On the President’s Orders (2019) aveva scosso il pubblico, rivelando la brutale guerra alla droga nelle Filippine sotto Rodrigo Duterte. Questa volta con Antidote, primo film in programma nella sezione Proiezioni Speciali alla 19esima edizione della Festa del Cinema di Roma, James Jones ci porta in un territorio ancora più pericoloso: quello delle ombre della Russia contemporanea, dove l’opposizione politica e il dissenso vengono eliminati con precisione e silenzio.
Jones non è nuovo a queste storie. Il regista britannico, infatti, ha dichiarato di avere da sempre una passione per la Russia, e di aver desiderato esplorare Putin non solo come figura politica, ma come personaggio oscuro e letale. In un paese che ha perfezionato l’arte del segreto e della disinformazione dai tempi sovietici, fare luce sui pericoli che informatori e giornalisti affrontano quando osano confrontarsi con l’autorità perpetua e la macchina repressiva del leader russo, sembrava un’impresa ardua.
L’arrivo di Bellingcat ha stravolto completamente lo scenario. Grazie alle investigazioni open-source, è stato possibile tracciare movimenti e identificare agenti russi, collegando i puntini con prove tangibili, in un processo che Jones descrive come quasi “magico”.
La tecnologia diventa un’alleata fondamentale, ma Jones adotta il deep fake per proteggere i volti e le identità dei testimoni, una misura drastica ma indispensabile. Tra questi, c’è Christo Grozev, giornalista bulgaro e figura centrale nelle indagini di Bellingcat sugli omicidi biochimici. Jones lo segue da vicino nel film, catturando ogni momento di tensione, ben consapevole che la verità che stanno rivelando potrebbe mettere a rischio la vita di chi la espone.
L’essenza del documentario è proprio questa: il prezzo della verità. Antidote non si limita a rivelare le tragiche conseguenze subite dalle persone prese di mira dal regime ma anche il dolore e l’incertezza che tormentano le famiglie delle vittime, costrette a vivere nell’assenza di risposte. Non sono gli omicidi a infliggere l’unica sofferenza, ma anche il vuoto che lasciano, un’angoscia che si protrae nel tempo per chi resta.
Non a caso Jones sceglie di alternare le riprese dal vivo con l’animazione. Più che un espediente estetico, si tratta di una decisione mirata ad evitare che lo spettatore venga disorientato da ricostruzioni drammatiche. Le sequenze animate creano un netto distacco tra i ricordi e il presente, rafforzando la distinzione tra realtà e finzione in un contesto in cui i due piani tendono spesso a sovrapporsi.
Questo progetto per James Jones rappresenta una naturale continuazione della sua esperienza con Chernobyl: The Lost Tapes (2022). In entrambe le opere emerge chiaramente il contrasto tra le falsità diffuse dalla propaganda e la dura realtà dei fatti. Anche nella Russia di Putin si ripete lo stesso schema: una dittatura che sacrifica il proprio popolo, sostenuto da un apparato di menzogne destinato, prima o poi, a crollare sotto il suo stesso peso.
Antidote è anche un omaggio al giornalismo investigativo, una celebrazione di chi, come Grozev e Bellingcat, non si ferma davanti alle minacce. “Era il film che volevo fare da anni,” ha dichiarato Jones, “ma solo ora avevamo gli strumenti per realizzarlo”. Il progetto ha preso forma rapidamente come una cronaca contemporanea, spinto dai rapidi cambiamenti dello scenario globale. La guerra in Ucraina, le crescenti minacce ai giornalisti e le tensioni geopolitiche hanno reso questa storia urgente, un racconto che non poteva essere rimandato.