Recentemente mi hanno presentato Catriona Wallis, fondatrice e CEO della startup milanese Colto che sviluppa app educative per bambini di tutto il mondo in età prescolare. Quello che ho trovato interessante è il fatto che sia una donna in Tech e oltretutto straniera, due caratteristiche piuttosto rare in un paese come l’Italia.
Catriona era trentenne e single quando si è trasferita da Sidney a Milano in un momento della sua carriera molto intenso, mentre la maggior parte delle sue amiche erano sposate e si accingevano ad avere bambini e acquistare la prima casa. Nel rivolgerle qualche domanda, parto quindi da lì.
Sono curiosa di sapere cosa ti ha fatto decidere di trasferirti in Italia da un Paese così lontano.

“Avevo bisogno di nuove sfide sia professionali che personali così sono andata a Milano per studiare l’italiano, sperando di imparare anche come vestirmi e cucinare! Prima di partire ho promesso a mia sorella che non mi sarei più fatta conquistare da uomini italiani. Due settimane dopo il mio arrivo a Milano, ho conosciuto il mio futuro marito!”.
Qual è il tuo background?
“Dopo la laurea, ho fatto la reporter e l’annunciatrice televisiva per cinque anni, poi ho lavorato nel business development per il Museo di Arte Contemporanea di Sydney e la National Bell Shakespeare Company per otto anni. In Italia, ho completato il corso CELTA di Cambridge per insegnare l’inglese a studenti di lingua straniera e ho iniziato a insegnare ad adulti e bambini e nel frattempo mettevo su famiglia”.
Cosa ci vuole per creare una startup di successo in Italia?
“In generale, ci vogliono gli stessi ingredienti che sono necessari ovunque: perseveranza, passione, grinta e tempo. La principale differenza tra l’Italia e paesi come gli Stati Uniti, dove il mondo delle startup è molto avanzato, è che in Italia gli investimenti scarseggiano. Ci sono pochi investitori early stage e prima di investire vogliono vedere vendite o utili. Un requisito necessario in Italia è la pazienza quando si fonda una società: la burocrazia è incombente e si impiega molto tempo per compilare montagne di documenti per ottenere agevolazioni fiscali e aderire alle norme di sicurezza sul lavoro. La pazienza è una virtù che sto ancora cercando di imparare”.
Che cosa provi ad essere una donna australiana a capo di una startup tecnologica?

“Dopo 14 anni in Italia e 11 anni sposata con un italiano, solo adesso inizio a capire la mentalità italiana! Penso che gli australiani siano più audaci rispetto agli italiani. Gli italiani tendono ad essere più prudenti. Non capiscono come una giovane australiana possa lasciare il suo paese e la sua famiglia per vivere dall’altra parte del mondo e poi sia abbastanza folle da iniziare un business a quarant’anni e durante una lunga recessione!”.
Hai molti partner strategici prestigiosi negli Stati Uniti, come li hai ottenuti?
“Quando abbiamo deciso di creare partnership con i principali brand globali per bambini, abbiamo creato una lista delle migliori marche che volevamo contattare. Ho iniziato la lista chiedendo ai miei figli, che all’epoca erano nell’età target delle nostre app, qual era il loro programma televisivo preferito. Mio figlio più piccolo mi disse senza esitazione che adorava Paw Patrol su Nickelodeon, e quello è diventato il numero uno della lista. Diciotto mesi più tardi, abbiamo presentato delle demo a Nickelodeon di Milano, Londra e New York dopodiché abbiamo firmato un contratto per creare due app collegate ai loro famosi programmi per bambini: Dora the Explorer e Nella the Princess Knight. Un paio di anni fa ho anche iniziato a partecipare a fiere di settore e, nel 2015, ho incontrato il digital director del colosso editoriale statunitense di riviste per bambini ad una fiera a Francoforte. Essendo madrelingua inglese mi è più facile intendermi con gli americani. Dopo questo incontro ci chiesero di presentare alcune idee di games. Detto fatto. Però, nonostante fossero piaciute molto, ci dissero che non erano ancora pronti con una strategia digitale a livello globale. Ci siamo comunque tenuti in contatto e, sei mesi dopo, il digital director ci ha contattato per dirci che erano pronti a procedere con una partnership per sviluppare applicazioni per il loro mercato prescolare”.
Come usano la tecnologia i bambini piccoli del giorno d’oggi?
“Quando sono in età tra i due e i cinque anni stanno scoprendo il mondo che li circonda. Attraverso il gioco, i bambini imparano a risolvere i problemi, sviluppare il pensiero e la capacità di ragionamento, socializzare con gli altri e sviluppare le capacità motorie necessarie per crescere ed imparare. Dato che i nativi digitali preferiscono usare i dispositivi mobili, creiamo esperienze di gioco su app che li aiutano a sviluppare queste competenze chiave. Il cervello dei bambini di 2-4 anni è nella fase di sviluppo più veloce. Pertanto è fondamentale stimolare le loro menti durante questo periodo. Se giocano con una tecnologia poco stimolante, rischiano di diventare video-dipendenti, in preda alla rabbia quando il dispositivo viene rimosso, per non parlare della perdita di importanti opportunità di crescita del cervello. Un altro elemento importante quando si creano giochi online per bambini piccoli è la sicurezza. I genitori sono preoccupati che i loro figli possano correre dei rischi giocando online per cui noi ci siamo impegnati con un modello di business etico, ossia le nostre app non contengono pubblicità di terzi. I nostri utili provengono dalla vendita di contenuti educativi e non materiali di consumo”.
Cosa piace ai bambini delle vostre applicazioni?


“I bambini trovano le nostre app divertenti e fantasiose perché li incoraggiano a esplorare e a pensare senza rendere il contenuto educativo pedante. I nostri giochi sono progettati per permettere al bambino di avere controllo sul suo apprendimento. I nostri game designer danno sempre la precedenza al divertimento e la giocabilità dei nostri prodotti, perché se i bambini non sono interessati, smettono di giocare e il valore educativo si perde. Durante lo sviluppo di un’app guardiamo i bambini che ci giocano fino a quando il gioco diventa intuitivo. Durante questi test impariamo dai bambini come rendere il gioco più divertente osservando cosa cercano di fare, cosa gli piace di più e che suggerimenti ci danno”.
Come ti trovi a lavorare con ingegneri e artisti italiani?
“Vengo da una famiglia di ingegneri e mio marito è un ingegnere per cui la mentalità e la terminologia dei nostri ingegneri mi è familiare. Davide, il nostro CTO, mi è stato presentato da un suo professore al quale avevo chiesto di indicarmi il suo miglior alunno di quell’anno. Lui e gli altri due programmatori hanno menti brillanti e ammiro il loro approccio analitico alla soluzione dei problemi. Ho sempre amato lavorare con artisti e designer, visto che la mia prima passione, prima di avere dei figli, è stata l’arte contemporanea. Mi piace lavorare con persone che pensano in modi diversi e mi piace far parte di un team multiculturale che ha svariati punti di vista. Quando mettiamo insieme queste menti per fare brainstorming per creare nuovi prodotti, il risultato è magico: creativo e analitico allo stesso tempo”.
Pensi che la tua startup rimarrà in Italia o dovrà andare all’estero per continuare a crescere?
“Per il momento restiamo in Italia ma gli investitori con i quali stiamo trattando per un seed funding ci hanno detto che se in futuro subentreranno dei venture capital internazionali probabilmente ci chiederanno di spostare la sede nel Regno Unito o negli Stati Uniti. Ciò è dovuto principalmente alle agevolazioni fiscali che questi paesi offrono alle startup e agli investitori”.