Se ogni cibo crea una propria atmosfera, quella del Club Sandwich profuma di New York, di lusso e di grandi alberghi come il Warwick Hotel all’interno del quale si trova il Randolph’s Bar & Lounge, il luogo migliore per apprezzare la rilettura fedele e ghiotta di questo particolare panino, simile a un tramezzino multistrato. Ed è insolito se si pensa che non è una pietanza a base di caviale, bensì un panino con ingredienti sostanzialmente semplici e di facile reperibilità. Ciò nonostante, basta ordinare un Club Sandwich per sentirsi dentro le atmosfere de Il Grande Gatsby, il celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald ambientato, appunto, nell’estate newyorkese del 1922.
Da più di un secolo questi tre strati di pancarrè farciti con pollo, bacon, pomodoro, lattuga e maionese sono protagonisti nelle caffetterie degli hotel più lussuosi e dei circoli più esclusivi: a detta di una mitologia documentata nel 1940 dal libro New York – A Guide to the Empire State la ricetta nacque nel 1899 presso la cucina della casa da gioco Saratoga Club House di Saratoga Springs, nello stato di New York, grazie all’inventiva del cuoco Danny Mears. Secondo un’altra, la primogenitura spetta all’Union Club di Manhattan, questa volta nella città di New York. A dar retta a una terza versione, fu un anonimo cittadino americano rincasato a tarda notte a mettere fra tre fette di pane ciò che aveva in casa per poi proporre l’idea al proprio circolo. La quarta, è probabilmente la più fantasiosa: la parola CLUB, infatti, altro non sarebbe che l’acronimo, in inglese, degli ingredienti della farcitura di un particolare panino imbottito – Chicken, Lettuce, Under Bacon.
Quel che è certo è che la ricetta codificata appare già nel 1903 nella rivista americana The Good Housekeeping (La Brava Casalinga) e si compone di alcune fette di petto di pollo (preferibile) o petto di tacchino freddo accompagnate da bacon croccante, lattuga del tipo iceberg o romana, pomodoro, uova sode e maionese tra due fette imburrate di pane bianco in cassetta leggermente umido. Inoltre il Club Sandwich è citato anche tra le specialità alimentari presentate all’Esposizione Internazionale di Saint Louis del 1904. Solo quattro anni più tardi, nel 1908, appare per la prima volta il triple-decker, ovvero il panino con tre strati composti da altrettante fette di pane anziché le classiche due. Tra i molti estimatori anche Edoardo VIII, il re inglese che abdicò nel 1936 per impalmare l’americana Wallis Simpson (… e con lei godersi il famoso sandwich a bordo piscina).
Fin qui è storia. Ma la cosa sorprendente è che questa ricetta apparentemente semplice, a distanza di più di un secolo continua ad avere successo e a essere in carta in molti locali eleganti, moderni bistrot e caffetterie. Particolarmente negli hotel, è una pietanza che i clienti possono sempre richiedere: dalla mattina fino a notte inoltrata ed è una sorta di biglietto da visita capace di intaccare la reputazione del ristorante dell’albergo. Rappresenta l’abc della cucina, un po’ come l’omelette o la Caesar Salad e pochi altri piatti cosiddetti globali.
Il Club Sandwich è un pasto veloce, informale, relativamente economico; al Randolph’s Bar & Lounge viene proposto a circa 30 dollari con un contorno di French fries, le comuni patatine fritte. In più, ha un gusto facile, è invitante alla vista, è semplice da mangiare tagliato, come si usa, a triangoli. E si sposa a mille abbinamenti. Nelle farciture – non solo pollo e bacon, ma anche roast-beef, cipolla e senape o salmone affumicato, avocado e cetriolo. Curiosamente è la pietanza dei paradossi: nonostante sia la quintessenza del cibo globale, è percepito come un piatto raffinato; in Nord America è considerato come magro, ma in realtà è una pietanza ipercalorica. In più, sebbene venga annoverato tra i fast food, è un alimento che richiede tempo per essere preparato a dovere.
E la bevanda ideale da abbinare? Si può optare per un Gin Tonic, utilizzando in questo caso del gin rosa, dal gusto fresco, mediterraneo, con un lungo finale di ginepro accompagnato da leggere note di rabarbaro e pompelmo rosa. Con meno ghiaccio rispetto alla preparazione tradizionale (anche se tecnicamente non sarebbe corretto), per evitare lo sbalzo termico in bocca che inibirebbe il senso del gusto.