E se l’Arte fosse il più grande inganno di tutti i tempi, una straordinaria truffa ben architettata, o magari un gigantesco scherzo che ci sfugge da sempre? Forse, nel regno dell’arte, nulla è come sembra. Il complotto di Tirana, il nuovo documentario di Manfredi Lucibello, presentato nella sezione Freestyle alla Festa del Cinema di Roma, racconta una delle truffe più ingegnose e audaci mai orchestrate nel mondo dell’arte contemporanea. Una burla degna del miglior Maurizio Cattelan.
Torniamo indietro di qualche decennio, precisamente agli anni 2000. È un periodo in cui l’arte contemporanea sperimenta senza freni, ma anche di critiche taglienti e senza pietà. FlashArt, la rivista d’arte più influente diretta dal critico Giancarlo Politi, pubblica una lista che fa discutere: i peggiori artisti contemporanei. Penultimo nella classifica c’è Oliviero Toscani, il fotografo famoso in tutto il mondo. Ma è l’ultimo nome a catalizzare l’attenzione: Marco Lavagetto, un artista che, a detta di Politi, merita l’ultimo gradino di questo “podio” controverso. Un nome che, da questo momento, si inciderà a fuoco nella storia dell’arte.
Toscani, furioso per essere stato umiliato pubblicamente, non perde tempo: prende la tastiera e sferra un’email al vetriolo contro Politi, insultandolo senza troppi giri di parole. Politi non si lascia certo intimorire e risponde con altrettanta veemenza, innescando una battaglia epistolare che, come spesso accade tra titani, si trasforma presto in una tregua. E qui arriva la svolta: Politi invita Toscani a curare una sezione della prima Biennale di Tirana, prevista per dicembre 2000. Un’idea audace, a cui Toscani risponde con un colpo di genio (o di follia, a seconda dei punti di vista).
Il fotografo seleziona quattro artisti dal curriculum più che controverso, figure capaci di scuotere ogni coscienza benpensante. C’è Dimitri Bioy, un sospetto pedofilo; Marcello Gavotta, un dichiarato pornografo; Bola Equa, un’attivista nigeriana perseguitata dal suo governo; e Hamid Picardo, che si vanta di essere il fotografo ufficiale di Bin Laden. Toscani non si limita a questo: lancia anche un manifesto che fa storcere il naso a molti, una bandiera albanese specchiata che pare quasi uno schiaffo all’orgoglio nazionale. E tutti gli ingredienti per la controversia sono sul tavolo.
La data fissata per l’inaugurazione è il 14 settembre 2001. Ma, come ben sappiamo, l’11 settembre 2001 segna un punto di rottura nella storia mondiale con l’attentato alle Torri Gemelle a New York. Da Tirana contattano subito Toscani: “Ha intenzione di partecipare lo stesso?”. E qui, tra sospetti e colpi di scena, prende il via quella che diventerà una delle più grandi beffe dell’arte contemporanea.

Ora che i reati sono prescritti, Manfredi Lucibello riporta in vita i protagonisti di questa storia incredibile. Senza rivelare troppo, ci basti sapere che, alla fine, proprio colui che sembrava essere l’artefice di tutto viene rivalutato. La realtà si intreccia con la finzione, e chi credevamo di conoscere si trasforma sotto i nostri occhi: è un genio o un pazzo? Un maestro dell’arte o solo un uomo accecato dalla rabbia per essere stato messo all’ultimo posto di una classifica? Alla fine, il documentario ci lascia con un dubbio: ha davvero senso etichettare tutto e tutti? E non siamo forse anche noi, unici e molteplici, come lo sono le opere d’arte?
Lucibello stesso riflette sul senso di quest’opera: “Che cos’è l’arte?” si chiede, come se stesse lanciando un sasso in un lago immenso, aspettando invano una risposta. “Il documentario non vi darà risposte definitive” confessa. “Io stesso ci ho provato, ma ogni definizione mi sembrava solo un tentativo limitante di afferrare qualcosa che è in continua evoluzione”.