Dopo un periodo di assenza da queste pagine torno volentieri e proseguo con voi il cammino per scoprire e riscoprire le espressioni della cucina siciliana, testimonianza di civiltà e cultura dell’accogliere.
Mio padre nel mettersi a tavola amava dire: ‘A tavula è trazziera (La tavola è come un sentiero di campagna: e quindi ci si incontra), sperando in cuor suo che, al termine delle parole, suonasse il campanello della porta. Spesso si verificava e mamma, che non amava farsi sorprendere, doveva solo offrire la sedia ché i piatti erano già a tavola e la/le pietanza/e calda/e erano sufficienti per altri ospiti.
Da qualche giorno la Chiesa ha iniziato il periodo di Avvento con il primo Vespro di Novena dell’Immacolata. Il freddo invernale ha già bussato ed in cantina si cominciano a rompere i veli del mosto. Si riordina per tenere pronti gli ingredienti di dolci e prelibatezze per le festività natalizie.
Dalle ceste di semina di fave e piselli si raccolgono spezzoni di quelle fave secche rotte che non sono state utilizzate in semina. Gli spezzoni vengono liberati da frammenti di bucce e spolverati delicatamente sotto un getto d’acqua. Oggi le fave sbucciate/spezzate si trovano nei negozi alimentari già pronte per essere cucinate. Procediamo quindi a preparare un piatto forte della cucina contadina di questi giorni.
Ingredienti per 5 persone:
Fave secche 500 gr
Cipolla 1
Finocchietto selvatico 2 rametti (in alternativa 1 rametto di rosmarino fresco)
Due mazzi di borragini (se non le trovate vanno bene delle biete)
Sale e pepe
Olio E.V.O. (Nocellara novello)
Preparazione
Mettere le fave in un tegame e aggiungere acqua sino coprirle interamente. Lasciare in ammollo una notte intera. Accendere il fuoco a fiamma moderata e ponetevi il tegame con le fave coperto cui avete aggiunto i rametti di finocchio selvatico (o il rosmarino). Lasciare cuocere per un’ora e girare con il cucchiaio di legno.
Intanto preparare una pentola con acqua bollente salata ed immergervi i vurrani (le borragini), fare bollire per 10 minuti. Tenere disponibile l’acqua di cottura ed un mestolo. Quando le fave assorbono tutto il liquido aggiungere un mestolo di acqua ‘ri vurrani e girate con il cucchiaio di legno “ammaccando” (spingendo/pestando) le fave più grosse e dure.
Attenzione: il macco è un piatto che va cucinato con pazienza, quindi niente frullatori, ma solo sano lavoro di cucchiaio, piccole dosi d’acqua in aggiunta e fuoco lento. Il risultato sarà una crema corposa e delicata.
Intanto tritare la cipolla e fare appassire in un pentolino con due generosi cucchiai di olio, indi versare nel tegame delle fave in cottura. Aggiungere il sale e il pepe quando tutte le fave sono ammaccate spegnere il fuoco. Scolare le borraggini, tagliarle grossolanamente ed aggiungere nel tegame con le fave, versare una bella dose di olio e coprire con coperchio lasciando riposare per una decina di minuti. Molti aggiungono la pasta, ed in questo caso in casa mia si usavano, come in tutte le minestre a base di legumi, a pasta ‘mmiscata (spezzoni di tipi di pasta diverse). Ma vi consiglio di mangiarlo così, tuttalpiù accompagnatelo con qualche pezzetto di pane cotto a legna (meglio se impastato con farina scura di grano tumminìa).
Consiglio: Accompagnate il Macco con un rosso giovane di uve Perricone.
Discussion about this post