Il crollo del viadotto dell’autostrada Palermo-Catania ha richiamato l’attenzione sul problema dei servizi e delle infrastrutture del Belpaese. Sul fatto che se da poco più di un secolo il Meridione è indietro rispetto al resto dell’Italia, ciò è dovuto alla scelta dei governi nazionali di non destinare a questa parte del territorio nazionale le stesse ‘attenzioni’ che invece erano destinate al resto del Paese.
Subito dopo che la Sicilia è rimasta praticamente spaccata in due a causa della chiusura della principale autostrada di collegamento tra Palermo e Catania, tutti gli esemplari di Homo Politicus e molti dei tecnici al loro seguito hanno promesso che, in tempi brevi, sarebbero stati organizzati servizi aerei supplementari per collegare le due maggiori città dell’Isola. Dimenticando, però, che l’autostrada oggetto del crollo attraversa altre due province (Caltanissetta ed Enna) e decine e decine di Comuni. Comuni che, in teoria, avrebbero potuto utilizzare un altro trasporto: quello su rotaia.
Il problema è che la situazione di degrado delle autostrade siciliane (e forse nazionali) non è un caso isolato di carenza di servizi nel settore dei trasporti: anche le Ferrovie nel Meridione, e in modo particolare in Sicilia, presentano numerosi problemi. E il divario che esiste tra Nord e Sud è enorme.
Qualche mese fa l’amministratore delegato di Trenitalia, Michele Mario Elia, e l’allora Ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, hanno presentato orgogliosi il nuovo ‘gioiello’ di Trenitalia, il Frecciarossa 1000. Un treno costato 30 milioni di euro prodotto dalla Ansaldo Breda che dovrebbe rivoluzionare il trasporto su rotaia in Italia: potrà raggiungere la velocità di 350 chilometri all’ora e abbattere i tempi di percorrenza sulle principali tratte dell’alta velocità. Un treno che, sulla carta, dovrebbe diventare concorrente diretto addirittura dei trasporti aerei.
In quell’occasione nessuno ha fatto notare che, come nel settore delle autostrade, anche per il trasporto su rotaia l’Italia viaggia a due velocità: la qualità della maggior parte dei treni che circolano in Italia è ben lontana dal Frecciarossa 1000 e se si scende verso il Meridione d’Italia la situazione peggiora drasticamente. Spesso i passeggeri sono costretti a salire su treni diesel con solo un vagone o due. Senza contare che i tempi di percorrenza delle varie tratte sono altissimi: i ritardi sono all’ordine del giorno, dovuti anche al binario unico che caratterizza i percorsi. Ma non basta: molte volte le vetture sono sporche, vecchie e affollate, i bagni impraticabili, d’inverno manca il riscaldamento, d’estate l’aria condizionata, molte linee sono prive di vagone ristorante o, almeno, di distributori automatici. (sopra, a destra, foto tratta da immaginidalmondo.net)
Come riportato in una recente indagine sulla qualità del trasporto su rotaia, nel Bepaese, tra tagli, ritardi, disservizi, e scioperi, spesso usare i treni in Italia equivale a compiere veri e propri viaggi della speranza. La speranza, prima di tutto, di veder partire in orario il treno e, poi, di arrivare con un ritardo accettabile. Un vero e proprio ‘viaggio della speranza’ che per i pendolari diventa un incubo. Pochi ne hanno parlato, ma i maggiori danni causati dal crollo del viadotto non saranno per i viaggiatori occasionali né per l’ANAS: ad avere problemi saranno prima di tutto quanti utilizzavano quella autostrada per lavoro o per studio. Persone che utilizzavano le corriere (o la propria vettura) e che non potranno ripiegare sui treni.
Tra pochi mesi i viaggiatori diretti dalla Sicilia al resto d’Italia (e viceversa) ad un certo punto della tratta saranno costretti a scendere dal treno e proseguire a piedi. Nessuno ne ha parlato ma, a partire da questo mese, i treni che portano dalla Sicilia al ‘’Continente’ si fermeranno a Messina. I passeggeri saranno costretti a scendere, prendere i propri bagagli e traghettare sui mezzi della Metromare. Poi, una volta sbarcati a Villa San Giovanni, potranno salire su ‘altri’ treni diretti al Nord. Il tutto sempre che, nel frattempo, si trovino i fondi per pagare la Metromare: il sindacato dell’Orsa ha denunciato in un comunicato che “il ministero dei Trasporti, già dal 23 dicembre, aveva autorizzato la soppressione dei treni e che al momento non sono disponibili neanche i 30 milioni per sovvenzionare il servizio Metromare perché bloccati nell’iter burocratico”. (sopra, a sinistra, un'immagine dello Stretto di Messina: foto tratta da presenza.com)
La differenza tra il servizio offerto al Nord e quello a disposizione delle altre regioni d’Italia è abissale. La conferma, se mai ce ne fosse bisogno, arriva anche dal monitoraggio effettuato dall’ONF, l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori: per andare da Milano a Bologna (219 chilometri) si impiegano 1 ora e 2 minuti; per percorrere la tratta da Catania a Palermo (quasi la stessa distanza: 243 chilometri) ci vuole il triplo del tempo (3 ore e 5 minuti).
Qualche mese fa lo scrittore inglese Tim Parks ha scritto un libro, Italian Ways, in cui racconta cosa significa viaggiare in treno nel Belpaese. Parks racconta quali sono le regole “non scritte”, ma indispensabili per chi viaggia su rotaia in Italia. “Le ferrovie sono state costruite per ragioni politiche e non economiche, al fine di unire il Paese dopo la fondazione del Regno d’Italia”. Un’unione che, stando a come si viaggia in treno oggi, pare proprio non essere mai stata realizzata. E ancora: “Ai gestori non interessa come ci si senta sui treni. I conduttori possono perfino arrestare le persone sul treno, mentre nei luoghi dove lo Stato non è presente, come la Sicilia, la rete è praticamente inesistente”.
È questo forse il vero problema. In Italia pare proprio che non ci sia nessuna voglia di colmare il gap che esiste tra Nord e Sud del Paese. E l’ultimo governo, quello del ‘Nuovo che avanza’, non è da meno dei predecessori: tante parole, tante promesse, ma pochi fatti. Anzi nessuno: sarà difficile per il Sud (e per la Sicilia) colmare il gap che la separa del resto del Paese dopo che proprio Renzi, alla fine dello scorso anno, ha azzerato i fondi per la realizzazione non di una, ma di tutte le grandi opere previste nel Meridione. Il governo nazionale ha deciso che i soldi degli italiani (inclusi quelli dei meridionali e dei siciliani) dovranno servire alla reindustrializzazione del SIN di Trieste, alla bonifica e alla reindustrializzazione del sito industriale di Piombino, al recupero produttivo dell’area ex Carbochimica del sito nazionale di Fidenza (Parma) a finanziare la filiera Terre da vino in Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Emilia Romagna, al settore degli ovoprodotti tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, al florovivaismo in Toscana, al settore del latte tra Genova Torino e Vicenza, il settore della produzione dei kiwi e del melo in Emilia Romagna e nel Lazio.
E al Sud? Niente: nelle regioni meridionali si potrà continuare a viaggiare a passo di lumaca costretti spesso a soste impreviste a causa della linea ferroviaria che in molti tratti è ancora a binario unico. Come il tratto Termoli-Lesina sulla linea ferroviaria Adriatica (ancora a binario unico): i progetti sono pronti e approvati, ma mancano i soldi (nazionali) per realizzarli. E la situazione è, se possibile, ancora peggiore in Sicilia dove dei 1.209 chilometri di ferrovia presenti, solo 178 sono a doppio binario, tutto il resto è ancora a binario unico. Non solo. Di questi, ben 578 chilometri sono non elettrificati: su queste rotaie possono viaggiare solo treni diesel.
Anche in Sicilia qualche piccolo raddoppio della linea era stato promesso come la tratta Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono: totalmente finanziata, l’opera è stata dichiarata ‘cantierabile’ già dieci anni fa. Oggi, dopo due lustri, uno dei lotti è stato realizzato per metà, per gli altri i lavori non sono neanche cominciati.
E anche dove la linea ferrata è stata realizzata i servizi sono scadenti: mancano le corse perché mancano i treni. “I collegamenti tra città esistono, i treni no. Perciò alcune tratte vengono eliminate mentre su altre opera un solo treno, per giunta vecchio, così i tempi di attesa e percorrenza sono lunghissimi, come ha denunciato il filmmaker ragusano Alessio Micieli: “A volte si fa prima ad andare a piedi”.
Dopo il crollo dell’autostrada Palermo-Catania i disagi per i siciliani (cittadini italiani anche loro) sarebbero stati molto minori se avessero potuto beneficiare di servizi ferroviari efficienti. Ma questo a Roma non interessa. Ai politici che siedono comodamente in Parlamento interessa solo vantarsi di Frecciarossa 1000, il nuovo gioiello di casa Trenitalia. Un gioiello che, però, a ben guardare, non è poi così ‘prezioso’: forse mentre Trenitalia e il Governo pensano a treni come questo, in altri Paesi, quelli dove il trasporto su rotaia è davvero considerato prioritario, si utilizzano treni che raggiungono il doppio della velocità. In Giappone è già operativo il treno a levitazione magnetica Maglev, che viaggia alla velocità di 603 chilometri l’ora.
È questo il vero problema dell’Italia: mentre i nostri politici si vantano delle proprie performance e della ‘crescita’ del Belpaese non si accorgono che intanto il resto del mondo sta viaggiando al doppio della velocità… e non solo sulle rotaie.