Il mio incontro con l’America è stato un viaggio straordinario. Ho esplorato il sud e visitato la California, ma in fondo mi sono sempre sentito newyorkese. New York City è la mia città. È un luogo elettrizzante, un ritmo frenetico, un’incredibile concentrazione di movimento, spazio e tempo. È una città senza radici, eppure l’unica in cui posso immaginare di metterne. Amo New York, è come un modello di città: apparentemente trasparente, senza misteri, eppure la padroneggio mentalmente, riuscendo a contenerla tutta in un unico pensiero. Ne sono innamorato, e come ogni innamorato ho un rapporto complesso con l’America: la leggo avidamente, ne sono geloso, come chi pretende di comprenderla appieno. Un giorno, sotto il mio nome sulla mia tomba, scriveranno: ‘newyorkese’.
Lo scrive Italo Calvino nelle sue Lezioni americane, uno scrittore che, a 101 anni dalla nascita, rimane un affabulatore straordinario e continua a incantarci. Il visionario documentario Italo Calvino nelle città, realizzato e diretto da Davide Ferrario, che ha scritto il progetto insieme allo scrittore Marco Belpoliti, è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Freestyle Arts. Con la partecipazione di Valerio Mastandrea, Alessio Vassallo, Filippo Scotti e Violante Placido, il film ci ricorda ancora una volta quanto sia necessario, oggi più che mai, tornare ai suoi scritti, alle sue parole, alla sua immaginazione. “Il futuro ci riserva una sola domanda: cosa uscirà dalla Russia, paese senza distrazioni, e dagli Stati Uniti, paese dalle mille distrazioni?” scriveva Calvino subito dopo la guerra, presagendo già un futuro distopico.
La narrazione si sviluppa attraverso tre diversi volti dell’autore, rappresentati da altrettanti attori che interpretano le diverse fasi della sua vita, dal giovane nato a Cuba nel 1923 fino all’affermato scrittore scomparso a Siena nel 1985. Questo espediente narrativo consente allo spettatore di attraversare l’intero percorso esistenziale, passando dalle sue esperienze personali ai mondi fantastici che ha saputo creare. Inoltre, Violante Placido incarna le sue città invisibili, in un continuo gioco di salti tra realtà e immaginazione, seguendo gli impossibili non-luoghi del suo capolavoro “Le città invisibili”.
Ferrario e Belpoliti lo spiegano bene mentre raccontano la genesi di questo progetto: “Ci sono autori che credi di conoscere perché li hai studiati, perché sono grandi. Ma in realtà, raramente li conosci davvero,” afferma Ferrario. “È affascinante il lavoro che nasce dall’incontro tra un regista, che lavora con le immagini, e uno scrittore, che lavora con le parole, nel tentativo di dare una forma cinematografica a un autore.” Poi aggiunge: “I film, soprattutto i documentari, non si fanno per dimostrare qualcosa, ma per intraprendere dei viaggi. E se il tuo compagno di viaggio è Calvino, beh, hai scelto un ottimo compagno”.

Ferrario ha proseguito spiegando come, ispirandosi allo stile di Calvino, hanno dato forma visiva a luoghi impossibili: “La cosa affascinante di Calvino è la sua scrittura essenziale. I suoi libri sono brevi, non c’è mai una parola di troppo, e ogni parola ha un peso straordinario. La sfida era trasformare tutto questo in immagini. Alcune città descritte da Calvino potevano sembrare fantastiche, quasi da effetti speciali, ma usarli sarebbe stato un tradimento del suo spirito, e lo avremmo fatto male. L’idea, invece, era di procedere al contrario: trovare quell’elemento astratto che esiste già nelle città in cui viviamo, lo stesso che Calvino illuminava nelle sue città immaginarie, che in fondo erano le città reali in cui abitiamo. Così, ho guardato intorno a me, nel mio territorio – in questo caso Torino, anche per motivi di budget – cercando quegli elementi capaci di evocare le stesse suggestioni delle immagini di Calvino. Non abbiamo scelto le location per rappresentare le città; sono state le location stesse a suggerirmi dove girare,” ha raccontato Ferrario.