Gli italiani difendono la Costituzione repubblicana e sommergono di No Matteo Renzi (all’estero invece prevalgono i Sì, qui i dati) proprio con quel Referendum che invece di consacrare il suo governo, risulta esserne la tomba. Nel momento più difficile della sua fulminante carriera politica, davanti ai giornalisti riuniti a Palazzo Chigi, il Presidente del Consiglio più giovane della storia repubblicana, annuncia che lunedì presenterà le dimissioni al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Con voce commossa, osservato a poca distanza dalla moglie Agnese, davanti alla bandiera italiana e questa volta anche a quella dell’Europa, Renzi ha pronunciato a nostro giudizio un bellissimo discorso (il video alla fine dell’articolo), da politico più “cuor di leone” che dal troppo “pelo sullo stomaco”, come ci era apparso al momento di diventare premier. Soprattutto quando Renzi ha detto: “Nella politica italiana non perde mai nessuno, non vincono ma non perde mai nessuno. Dopo ogni elezione resta tutto com’è. Io sono diverso, ho perso e lo dico a voce alta, anche se con il nodo in gola. Perché non siamo robot… l’esperienza del mio governo finisce qui“.
Prima di annunciarle le dimissioni, Renzi aveva celebrato la festa della democrazia italiana, applaudendo comunque il coinvolgimento avuto dagli italiani, iniziando il discorso con queste parole: “Oggi il popolo italiano ha parlato, ha parlato in modo inequivocabile. Ha scelto in modo chiaro e netto e credo che sia stata una grande festa per la democrazia. Le percentuali di affluenza sono state superiori a tutte le attese. È stata una festa che si è svolta in un contesto segnato da qualche polemica in campagna elettorale, ma in cui tanti cittadini si sono riavvicinati alla Carta costituzionale, al manuale delle regole del gioco, e credo che questo sia molto bello, importante e significativo…. Viva l’Italia che non sta alla finestra ma sceglie. Viva l’Italia che partecipa e che decide. Viva l’Italia che crede nella politica”.
Matteo Renzi si dimette quindi perché è stato travolto da un risultato alle urne inimmaginabile alla vigilia del referendum. Quasi 20% di voti di distacco si erano accumulati tra il No e il Sì quando il capo del governo è andato davanti le telecamere e indiretta ha annunciato le sue dimissioni poco dopo la mezzanotte italiana.
Renzi, dopo aver fatto le congratulazioni agli avversari politici, gli ha anche passato lo scomodo testimone di trovare la soluzione per andare avanti, il modo per andare alle elezioni: “Questo voto consegna ai leader del fronte del No oneri e onori insieme alla grande responsabilità di cominciare dalla proposta, credo innanzitutto dalla proposta delle regole, della legge elettorale. Tocca a chi ha vinto, infatti, avanzare per primo proposte serie, concrete e credibili”.
Poi Renzi ha ringraziato chi ha lottato con lui per il Sì, dicendo che loro non hanno perso, la responsabilità della sconfitta è soltanto sua: “Volevamo vincere, non partecipare e allora mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta e dico agli amici del Sì che ho perso io, non voi. Chi lotta per un’idea non può perdere. Voi avevate un’idea meravigliosa, in particolare in questa stagione della vita politica europea. Volevate riavvicinare i cittadini alla cosa pubblica, combattere il populismo, semplificare il sistema e rendere più vicini cittadini e imprese. Avete fatto una campagna elettorale casa per casa, a vostre spese, senza avere nulla da chiedere ma solo da dare. Per questo voi non avete perso. Stasera andando a risposare o domani andando a lavorare sentitevi soddisfatti dell’impegno, della passione, delle idee. Intendiamoci, c’è rabbia, c’è delusione, amarezza e tristezza ma vorrei foste fieri di voi stessi. Fare politica andando contro qualcuno è molto facile, fare politica per qualcosa è più difficile ma più bello. Siate orgogliosi di questa bellezza. Non smettete mai di pensare che si fa politica pensando che si fa politica per i propri figli e non per le alchimie dei gruppi dirigenti”.

E’ stato a questo punto che Renzi ha ripetuto che lo sconfitto è solo lui, e che nel paese dove non ci sono mai sconfitti e neanche vincitori, con lui è diverso: “Si può perdere una battaglia ma non la fiducia che questo è il Paese più bello del mondo e quella bandiera rappresenta gli ideali di civiltà, educazione e bellezza che ci fanno grandi e orgogliosi della nostra civiltà. Io invece ho perso. Nella politica italiana non perde mai nessuno, non vincono ma non perde mai nessuno. Dopo ogni elezione resta tutto com’è. Io sono diverso, ho perso e lo dico a voce alta, anche se con il nodo in gola. Perché non siamo robot. Non sono riuscito a portarvi alla vittoria. Vi prego di credermi quando vi dico che veramente ho fatto tutto quello che penso si potesse fare in questa fase. Io non credo che la politica sia il numero inaccettabile di politici che abbiamo in Italia. Io non credo che si possa continuare in un sistema in cui l’autoreferenzialità della cosa pubblica è criticata per decenni da tutti e poi al momento opportuno non venga cambiata. Ma credo nella democrazia e per questo quando uno perde non fa finta di nulla, fischiettando e andandosene sperando che tutto passi in fretta nella nottata”.
Il premier ha ricordato le motivazioni della sua riforma ammettendo di non essere riuscito a convincere gli italiani: “La democrazia italiana di oggi si basa su un sistema parlamentare. Quando abbiamo chiesto la fiducia abbiamo chiesto di semplificare il sistema, di eliminare il bicameralismo, abbassare i costi della politica, allargare gli spazi di democrazia diretta. Questa riforma è quella che abbiamo portato al voto. Non siamo stati convincenti, mi dispiace, però andiamo via senza rimorsi, perché se vince la democrazia e vince il no, è anche vero che abbiamo combattuto la buona battaglia con convinzione e passione”.
Quindi l’annuncio inequivocabile delle dimissioni: “Come era evidente e scontato dal primo giorno, l’esperienza del mio governo finisce qui. Credo che per cambiare questo sistema politico in cui i leader sono sempre gli stessi e si scambiano gli incarichi ma non cambiano il Paese, non si possa far finta che tutti rimangano incollati alle proprie consuetudini prima ancora che alle proprie poltrone. Volevo cancellare le troppe poltrone della politica: il Senato, le Province, il Cnel. Non ce l’ho fatta e allora la poltrona che salta è la mia. Domani pomeriggio riunirò il Consiglio dei ministri, ringrazierò i miei colleghi per la straordinaria avventura, una squadra coesa, forte e compatta, e salirò al Quirinale dove al presidente della Repubblica consegnerò le mie dimissioni. Tutto il Paese sa di poter contare su una guida autorevole e salda quale quella del Presidente Mattarella”.
A questo punto Renzi ha cercato di difendere l’operato del governo: “Lasciamo la guida dell’Italia con un Paese che passato dal -2% al +1% di crescita del Pil, che ha 600mila occupati in più con una legge, quella sul mercato del lavoro, che era attesa da anni, con un export che cresce e un deficit che cala. Lasciamo la guida del Paese con un’Italia che ha finalmente una legge sul terzo settore, sul dopo di noi, sulla cooperazione internazionale, sulla sicurezza stradale, sulle dimissioni in bianche, sull’autismo, sulle unioni civili. Una legge contro lo spreco alimentare, contro il caporalato, contro i reati ambientali. Sono leggi con l’anima, quelle di cui si è parlato di meno ma a cui tengo di più”.
E dopo aver ricordato i prossimi importanti appuntamenti internazionali che vedranno protagonista nel 2017 l’Italia in Europa, nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU e al G7 di Taormina, e ringraziato le forze dell’ordine e i militari, ha fatto un accenno al suo successore che non riceverà, al momento delle consegne, lo stesso gelido trattamento che ricevette lui dal suo predecessore Enrico Letta: “In questa sala, infine, attenderò di salutare con amicizia istituzionale e con un grande sorriso e un abbraccio il mio successore, chiunque egli sarà. Gli consegnerò la campanella simbolo della guida del governo e tutto il lungo dossier delle cose fatte e da fare”.
Renzi infine ha concluso il suo discorso, con un ringraziamento alla sua famiglia e ai giornalisti: “Grazie ad Agnese per aver sopportato la fatica di mille giorni e grazie per come ha splendidamente rappresentato il nostro Paese. Grazie ai miei figli e grazie anche a tutti voi, anche se ringraziare i giornalisti alla fine è quasi una cosa impossibile. Sono stati mille giorni che sono volati, ora per me è il tempo di rimettersi in cammino, ma vi chiedo nell’era della post-verità, nell’era in cui in tanti nascondo quella che è la realtà dei fatti, di essere fedeli e degni interpreti della missione importante che voi avete e per la vostra laica vocazione. Viva l’Italia, in bocca al lupo a tutti noi”.
E’ un addio al governo – sulla carta Mattarella potrebbe ridare l’incarico a Renzi ma sembra che la decisione di non accettare sia categorica – ma lo è anche alla politica? Siamo pronti a scommettere che Renzi non uscirà di scena. Lo si intuisce anche in un passaggio del suo discorso: “le uniche chance che abbiamo è scattare, non galleggiare, è credere nel futuro, non vivacchiare”.
Renzi, negli oltre mille giorni al governo, ha sofferto sempre della mancanza di quella vera legittimità democratica e quindi forza politica che può arrivare, anche e soprattutto in un sistema parlamentare come quello italiano, soltanto dalla vittoria elettorale. Siamo certi che Matteo “cuor di leone” ci proverà ancora a tornare alla guida del governo dell’Italia ma, questa volta, se ci riuscirà sarà solo dopo aver conquistato il voto degli italiani.