Il vero nome e l’età di Abra restano tuttora un segreto. Negli scorsi giorni ha incantato il Pitchfork Music Festival di Parigi, la rassegna gemella del festival di Chicago organizzato dal celebre magazine americano, per continuare a presentarsi anche nel resto d’Europa come una delle stelle più luminose del firmamento alternative r’n’b.
Non è un genere o una definizione che lei sembra apprezzare particolarmente. Più ambiziosamente si è sempre presentata con un nome di battaglia piuttosto fuorviante: dark wave duchess, la duchessa della dark wave. Di quel periodo e di quell’immaginario, ha abbracciato soprattutto lo stile e l’estetica, ai confini del goth. Non ha mai disdegnato, soprattutto agli esordi, arrangiamenti e sonorità legate a quell’epoca, ma musicalmente le coordinate di Abra sono altre.
Nata – presumibilmente – una ventina d’anni fa nell’afroamericana Jamaica, nel Queens, cresce in una famiglia cristiana osservante. I suoi di mestiere fanno i missionari in India e altre parti dell’Asia, per lavoro mettono le basi a Tooting, South London. È proprio in una chiesa, come tanti suoi colleghi americani, che la giovanissima Abra entra in contatto con il mondo della musica. Gli inni e le preghiere diventano presto uno spunto da rielaborare in camera con la sua chitarra classica.
All’età di 10 anni va a vivere con al sua famiglia in Georgia, ad Atlanta, dove si appassiona sempre di più alle arti performative. Lei vorrebbe fare l’attrice, ma è presto scoraggiata dopo un corso di teatro particolarmente impegnativo. Capisce che la sua strada è un’altra e l’esperienza nel coro la convince a intraprendere un’altra carriera, quella cantautorale. Ascolta di tutto e reinterpreta qualsiasi cosa le passi sotto mano, da Britney Spears a Whitney Houston passando per Waka Flocka, Soulja Boy e ovviamente Gucci Mane, con delle cover acustiche che in alcuni casi finiscono su YouTube ottenendo buoni riscontri.
Grazie a questi esperimenti cattura l’attenzione di Father, boss e fondatore della Awful Records, che la invita a un party per introdurla al suo collettivo, formato tra gli altri da Tommy Genesis, Abra, KeithCharles Spacebar e Lord Narf. In quell’occasione l’estesa gang dell’etichetta stava girando un video, una scusa come le altre, per un party alcolico in grande stile. Come ha più volte ammesso Abra, i ricordi di quel primo contatto con Awful Records restano piuttosto offuscati, ma col passare dei mesi i contatti aumentano finché la giovane non diventa parte del roster dell’etichetta, alla fine del 2014.
Il primo singolo U Go, I Go colpisce al cuore molti appassionati grazie a una formula r’n’b molto casalinga e lo-fi che mette in luce il talento vocale di Abra per un EP, BLQ Velvet, molto apprezzato anche dagli addetti ai lavori seppur lontanissimo da qualsiasi scalata nelle classifiche. Il primo LP, Rose, pubblicato sempre nel 2015, ne conferma il talento e le contaminazioni con quelle atmosfere pop sintetiche dell’età d’oro della dark wave.
Abra è molto affascinante e appariscente, ma conserva sempre quello spirito solitario e riservato che la tiene per ore e ore chiuse nella sua camera a scrivere nuovi brani. A fine 2015 è assoldata come spalla in tour da Empress Of, un’altra artista che ha contaminato l’r’n’b contemporaneo con soluzioni molto originali e grazie a questo tour incontra a Miami Dean Bein, boss dell’etichetta True Panther Sound e manager di un’altra artista affine, Kelela. L’accordo fa presto ad arrivare e Abra programma la sua prima uscita, un altro EP, per l’estate del 2016. Princess è un ulteriore passo avanti che dimostra l’incontenibile vena compositiva di Abra. Brani come 4 Me e Crybaby entusiasmano subito il web con il loro gusto pop contemporaneo e raffinato.
Non provate a chiamarlo r’n’b, ma in ogni caso Abra si conferma una delle promesse più intriganti della scena di Atlanta e oltre.