Gli Stati Uniti sono a un bivio. Dopo il passo indietro di Joe Biden e la rincorsa di Kamala Harris, potrebbero essere ribaltate le previsioni che finora hanno dato Donald Trump come super-favorito dell’ultimo round del prossimo novembre. Sta di fatto che una eventuale, quanto ancora possibile, rielezione del tycoon alla Casa Bianca imporrebbe una revisione dei paradigmi economici che hanno governato soprattutto gli scambi commerciali internazionali fino a oggi.
Alcuni punti in particolare della politica economica preventivata da Trump devono mettere in allarme anche le nostre aziende. Prima di tutto, l’idea del magnate newyorkese di riattivare misure economiche protezionistiche che chiuderebbero i mercati statunitensi non solo alle imprese asiatiche, soprattutto quelle cinesi, beneficiarie di una spinta vigorosa da parte del governo di Pechino, ma anche a quelle europee. È la traduzione pragmatica del claim “America First” alla base del principio secondo il quale in politica estera, così come nell’economia, gli Stati Uniti devono essere realisti e promuovere anzitutto i propri interessi nazionali. Collegato a questo intervento è il supporto che il tycoon vuole offrire, sulla falsariga di quanto già in parte fatto anche dall’attuale presidente, all’industria statunitense, senza però che questa sia subordinata a un’azione di lotta al cambiamento climatico così come concepito da Biden. Le politiche isolazioniste possono generare incertezza e volatilità nei mercati globali, influenzando in modo negativo il clima di investimento che potrebbe potenzialmente portare a crisi finanziarie locali o regionali. In estrema sintesi, le misure isolazioniste di Trump rischiano di stremare un’Europa, e un’Italia, già piuttosto deboli, mettendo in difficoltà imprese ed economia del Vecchio Continente. Consideriamo poi la debolezza generata dalla mancanza di un mercato finanziario unificato nell’Unione Europea, come anche negli Stati Uniti, che investa nelle aziende.
Per questo è fondamentale che le nostre imprese, in tutti i settori, valutino attentamente questo scenario e assumano le conseguenti contromisure, considerando le quote di export verso gli USA, ipotizzando nuovi flussi di interscambio commerciale e nuovi mercati verso cui rivolgere il proprio interesse. In tale prospettiva, va quindi prevista una rimodulazione dei piani industriali e di internazionalizzazione della produzione, soprattutto per le piccole e medie aziende, anche avvalendosi dell’apporto qualificato di managerialità specializzata. La globalizzazione potrebbe di nuovo, e in modo più significativo, essere messa a repentaglio da un nuovo avvento di personalità come quella di Trump al potere. Le imprese devono imparare a non sottovalutare i cambiamenti in atto preventivando ogni possibile reazione dei mercati e, di conseguenza, disegnando eco-sistemi economici alternativi.