Dal kolossal Oppenheimer con cui ha vinto l’Oscar, all’intimismo di un film ambientato negli anni Sessanta della sua Irlanda: non potrebbe esserci differenza maggiore per Cillian Murphy, che torna sul grande schermo con Piccole cose da nulla – Small Things Like These di Tim Mielants, presentato in anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma.
Tratto dal bellissimo omonimo romanzo breve di Claire Keegan, il film era stato selezionato per aprire il 74esimo festival di Berlino ma da allora era rimasto in sospeso. Arriva nei cinema degli Stati Uniti l’8 novembre, nelle sale italiane dal 29.
È la storia di un piccolo imprenditore che si è costruito una vita nella sua cittadina, e si trova quasi per caso di fronte all’abuso delle ragazze madri rinchiuse nel convento locale: una cosa che tutti sanno e tutti fingono di non vedere. Ma Bill Furlong è schiacciato fra la memoria di sua madre – lui stesso è nato illegittimo – e l’ansia per le sue cinque figlie – se succedesse a una di loro? – nonché la paura di sfidare la potenza spirituale ed economica della Chiesa.
Il tema è già stato trattato al cinema (The Magdalene Sisters di Peter Mullan è del 2002, Philomena di Stephen Frears con Judi Dench del 2013) ma sempre attuale (non accadde solo in Irlanda), e qui è la prospettiva che cambia: è attraverso gli occhi tormentati di Bill, un uomo, che si legge la vicenda. In causa non ci sono solo le suore (magnifica Emily Watson come gelida, ipocrita madre superiora) e la crudeltà di strappare i figli alle ragazze: c’è una intera società che guarda dall’altra parte, le famiglie che abbandonano le figlie, la violenza dei giovani maschi, il pericolo che si corre solo per essere donne, la sperequazione del potere fra i sessi, l’alleanza possibile o negata fra donne. Cillian Murphy risulta fin troppo angosciato, fin dall’inizio, anche per la fotografia che indugia continuamente sul suo viso; ma che riesce a renderlo un lavoratore qualunque, stanco e sporco di carbone nonostante i celebri occhi azzurri.
Alla fine, è un film sommesso, fatto di piccole cose appunto, ma le piccole cose possono diventare una valanga. Murphy figura nel lungo elenco dei produttori assieme a Matt Demon e Ben Affleck. È una storia che tocca da vicino le sue radici, e per lui – che si definisce con orgoglio irlandese – il primo film sulla terra natia dal lontano Il vento che accarezza l’erba (The Wind That Shakes the Barley), con cui Ken Loach nel 2006 rese omaggio ai caduti della guerra di liberazione irlandese.
Nel 2025 l’attore premio Oscar ha già due pellicola annunciate su tutt’altro registro: 28 anni dopo (28 Years Later) di Danny Boyle, horror post-apocalittico terzo capitolo della serie di film 28 giorni dopo, e l’attesissimo film diretto da Stephen Knight, ora in corso di produzione, che deve concludere idealmente la serie britannica Peaky Blinders (2013-2022), in cui per la prima volta Murphy era stato protagonista assoluto nei panni del gangster Tommy Shelby.