“Mustafà ebbe una reazione di insensata violenza. Marcantonio Bragadin venne imprigionato e gli fu riservato uno spaventevole supplizio, prolungato per una decina di giorni, e in cui le torture si accompagnarono volutamente alle umiliazioni. Il pascià gli fece tagliare il naso e le orecchie, lo costrinse a portare sulle spalle un carico come una bestia da soma e ad inginocchiarsi a baciare la terra davanti a lui; lo innalzò legato sull’albero di una galera, così che tutti potessero vederlo, e finalmente il 15 agosto lo fece scorticare vivo”.
Era il 1571: da mesi gli ottomani assediavano Cipro, ma il capitano di Famagosta non si arrendeva, fiducioso che la Lega cristiana sarebbe infine arrivata. Gli alleati continuavano a litigare da oltre un anno e ritardavano la partenza, soprattutto il genovese Gian Andrea Doria comandante delle galere spagnole, che non voleva mettere in pericolo le sue navi e aveva anche parecchia fifa di affrontare i turchi.
Arrivare a leggere le 600 pagine che Alessandro Barbero ha scritto per Lepanto. La battaglia dei tre Imperi è piuttosto impegnativo perché le prime 500 riportano i documenti che attestano i dissidi tra gli alleati cristiani, i quali si limitavano a: Venezia con le isole dell’Adriatico, alcuni principi italiani, Malta, Toscana, Spagna con Napoli e Genova, e papa Pio V a fare da collante. L’Europa cristiana era tutta qua, mentre Francia ed Austria erano rimaste neutrali professandosi grandi amiche del sultano. Quanto al resto dell’Europa, gli alleati cattolici non volevano allearsi con gli “eretici”, nonostante il papa avrebbe voluto riunire tutti i cristiani.
Sono passati quasi 500 anni, ma l’Europa è ancora in alto mare: dissidi, invidie, presunzioni e pregiudizi non la rendono coesa e rischiamo di naufragare. Ci volle la disfatta di Cipro per suscitare un moto d’orgoglio nella Lega e riportare il 7 ottobre una vittoria schiacciante a Lepanto. E’ passata alla storia come la battaglia della cristianità, la quale tuttavia subì gravi perdite a causa del defilarsi in mare aperto da parte delle galere del Doria; il che non permise di liberare le fortezze della Dalmazia del sud, dell’Albania e della Grecia dagli invasori turchi. Per non parlare poi delle liti che seguirono tra gli alleati per la spartizione del bottino. Insomma l’Europa non trasse alcuna vantaggio concreto dalla vittoria, soltanto d’immagine.
Oggi Giulio Regeni è stato torturato come Marcantonio Bragadin allora. E questo attesta che Occidente e Oriente non hanno fatto lo stesso percorso di civiltà.
Se nel ‘900 i Paesi arabi sono usciti dal loro sistema tribale formando degli Stati grazie alla scoperta dell’oro nero, non ne sono usciti culturalmente, considerato anche che i loro ordinamenti statuali sono sottomessi alla teocrazia. Un dio che esercita un potere assoluto dove non c’è pietà per i “maledetti infedeli”. Ma noi, essendo ignoranti di islam, lo interpretiamo secondo il nostro sentire. E dimenticheremo presto anche quello che è stato fatto al Cairo a Regeni. Giulio ha cercato di combattere l’oscurantismo da solo, armato soltanto del suo pensiero. L’islam dispone di migliaia di giovani senza pensiero ma armati fino ai denti. Perché essere indottrinati, finanche sapere, non significa saper pensare, che sottende sempre uno sforzo di ricerca dentro se stessi. Dubbi, tormenti fino a mettere in discussione anche il proprio dio per arrivare a sentirsi individualmente unici e vivi. I giovani dell’Isis sono dei morti perché non sono uomini, ma solo strumenti animati che – purtroppo – con il sacrificio dei loro corpi danno vitalità alla spiritualità islamica. Esistono nella morte perché considerano il darsi la morte l’affermazione della propria esistenza. Eppure non hanno il coraggio di pensarla diversamente.
Il dire che ci sono diverse accezioni di islam è irricevibile finché l’islam avrà un unico medesimo libro di fede. Se tutti crediamo nello stesso dio e negli stessi insegnamenti che ci inducono ad agire per arrivare allo stesso paradiso con indiscussa efferatezza, abbiamo scelto un dio che non è un dio perché è fatto a somiglianza del peggiore degli esseri umani.
La misericordia è il cuore che palpita al cospetto della voce di Dio e lacrima alla vista della sofferenza di un suo simile. Per noi simili sono tutti gli uomini, per i musulmani solo i musulmani. Noi confidiamo in un morto che fa miracoli come Padre Pio, loro si affidano alla morte per la gloria di Allah.