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Regali di Natale? Meno digital please, si ritorna all’analogico

Le idee sono le più svariate ad esempio un bel giradischi per evitare di consultare l'app di Spotify e scongiurare i suggerimenti dell'algoritmo

Francesco PirabyFrancesco Pira
Regali di Natale? Meno digital please, si ritorna all’analogico
Time: 4 mins read

Il modo in cui la società nel suo complesso si è evoluta ruota intorno alle dinamiche con le quali i messaggi vengono veicolati.

Il passaggio di “Era Geologica” come lo ha definito De Kerckhove ci ha traghettato dal mondo della Televisione a quello delle Reti. A quanto pare, nelle ultime settimane, si registra un’inversione di rotta ossia il desiderio delle persone di passare dai sistemi digitali a quelli analogici.

Ci stiamo avvicinando a Natale e dopo due anni difficili, dovuti alla pandemia, il desiderio di ognuno è quello di ritrovare la serenità e di riprendere alcune delle nostre abitudini. La tradizione vuole che le settimane che precedono il Natale siano dedicate ai regali da fare ai nostri cari e alle persone a cui vogliamo bene. Infatti, rispettando le norme anticovid abbiamo iniziato il nostro shopping in cerca dell’occasione migliore e del prezzo più conveniente.

Candido Romano, sul portale mashable, ci mostra la nuova tendenza di questo Natale: doni assolutamente analogici.

Il tempo che abbiamo trascorso, durante la pandemia, in Smart working e davanti a diverse tipologie di schermi non è calcolabile. Il digitale ci ha aiutati e non poco, ma oggi molte persone decidono di acquistare prodotti analogici. Quindi, sembra proprio che la tendenza abbia subito un’inversione non indifferente.

Le idee sono le più svariate ad esempio un bel giradischi per evitare di consultare l’app di Spotify e scongiurare i suggerimenti dell’algoritmo o dei diversi algoritmi.

Polaroid now

Il regalo che fa la differenza è sicuramente la fotocamera istantanea Polaroid Now. Certamente, non è più quella di un tempo. Oggi, possiede  l’autofocus, la doppia esposizione e un flash più preciso per immortalare, stampare e conservare i ricordi più importanti. Ormai, siamo abituati a fotografare ogni cosa con il nostro smartphone e abbiamo dimenticato cosa vuol dire aspettare la stampa di una foto o pagare per avere la stampa di una foto.

In tanti hanno scelto anche un puzzle 3D che non prevede display o connessioni di ogni sorta. Insomma, le possibilità sono le più svariate e questo ci fa capire il bisogno delle persone di ritrovare una nuova dimensione che si discosti dal digitale.

Da sociologo della comunicazione mi sono occupato nei miei progetti di ricerca del passaggio dall’analogico al digitale.

La televisione è stato il primo tsunami sui flussi comunicativi ed era solo l’inizio di un cambiamento epocale.

I media essendo il tessuto simbolico delle nostre vite, tendono a influire sulla coscienza e sul comportamento allo stesso modo in cui l’esperienza reale interviene sui sogni, fornendo la materia prima attraverso la quale il cervello umano funziona.

I media hanno e stanno continuando a svolgere un’azione catalizzatrice incapace di veicolare valori alti quanto piuttosto quella di essere specchio della società.

Una deriva che l’avvento dei social ha acuito. Le piattaforme ci inducono ad una costruzione di relazioni sociali basate su processi aggregativi piuttosto che su un pensiero razionale che passi attraverso processi di astrazione e oggettivizzazione del reale.

Il quotidiano si è trasformato in una infosfera dove la soggettivazione della realtà prevale sul processo di oggettivazione.

Questo processo di circolazione dei contenuti ha generato una drastica diminuzione della capacità di comprendere la realtà come conseguenza della deriva informativa, che non si configura più ormai come processo di rappresentazione della realtà ma piuttosto di produzione della realtà, quasi annichilendo l’esistenza stessa della realtà al di fuori della sua rappresentazione e presunta tale.

Proprio da questo deriva l’obiezione mossa da Evgeny Morozov alla prospettiva di perfezionamento telematico del pianeta parte dalla critica ai due cardini ideologici che la sostengono.

Da un lato il “soluzionismo”, ovvero l’idea che per qualsiasi problema esiste un rimedio digitale; dall’altro “l’internet- centrismo”, ovvero la teoria per cui tutti gli ambiti dell’esistenza, per diventare migliori, devono modellarsi sulle caratteristiche della rete, evitando in ogni modo di intralciarne o limitarne l’ecosistema.

Nell’era della post verità perdono d’importanza i fatti oggettivi nel processo di costruzione della pubblica opinione rispetto agli slogan preconfezionati, all’emotivismo o alle credenze personali.

Prevalgono le emozioni e le opinioni non necessariamente fondate sulla verità che assumono uno status di veridicità basato sui flussi di informazioni che si muovono all’interno di gruppi aggregati intorno a posizioni precostituite.

La razionalità dei fini prevale sull’insieme di interessi e valori e si adottano strategie atte a penetrare nell’opinione pubblica.

Ferraris nel 2017 ha parlato di Cultura “documediale” come il frutto e la conseguenza della continua creazione e circolazione di documenti e informazioni, attraverso il concretizzarsi di alcune condizioni: Viralità rispetto al mondo mediale; persistenza, attraverso il web i documenti vengono per sempre immortalati nello spazio virtuale; mistificazione, sulla rete è sempre più facile crearsi identità fittizie; frammentazione, nella rete le fonti d’informazione diventano più frammentarie e dettagliate; opacità, nel web autorità e responsabilità divengono difficili da accettare.

Siamo entrati nell’era in cui l’utente crea  il proprio palinsesto informazionale che dà vita ad una nuova relazione tra gli individui digitali.

“L’utente che produce e distribuisce contenuti per se stesso e per il suo pubblico,  porta al crollo sistemico della intermediazione e alla conseguente definizione di un fenomeno chiave per la comprensione dell’infosfera: la disintermediazione“. (Rapporto Infosfera 2018)

Questo processo di disentermediazione va arginato e controllato per non sfociare in fenomeni ancora più gravi.

Ben venga il ritorno all’analogico perché come sosteneva Jeffrey C. Alexander, nel 1977: “Per trovare sè stessa, una persona ha anche bisogno di vivere in un ambiente in cui viene esplicitamente riconosciuta e rispettata la possibilità di molti sistemi di valori diversi. E in particolare, ha bisogno di una gran varietà di scelte per non ingannarsi sulla sua stessa natura“.

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Francesco Pira

Francesco Pira

“Il potere è fare le cose per gli altri”. Questa frase scritta nella piccola sacrestia di un prete cristiano caldeo a Bagdad è quella che mi ha sempre accompagnato nelle mie esperienze umane e professionali. Amo leggere, scrivere, ma soprattutto quando posso narrare. Mi piace, come sosteneva Enzo Biagi, raccontare storie di persone comuni. Scrivo da quando avevo 14 anni. Fin da giovane ho coltivato la passione del giornalismo. Oggi insegno, nell’ambito della sociologia, comunicazione istituzionale e teorie e tecniche del linguaggio giornalistico all’Università di Messina. I miei territori di ricerca comunicazione e giornalismo con focus costanti sul rapporto tra adolescenti e nuove tecnologie, la comunicazione politica, sociale e pubblica. Sono un siciliano che ama il “lato giusto” della Sicilia. Vivo con il sogno prima o poi di trasferirmi negli Stati Uniti.

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