Posteggio vicino ad una vetrina. Sbircio dentro: mollemente adagiati in poltrona tre uomini barbuti che attendono il loro turno per farsi belli. O così credono. Uno intanto è sotto le grinfie del barbiere che gli spulcia la barba. Ma una donna si farebbe mai depilare in vetrina?
E’ la nuova moda, bellezza! Ma alle donne piace farsi baciare da un’ispida barba? Piace guardare un barbuto che mangia la minestra e gocce oleose e maleodoranti si depositano intorno alla sua bocca? Sbrodolato e sfigato, ho pensato fin da quando ero ragazza. La prima esperienza di un bacio sgradevole l’ho avuta con uno zio barbuto che era una persona d’indole pelosa quanto la sua barba. E ho cominciato a diffidare dei barbuti. Ai tempi del liceo, avevo un amico la cui barba gli nascondeva il viso cicciottello. Insomma capii subito che la barba serviva per nascondere qualche difetto: un mento sfuggente o per bilanciare la calvizie. L’avevano solo i brutti e i complessati. Oltre all’eroe Ulisse, protagonista dell’Odissea, le cui gesta mi facevano venire la barba… Ma Omero scrive: “Ulisse non era bello però sapeva parlare”. Molti anni dopo, quando ho ascoltato l’affascinante eloquenza del filosofo Umberto Galimberti, ho capito che si può andare al di là della barba. Tuttavia è l’eccezione che conferma la regola. Diffidiamo dei barbuti. Barba non barba, arriveremo all’Isis.
Il 5 agosto scorso mi arriva una mail di Facebook: Dali Daly vuole stringere amicizia con te. Apro e ti vedo un prestante guerrigliero dell’Isis, con la barba nera come la pece, che mi punta il mitra contro. Chiamo la polizia postale e laconicamente l’operatore telefonico mi risponde che ricevono continuamente segnalazioni del mio tipo. Che se proprio insisto posso girargli la mail. Ma mi fa capire che finisce qua, perché con Facebook non possono intervenire. Ci sarebbe da aprire un capitolo sulla nostra tutela personale, per cui paghiamo le tasse, e sulla sovranità dello Stato. Intanto però mi chiedo: Facebook, sempre così solerte a bloccare le offese – come quelle rivolte alla presidente della Camera, Laura Boldrini, paladina degli extracomunitari che sicuramente la ripagheranno alle prossime elezioni – Facebook, dico, non si accorge che l’Isis fa proseliti tra le donne? E non è la prima volta che mi arrivano richieste d’amicizia da giovani arabi. La figlia di una mia amica è letteralmente rapita dalla loro bruna prestanza e si farebbe volentieri rapire da uno di loro. “Guarda come sono belli” mi dice. Ora, io vedo solo un ricettacolo di acari e già sento la puzza di sudore, tanto che il loro smagliante sorriso mi appare per quello che è: mellifluo, falso ed estremamente pericoloso. Io vedo oltre, al di là. Che arriva inesorabilmente con un compagno guerrafondaio, militante dell’Isis.
Ma le donne sono disposte a perdersi per amore anche di fronte all’evidenza. Come insegna la favola “Barbablu” di Charles Perrault.
Affascinata da Barbablu, benché le sue sei mogli precedenti siano misteriosamente scomparse, una giovane accetta di sposarlo. Un giorno lui deve partire e le dice che è libera di aprire la porta di qualsiasi stanza del castello, ad eccezione di una. Lei, incuriosita, la apre e vi troverà i corpi impiccati e sanguinanti delle sei donne.
A metà del 300 d.C., in barba alla… propria barba l’imperatore Giuliano l’Apostata scrisse il libercolo ironico “L’odiatore della barba” (Archinto). Il tentativo era di sdoganare il proprio aspetto trasandato e barbuto sostenendo che fosse indice di rigore morale in confronto alla dissolutezza degli abitanti di Antiochia perfettamente rasati. Certo l’abito non fa il monaco, ma spesso si giudica una persona dall’aspetto, nel bene e nel male.
Facebook ha censurato la mostra “Seduzione e potere” in corso a Gualdo Tadino, che racconta la donna nell’arte attraverso dipinti dal ‘500 al ‘700. Motivazione: “Non possono essere accettate immagini di nudo o di scollature troppo evidenti”. Facebook ossia “l’idiozia meccanica che non distingue pornografia da bellezza”, ha sentenziato il critico d’arte Vittorio Sgarbi. Ma c’è di più: l’ignoranza crassa ammantata da una cultura pretestuosa quanto ipocrita; insomma pelosa. Viene da pensare che a Facebook lavorino persone di matrice culturale affine a quella dei militanti dell’Isis o quantomeno che – per paura – non vogliano solleticarli. Ma che barba!