispirati registra però una battuta d’arresto. E’ un fatto che la creatura di Jeff Bezos ha chiuso nel 2023 tra New York e San Francisco nove dei suoi store intelligenti – ma quelli di oggi sono davvero così stupidi? -, compreso il prototipo di Seattle. Perché? “Ne restano aperti venti, templi digitali con corsie prive di clienti: l’errore è stato dare alla tecnologia il ruolo principale, annullando il differenziale del valore umano”, è la sentenza di Laureano Turienzo Esteban, presidente dell’Associazione spagnola dettaglianti.
La discussione è aperta: indietro non si torna, anzi forse sì. Perché il fattore umano esiste e ha il volto rassicurante della commessa vicino casa. Oppure ha il volto familiare della ragazza della porta accanto che vorrebbe diventare una cantante o un’attrice famosa, partendo dal supermarket. C’è chi ce l’ha fatta. Giusi Ferreri, ex cassiera dell’Esselunga. Agostina Belli, ex commessa alla Rinascente (la stessa dove Mariangela Melato era vetrinista). Michelle Pfeiffer, ex cassiera in una catena fast food. Amy Adams, sei candidature all’Oscar e due Golden Globe vinti, ex commessa di Gap. Claire Foy, la regina nella serie The Crown, ex cassiera in vari negozi. Hanna Lowther, rivelazione del musical inglese, ex tuttofare di Tesco. E’ giusto spegnere un sogno senza neppure pagare il conto alla cassa?