Il doughnut o donut al pari della apple pie, la torta di mele (quella preparata da Nonna Papera per intenderci), rappresenta uno dei tanti simboli alimentari degli
Stati Uniti. Definirlo specialità o, ancora meglio, eccellenza gastronomica risulta alquanto difficile considerati gli ingredienti non proprio salutari e il notevole apporto
calorico. Un doughnut e una tazza di black coffee – il caffè americano come lo chiamiamo noi – sono la proposta più diffusa di molte catene di caffetterie e fast-
food per una prima colazione veloce ed economica.
Come altri prodotti, oggetti o avvenimenti, ogni anno negli Stati Uniti anche il doughnut ha la propria giornata nazionale: il National Doughnut Day, celebrato il
primo venerdì di giugno. L’origine di questa ricorrenza è alquanto bizzarra: fu istituita nel 1938 dal Salvation Army, l’Esercito della Salvezza, per onorare i propri
soldati che distribuivano ciambelle durante la Prima Guerra Mondiale.
In America i doughnut più diffusi sono prodotti da due colossi della prima colazione: DUNKIN’ – la maggiore catena al mondo del settore con 10.132 punti vendita di cui
circa 500 solo nella città di New York (curiosamente in Italia esiste un punto vendita. Dunkin’ situato all’interno della base militare americana ‘Camp Ederle’ di Vicenza) – e Krispy Kream. Alcuni sondaggi effettuati da autorevoli riviste, non solo gastronomiche, indicano tuttavia che il titolo di simply the best, ossia di migliori ciambelle, siano quelle di LaMar’s Donuts, piccola catena presente in appena cinque dei cinquantuno stati federati.
Come spesso accade per le preparazioni famose, sono molte le leggende legate alle ciambelle americane. Di sicuro si conosce il nome del suo inventore – Hanson
Crockett Gregory (1832 – 1921) – un marinaio del Maine, successivamente capitano ad appena 19 anni, e la data della “scoperta”: 22 giugno 1847. Sembrerebbe che il foro fosse stato praticato per un’esigenza pratica, ossia eliminare la parte. centrale che anche dopo la cottura risultava cruda ed eccessivamente unta. Gregory
suggerì questo accorgimento alla madre, la quale preparò delle particolari ciambelle aromatizzate con scorza di limone, noce moscata e cannella, spezie che il figlio era
solito portare di ritorno dai suoi viaggi. Il buco creato al centro una volta cotto, venne convenientemente utilizzato per riempirlo con noci o nocciole. Da qui
l’origine del nome: dough (impasto) e nut (nocciola) anche se un’altra teoria sull’etimo cita la forma dell’impasto originale, quello senza buco, somigliante ad una
nocciola.
I doughnut si preparano con un impasto di lievito, latte, farina, burro, zucchero, sale. Sono quindi fritti in olio di semi e successivamente glassati con una soluzione di
acqua e zucchero. Tempo fa, qualcuno – asceta della dolce mistura fritta o scienziato perdigiorno – si è preso la briga di calcolare con tanto di formula matematica le
dimensioni ideali per ottenere il perfetto equilibrio in termini percentuali tra morbidezza (78%) e croccantezza (22%): (r-2)² / 4(r-1).
A conti fatti la ciambella perfetta – l’ORIGINAL GLAZED DONUT – dovrebbe avere un diametro compreso tra 7,2 e 8,2 cm e un foro di circa 1,1 cm (nessuna altezza
specifica), non molto diversa dalla versione tradizionale. Oltre ai ring doughnut conosciuti anche come original glazed doughnut esistono anche i filled doughnut,
simili ai krapfen, disponibili in decine di varianti. I più comuni sono ripieni con confettura di lamponi, crema inglese, crema al cioccolato o crema bavarese.
Poco importa se i doughnut sono una bomba calorica e un concentrato di grassi. Ma, come diceva qualcuno: “La felicità non si può comprare, ma si possono comprare le
ciambelle; che è un po’ la stessa cosa. E ancora meglio mangiarle e lasciare il buco agli altri”.