Come è iniziato il nostro amore? E’ passato tanto tempo, non ce lo ricordiamo nemmeno più. Lui mi ha guardata. E ha catturato il mio sguardo. O forse sono stata io. Ci siamo presi. Avvinti. Pensavamo per sempre. Poi un giorno non ci siamo guardati più. Avevamo timore di guardarci. Non volevamo più combattere, soffrire, essere posseduti, fermati.
Amore è sofferenza, anche. Eppure dell’amore che abbiamo provato, ora abbiamo nostalgia. Perché l’amore è vita. Vorremmo provare ancora l’emozione del primo incontro.
Quando il rapporto è ‘stanco’, noi donne pensiamo subito che il problema sia il nostro aspetto: andiamo dal parrucchiere a cambiare taglio di capelli, ci sottoponiamo a estenuanti interventi dall’estetista per sconfiggere la cellulite o a dolorose punturine al viso. Ma cambiando la nostra immagine, non cambiamo noi stesse.
Lui non ti guarderà dentro, anche se fuori apparirai un’altra. Né tu lo guarderai in modo diverso, aspettando la gratificazione che ritieni ti spetti.
Bisogna imparare a guardarsi l’un l’altro con occhi nuovi: aprirsi all’ascolto con interesse e meraviglia, dimenticando i pregiudizi. In fondo cercando di conoscere davvero l’altro, potremo conoscere meglio noi stesse e capire di cosa sentiamo la mancanza. Rimettersi in gioco è un rischio, ma conduce a nuove avventure.
L’attrazione nasce dallo sguardo, eppure l’ultima guida in libreria per far risorgere la coppia dalle ceneri del tradimento: Così fan tutti. Ripensare l’infedeltà della psicoterapeuta belga che lavora a New York Esther Perel (edizioni Solferino) lo ignora. E se non si parte dall’inizio, non si arriva da nessuna parte.
Per fortuna ci vengono in soccorso i testi classici.
Nel dramma Pentesilea di Heinrich von Kleist, sulla piana di Troia l’eroe greco Achille scorge Pentesilea, la regina delle Amazzoni, e anziché combattere contro di lei, urla già conquistato: “Sono disposto a trascorrere il resto della vita tra le catene dei tuoi sguardi”. Lei ha appena confessato alle sorelle di esser pronta a farsi vincere e rapire.
Quando l’attrazione è reciproca, genera rapimento. Il desiderio è di annullarsi per diventare l’altro, fondersi nel suo sguardo. E’ questo l’incantesimo d’amore. Il filosofo Plotino spiega che l’anima ha bisogno di essere incantata.
Gli antichi ci hanno insegnato che solo nell’ebrezza dei sensi la ragione si estingue. Chi di noi donne non ha confessato a se stessa: “Sarei morta per il suo sguardo. Sarei rinata diversa e sarebbe stato amore per sempre. Lui mi penetrava con lo sguardo ed ero già sua”. La prima è stata la giovane Core che Ade, il dio degli Inferi, contempla e poi rapisce trasformandola in una dea immortale, la sua.
Il segreto dell’amore è nel saper guardare. Nel sedurre con lo sguardo. Se-ducere in latino significa condurre a sé. Ma, per catturare, i primi cacciatori cercavano di attrarre la preda imitandone versi e movenze. Imparavano a conoscerla. Era un lungo corteggiamento. Poi prendevano la mira e scoccavano la freccia. Roberto Calasso ne Il cacciatore celeste sostiene che nella caccia si compia lo sdoppiamento primordiale: la preda diventa cacciatore nel momento in cui lo sguardo vi si posa.
Apollo e Artemide erano gli dei gemelli che sapevano cacciare perché sapevano guardarsi, appartenere l’uno all’altra. “Una volta occorreva incontrare un dio e mescolarsi con lui” scrive Calasso. Il che non poteva non suscitare emozione, eccitazione, entusiasmo. Entusiasmarsi significa proprio essere divinamente ispirato, essere in dio.
Riconoscersi divini potrebbe funzionare ancora. Il fuoco, che pur sia una freccia da qualsiasi dio scoccata, sta nel suo sguardo: è questo che attiva l’amore. “Tu mi fai bruciare…” sussurrava la poetessa Saffo oltre 2600 anni fa.