New York si prepara, ancora una volta, a ricordare quell’11 settembre che cambiò il volto dell’America. Dopo 15 anni dall’attacco alle Torri Gemelle la città sente in modo ancora forte il torto che le è stato fatto. Lo sforzo di ricostruire l’area ormai nota come Ground Zero è parte del bisogno di ricordare le quasi 3.000 persone che in quella soleggiata mattinata persero la vita schiacciate tra le macerie di un World Trade Center che cadeva a pezzi. Ma è anche un modo per dire che l’America non si piega e che a New York la vita non si ferma. E questo quindicesimo anniversario segna il primo 11 settembre in un World Trade Center quasi del tutto completato che attrae ogni giorno orde di turisti. Un luogo per ricordare ma anche un luogo con lo sguardo rivolto al futuro.
Se vi recate oggi nel dedalo di strade che compongono l’estremo sud di Manhattan, camminando tra Broadway e gli uffici di Wall Street, potete infatti immergervi in un maestoso conglomerato di edifici e monumenti nati dalle ceneri del World Trade Center che fu.

Il panorama è dominato dal One World Trade Center, un grattacielo ufficiosamente conosciuto anche come Diamond o Freedom Tower che gode del primato di quarto edificio più alto del mondo e di primo nell’emisfero occidentale. Guardando in alto, infatti, spesso non se ne riesce a scorgere la punta perché le sue pareti a specchio si fondono con il cielo creando una strana illusione ottica. Ormai il suo profilo è entrato a pieno titolo nello skyline della città e costituisce un punto di riferimento per orientarsi in tutta Manhattan.
Ai piedi del One WTC si estende poi il 9/11 Memorial, costituito da due vasche che ricalcano esattamente per posizione e dimensione la base delle Torri Gemelle. Cascate di acqua scorrono incessantemente dalle loro pareti riempiendo così le piscine sui cui bordi sono incisi i nomi delle vittime dell’attacco terroristico dell’11 settembre 2001. Il Memorial è completato dall’immancabile museo dedicato alla tragedia.
Questa non è New York
La città di New York ha forse risanato le sue ferite da un punto di vista materiale, ricostruendo la zona con edifici ancora più maestosi, ma il dramma rimane impresso nello spirito degli abitanti a prescindere da quanti piani possano essere aggiunti. L’atmosfera calma e rilassante che si respira oggi sul luogo non rispecchia affatto la storia del posto che è stato al centro di molte proteste e che continua a suscitare forti emozioni. La ricostruzione di un sito distrutto da un attacco terroristico è senza dubbio una questione delicata, sulla quale decisioni unanimi sono quasi impossibili: il progetto del nuovo World Trade Center ha raccolto tante lodi quante critiche durante tutta la fase di progettazione e dopo il suo completamento. Ma questo resta uno dei pezzi di terra più di valore al mondo: ricostruire in quest’area è stato un delicato gioco di equilibrio tra memoria e business.
Una delle questioni più discusse ha riguardato il vero e proprio Memorial, costituito dalle due vasche che ricoprono lo spazio una volta occupato dalle Torri. Michael Kimmelman in un articolo per il New York Times ha così commentato il sito: “Questo posto non appartiene a New York, sembra un centro commerciale piantato nel cuore di Manhattan: formale, enorme, impersonale, monotono, qualcosa costruito per i turisti”. Sono inoltre stati materia di discussione i tanti, forse troppi divieti che regolano la condotta da mantenere nell’area: è proibito correre, giocare, prendere il sole, cantare e anche protestare. In un luogo che dovrebbe promuovere la libertà come strumento di lotta contro i fanatismi, scendere in piazza è proibito.
Nonostante questo, molti turisti sembrano apprezzare l’area che è stata costruita, con i vasconi monumentali e il futuristico WTC Transportation Hub disegnato dall’architetto Santiago Calatrava (c’è chi dice assomigli a un scheletro chi invece ci vede un uccello pronto ad alzarsi in volo). Una mattinata di settembre, solo pochi giorni prima del fatidico anniversario, ho visitato l’intero sito e ho avuto modo di parlare con guardie, turisti e lavoratori presenti sul posto, raccogliendo commenti e stati d’animo.
Un angolo di tranquillità
Camminando tra le due piscine si percepisce un’atmosfera tranquilla, quasi tetra, dove il rispetto per ciò che è successo è palpabile e il pensiero inevitabilmente compie un salto nel tempo, tornando a quel pomeriggio in cui le trasmissioni TV furono interrotte e gli schermi di tutto il mondo si riempirono di fiamme.
È impossibile non notare che, ad ogni angolo, si è praticamente circondati da un’intera squadra di poliziotti dell’NYPD e da personale della sicurezza che sorveglia le entrate dei vari grattacieli. Uno di loro, che preferisce rimanere anonimo, mi ha assicurato: “La zona era già particolarmente controllata prima dell’11 settembre anche a causa della vicinanza con il quartiere finanziario, ma oggi è ancora più sicura”. Un’altra agente, poi, ha confermato la sua tesi raccontandomi che soltanto una volta una persona ha tentato di far scaturire una protesta iniziando a cantare all’interno dell’area del Memorial, ma per la maggior parte del tempo non si verifica nulla di particolare, anzi: “La scia delle proteste che spesso hanno il loro focolare alla City Hall (il municipio di New York che si trova a circa 10 minuti di distanza) non raggiunge questa zona”.

Gerry Espinal lavora nel cantiere del New World Trade Center da dieci anni a questa parte ed ha quindi vissuto appieno i cambiamenti ai quali la zona è andata incontro. “Amo lavorare qui, tutto è molto calmo. Gli edifici si sono alzati dal suolo, è stata una grande trasformazione e un’esperienza anche a livello personale”. Espinal mi ha confermato che anche quando l’intera area di Ground Zero non era niente più che un grande cantiere a cielo aperto i turisti continuavano comunque a venire qui, attratti da ciò che era successo: “Passavano attraverso uno stretto corridoio, e guardavano cosa succedeva”. Nel caso potesse scegliere, la guardia mi ha rivelato con un sorriso che rimarrebbe comunque a lavorare qui a Ground Zero: “Non cambierei mai zona!”.
La tranquillità nell’aria è percepita anche dai turisti. Un gruppo di tre allegre signore del Wisconsin, intente nella loro seconda visita al sito di Ground Zero, mi ha infatti fatto notare che “qui tutto scorre in modo molto più lento rispetto alle altre zone di Manhattan. Tutto può succedere in ogni momento, ma per quanto possa essere paradossale, ci si sente più sicuri qui”. Le tre donne hanno definito il nuovo WTC come “un simbolo della capacità dell’America di andare avanti e migliorarsi sempre” e hanno espresso soddisfazione per il lavoro svolto negli ultimi 15 anni dal corposo team di architetti, urbanisti e consiglieri.
Astrin e Karin sono una coppia inglese di madre e figlia in visita per la prima volta a New York. Karin, che ora ha 21 anni, mi ha rivelato che, per lei, il 9/11 Memorial rappresenta un luogo molto significativo: “La tragedia dell’11 settembre è il primo evento di risonanza internazionale che mi è rimasto stampato nella memoria. Avevo 6 anni allora, e vidi la notizia in televisione. Non l’ho mai dimenticato. Venendo qui temevamo che il sito si sarebbe rivelato un po’ pacchiano o appariscente, invece non è stato così. Credo che ogni persona che viene qui debba prendersi il tempo di capire cosa è successo, in pace”.
Passeggiando ancora intorno alle due vasche ho avuto la possibilità di parlare con altre due signore americane. Cinthya, in particolare, ha sentito in modo molto personale la tragedia di 15 anni fa: “Sono cresciuta a St. Louis ma ora sono una maestra di scuola elementare nel Rhode Island [a circa 4 ore di guida da New York, nda]. Ricordo che i parenti di alcuni miei alunni morirono nell’attacco, fu un periodo molto difficile che mi fece capire quanto il mondo ormai sia profondamente interconnesso, come gli eventi abbiano una portata incredibilmente vasta. Persone che non ti saresti mai aspettato rimasero coinvolte nella tragedia. Mia sorella visitò New York nell’agosto del 2001, poco prima dell’attacco, e ha ancora delle foto che la ritraggono con le Torri Gemelle sullo sfondo. Ecco quanto è fragile il corso degli eventi”. Riguardo all’effettivo Memorial che è stato poi costruito le due signore hanno dimostrato di apprezzarlo anche se hanno precisato che “niente potrà mai rendere davvero onore alle vittime”.
Il 9/11 Memorial, però, non attrae solo cittadini statunitensi. Marie e Derrick arrivano direttamente dal Belgio e hanno confrontato la situazione americana con quella dell’Europa che, ultimamente, sta sperimentando sulla propria pelle il problema del terrorismo nel modo più duro possibile. “Vivo a Bruxelles — mi ha detto Derrick — e venendo qui non posso fare a meno di ripensare agli attentati dello scorso marzo che hanno colpito l’aeroporto di Charleroi e la stazione della metropolitana di Maalbeek. Da quel momento niente è stato più lo stesso. Credo che in qualche modo sia lo stesso per i newyorchesi” . Derrick ha poi criticato duramente il sito del Memorial: “Questo non è un monumento, è l’ennesimo tempio del commercio”.
Souvenir dall’11 settembre
Uno dei punti più controversi del Memorial è stato il gift shop all’interno del National September 11 Museum. Mentre i negozi di souvenir che si trovano alla fine della visita al MOMA o al Natural History Museum sono sempre molto apprezzati dai turisti che spendono qualche dollaro per portare a casa un ricordo della visita, qui il fatto di guadagnare grazie alla morte di migliaia di civili non è andato a genio a molte persone, prime fra tutte le famiglie delle vittime, ed è stato subito messo sotto processo dai principali tabloid di New York. Da tazze e distintivi della polizia fino a penne e spillette, passando anche per pupazzi di gomma e poster “commemorativi”, si può trovare di tutto al negozio del 9/11 Museum.
Se certamente il museo ha necessità di raccogliere i fondi necessari per mantenersi (anche se, effettivamente, far pagare 24 dollari il biglietto fa già di per sé nascere varie controversie. E lo sconto per studenti è valido solo per gli iscritti a istituti americani, nonostante sia ovvio che la grande maggioranza del pubblico sia composta da turisti!) mettere in vendita magneti e cartoline rappresentanti le due Torri Gemelle che ancora svettano nello skyline newyorchese sembra in effetti una scelta di dubbio gusto.

Anche io ho visitato il museo, il 9 settembre, pochi giorni prima del quindicesimo anniversario dell’attacco. Le sorprese iniziano già all’ingresso: prima di poter accedere alla mostra infatti ogni visitatore è sottoposto a controlli particolarmente rigidi con tanto di check delle borse e scanner a corpo intero. Ho chiesto spiegazioni ad un addetto alla sicurezza e questo mi ha assicurato che, tra tutti i musei di NY, questo tipo di perquisizioni avviene soltanto qui.
Fenomenologia di un attacco
Una volta superati i controlli si accede alla vera e propria esposizione che ripercorre in maniera meticolosa ogni dettaglio di quel fatidico martedì di 15 anni fa mettendo in mostra tutte le reliquie che è stato possibile salvare dalle fiamme. Sono infatti esposti gli elmetti protettivi usati dai volontari, le loro giacche, le tessere Metrocard delle vittime, i biglietti dello stadio e del cinema marchiati per sempre con la data dell’11 settembre.

Sono inoltre visitabili nel corso dell’esposizione i resti dei pilastri e delle rovine appartenenti agli edifici originari del World Trade Center. Il tutto è corredato da pannelli esplicativi piuttosto curati che raccontano le dinamiche, cause e conseguenze non solo dell’attacco alle Torri Gemelle, ma anche dei due forse meno conosciuti ma simultanei attacchi al Pentagono e dell’aereo diretto a Washington ma dirottato dall’equipaggio e poi schiantatosi a Stonycreek Township, in Pennsylvania.
Proseguendo con il percorso, l’esposizione acquista un carattere maggiormente tecnico e, soprattutto, storico, cercando di spiegare nel modo più semplice possibile come e perché Al-Qaeda ha fatto quel che ha fatto. Sia i pannelli che il video preparato per i visitatori del museo sono molto espliciti e per questo sono stati criticati, ma a me sono sembrati piuttosto corretti: viene citato per esempio anche il fatto che gli stessi Stati Uniti, durante la guerra combattuta in Afghanistan tra russi e ribelli nel contesto della Guerra fredda, finanziarono le milizie dei Mujahideen attraverso l’intelligence pakistana inconsapevolmente accelerando in questo modo la nascita di Al-Qaeda.
La polizia ricorda
Uscita dal museo ho passeggiato per Liberty Street e, improvvisamente, mi sono ritrovata nel mezzo di una parata. Chiedendo ai vari ufficiali presenti sul posto ho scoperto che proprio il 9 settembre il Dipartimento di polizia di NY (NYDP) ha organizzato una sfilata commemorativa in onore dei 23 poliziotti morti durante gli attacchi e dei 99 che persero la vita nei giorni successivi a causa delle ferite e traumi riportati. A mezzogiorno il tratto più meridionale di Broadway si è riempito di ufficiali in kilt con tamburi e cornamuse provenienti dai corpi di polizia di tutto il paese, giunti sul posto appositamente per ricordare l’indelebile evento. Ha preso parte all’evento anche il sindaco di New York, Bill de Blasio.
Ho cercato di rubare qualche veloce commento ma, come risaputo, la polizia della città non è mai molto incline a parlare con la stampa e ogni volta che nominavo la parola press si allontanavano velocemente.
A quanto pare, però, l’evento non ha goduto di una grande copertura mediatica perché tutte le persone intente a filmare e fotografare la parata, sia turisti che uomini d’affari in pausa pranzo, mi hanno confermato di essere lì quasi per caso e di non essere stati a conoscenza dell’evento.
La città che non dimentica
New York si prepara a commemorare il quindicesimo anniversario della caduta delle Torri Gemelle. L’11 settembre avranno luogo per l’occasione numerosi eventi, tra i quali ricordiamo la celebrazione ufficiale al World Trade Center dalle 8:30 alle 12:00 (la partecipazione è privata ma l’evento sarà trasmesso in tv) e, soprattutto, il Tribute in Light curato dalla Muncipal Art Society of NY che lancerà nel cielo due potenti fasci di luce azzurra originati nel luogo precedentemente occupato dalle Torri. I fasci saranno visibili fino a 100 chilometri di distanza dal tramonto del 11 settembre all’alba successiva. Alla Saint Paul Chapel poi, situata poco lontano dal WTC, alle 8:46 del mattino (quando il primo aereo si schiantò sulla Torre Nord), la campana suonerà un inno di speranza. In questa giornata particolare, inoltre, il National September 11 Museum rimarrà chiuso ai turisti e sarà accessibile solo alle famiglie delle vittime.
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