I baicoli (si pronuncia baìcoli, con l’accento sulla prima ‘i’) sono dei biscottini secchi della tradizione dolciaria veneziana nati verso la fine del ‘700. Incarnano l’uso, tipicamente marinaresco, di ‘biscottare’ o di produrre alimenti adatti ad essere caricati sulle navi e consumati durante i lunghi viaggi in mare, perché di facile conservazione e di pronto consumo.
Le caratteristiche principali di questi biscotti – misurano 8 cm di larghezza, 4 di altezza e appena 3 mm di spessore – sono di essere leggeri e, soprattutto, di conservarsi croccanti e fragranti nel tempo. Il loro nome è dovuto alla similitudine, benché grossolana, dei piccoli cefali detti, appunto, ‘baicoli’ in dialetto veneziano. Un dolce nato sì per i marinai, ma che seppe ben presto conquistare anche i palati più esigenti dell’aristocrazia veneziana che li serviva inizialmente con il tè.
La ricetta prevede ingredienti facilmente reperibili: farina, latte, lievito di birra, zucchero, burro e albumi. L’apparente semplicità si trasforma in una preparazione estenuante e faticosa che richiede perizia. Quattro le fasi: due per l’impasto, altrettante per la cottura. Si mescolano latte e lievito con una parte di farina e si lascia riposare l’impasto. Quindi si impasta nuovamente aggiungendo il resto della farina, il burro, l’albume leggermente montato, lo zucchero e un pizzico di sale. Si forma un panetto e si cuoce in forno: quando la superficie è imbiondita, si sforna e si taglia a fettine, quindi vengono rimesse a cuocere fino a completa doratura.
Al pari dei zàleti, i baicoli sono i biscotti più noti di Venezia legati dal 1911 a un produttore preciso – Angelo Colussi – e alla confezione che ha rappresentato per anni il souvenir più acquistato da chi tornava da una visita in città. La particolarità di questa scatola è l’immagine stampata sul coperchio raffigurante un nobile veneziano (si favoleggia addirittura Giacomo Casanova) nell’atto di donare a una dama il celebre biscotto e, sullo sfondo notturno, il campanile di San Marco e altri simboli caratteristici del capoluogo lagunare come il ferro di una gondola e due paline. L’ode che l’autore del Dizionario del dialetto veneziano – il magistrato e giurista Giuseppe Boerio – gli dedica e che è riportata sulla scatola, descrive bene le caratteristiche peculiari di queste gallette: “Non c’è a questo mondo nessun biscotto più buono, più fine, più dolce, più leggero e sano da intingere nella tazza o nel bicchiere del nostro baicolo veneziano”.
I baicoli si servono con la cioccolata calda, con il caffè, con un vino passito, ma si sposano bene anche a una composta di mele o di albicocche. Il binomio perfetto, in ogni caso, è con una tazza di zabaione appena caldo.